Naruto, Rufy e Deku – Perseverare è eroico

Edoardo Wasescha

Ottobre 10, 2022

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Spesso si fa fatica a determinare il momento esatto, narrativo e psicologico, in cui un eroe diventa tale, o meglio, viene riconosciuto come tale. Naruto, Rufy e Deku, protagonisti rispettivamente di Naruto, One Piece e My Hero Academia, tracciano il cammino di storie diverse, nondimeno tenute insieme da ostacoli che imperversano in ogni anfratto, lungo tratti scoscesi: tante discese in cui perdere se stessi quante salite da cui veder precipitare gli altri. Indubbiamente, la via per il bene è tortuosa e colma di insidie.

La solitudine è il punto di partenza dal quale si ramificano obiettivi in grado di colmare il vuoto lasciato talvolta dagli affetti, altre volte dall’impotenza, e altre ancora dalla sfiducia del mondo. Perché ci si sente soli quando non si ha mai avuto niente, ma ancor di più quando si perde tutto. E ci si sente soli anche in compagnia, o quando l’amore non basta a trovare il proprio posto nel mondo.

Invero, quello di divenire Hokage, Re dei pirati oppure l’Eroe numero uno è sì un sogno che veicola – e parimenti viene veicolato da – fini, azioni, valori, ma è anche la massima rappresentazione di ciò che significa essere accettati dal e nel mondo. Le tracce di solitudine divengono meno pesanti lungo l’impervio cammino, tanti sono i traguardi raggiunti e le relazioni coltivate. Tuttavia, non si deve pensare che in una notte particolarmente piovosa, trascorsa con se stessi, orme ingombranti non possano riaffiorare sul terreno bagnato della propria coscienza.

Naruto, Rufy e Deku tracciano il cammino di storie diverse, nondimeno tenute insieme dagli stessi ostacoli che imperversano in ogni anfratto.
Naruto in lacrime dopo la morte di Jiraiya

Nel percorso di crescita individuale, la perdita, il dolore, il senso di impotenza, sono passaggi fondamentali, la cui corretta elaborazione fornisce strumenti psico-emotivi inestimabili. Non sarebbero sufficienti, infatti, i soli mezzi fisici ad affrontare innumerevoli battaglie, se questi non fossero ben coadiuvati dai mezzi della sfera psichica, tradotti in forza di volontà, determinazione, perseveranza.

Più volte Naruto, Rufy e Deku sono stati sul punto di sprofondare nell’abisso, tanto sarebbe stato facile lasciarsi abbracciare dall’oblio. Oscurità e sofferenza a dettare le condizioni di un’apatia perpetua.

Il vento del respiro si arresta, le lacrime ormai pesantissime piovono dagli occhi e si infrangono a terra, i pensieri assordanti riempiono la quiete di emozioni sul punto tempestare. Certe vicissitudine sono state segnate da un meteo sfavorevole, avverso, indifferente ai tentativi di dominarlo, o almeno di contrastarlo.

L’abbandono di Sasuke e la morte di Jiraiya, la divisione della ciurma all’arcipelago Sabaody e il sacrificio incandescente di Ace, l’assenza di poteri in una società di eroi e, peggio ancora, l’acquisizione di un potere in grado di distruggere il possessore, se non adeguatamente controllato. Sono solo alcuni degli avvenimenti che hanno inferto un duro colpo alla volontà dei protagonisti, ben assestato a tal punto da ridurla parzialmente o totalmente in frantumi.

In Giappone un’usanza dai molti significati è quella del Kintsugi, divenuta poi una vera e propria forma d’arte. Si tratta di riparare tazze, vasi e altri oggetti di ceramica andati in pezzi, fissandoli con della resina cosparsa di polvere d’oro. Bellezza e fragilità si intersecano dolcemente, donando nuovo valore artistico e morale all’oggetto riparato.

Ciotola riparata con l’arte del Kintsugi

Allo stesso modo, anche una volontà spezzata dalle ingiustizie del caso e dalle responsabilità altrui può ricompattarsi e acquisire nuovo valore, non tanto come forma quanto come sostanza. Gli affetti, la solidarietà, gli insegnamenti del proprio mentore, cicatrizzano le ferite della volontà – per quelle del cuore serve più tempo – con ardente fuoco vitale.

In tal senso la bellezza, come aspetto qualitativo, si manifesta necessariamente attraverso parametri quantitativi, come resistenza, perseveranza, risolutezza. Non che d’ora in avanti la volontà non possa incrinarsi nuovamente, ma accettarne la fragilità intrinseca marca la discriminante fra azione e reazione da una parte, passività e inerzia dall’altra.

Naruto, Rufy e Deku sanno bene che una volontà forte – la volontà di un eroe – non è quella che non si spezza, ma piuttosto quella che si compatta nuovamente, ogni volta che si crepa o cade a pezzi.

I nuovi oggetti di ceramica, così come ogni volontà ricostituita, rappresentano qualcosa di splendidamente unico, laddove ogni imperfezione è un intreccio irripetibile di intersezioni dorate fra tratti materiali e risposte emotive. Niente è mai semplicemente una parte, perché l’universale concilia e accoglie il particolare, seppur persista sempre, fra i due, un rapporto dialettico irriducibile.

Naruto, Rufy e Deku tracciano il cammino di storie diverse, nondimeno tenute insieme dagli stessi ostacoli che imperversano in ogni anfratto.
Rufy sotto shock dopo la morte di Ace

È la prospettiva a rendere un coccio, così come l’elaborazione di un trauma, elemento identitario. La resistente fragilità del tutto è infatti affidata al modo in cui le parti sono in grado di rimodellarsi in seguito a ciò che accade. L’incastro che ne segue è identità di corpo e mente, coincidenza di sostanza e spirito, sinolo di materia e forma.

Così Naruto ricompone i pezzi della propria volontà prima di affrontare Pain, al punto che neanche la notizia della morte di Kakashi, per quanto tragica e certamente sentita, lo distoglie dall’obiettivo primario. Lo stesso fa Rufy che, anche dopo essere stato brutalmente sconfitto dalla CP9 a Water Seven, dichiara guerra al Governo Mondiale, pur di recuperare la preziosa compagna Nico Robin. Parimenti fa anche Deku, perché non può permettere che i sacrifici di Lemillion e Sir Nighteye siano stati vani, ragion per la quale ingaggia una lotta all’ultimo sangue con Overhaul pur di proteggere Eri.

Spesso vengono scaraventati a terra, fisicamente e psicologicamente calpestati, talvolta derisi per la grandezza dei loro sogni. Eppure, ben lungi dall’arrendersi, si rialzano, seppur senza forze, combattono: lo fanno per l’aspirazione che pervade ogni centimetro del loro corpo, lo fanno per i loro compagni, financo per se stessi, per dimostrarsi eroi ancor prima di divenirlo. Combattono e vengono sconfitti, ancora e ancora, ma ogni sconfitta è solo un parziale limite fra loro e la vittoria, e i limiti sono fatti per essere oltrepassati.

Ecco che allora, Naruto, Rufy e Deku, dopo non aver accettato di cedere neanche un briciolo della loro più intima speranza, dopo aver fatto ricredere persino i più scettici, dopo aver resistito a ogni terribile colpo inferto dalla vita e dai nemici, possono finalmente diventare gli eroi che si erano immaginati di essere.

Deku con il braccio destro e le gambe rotte dopo l’uso del One For All

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