Amicizia e amore – La resistenza culturale in Miyazaki

Gianluca Colella

Ottobre 25, 2022

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Non c’è un tema assolutamente dominante nell’annuario di questo anno, ma quel che viene fuori con forza, tuttavia, è la resistenza antropologica dell’umano, in tutte le sue forme.
Con Hayao Miyazaki le produzioni cinematografiche animate trovano linfa vitale in una resistenza culturale così profondamente umana.

Nelle sue fiabe animate, il regista giapponese riesce a trasmettere i valori umani più significativi e affascinanti per mezzo di narrazioni tanto leggere quanto coinvolgenti.

Nel corso degli anni, lo Studio Ghibli è riusito acomunicare al mondo storie tipiche della tradizione orientale, segreti tanto mistici da sembrare significativi come miti greci.

Una delle caratteristiche più commoventi dei film di Miyazaki è la loro tipica ingenuità, così infantile da lasciar intendere che i produttori siano dei bambini. Commuovere sembra essere proprio la loro intenzione principale: la catarsi è un momento inevitabile presente in ognuna di queste opere, distribuite in oltre cinquanta anni di cinematografia.

La Città Incantata – Chihiro e il Senza Volto

Questo approfondimento, che prende vita proprio dalle profondità inevitabilmente emotive dei film di Hayao Miyazaki, si sofferma in particolare su due temi che animano il processo di resistenza cultura avviato dal genio asiatico in due film specifici: La Città Incantata e Porco Rosso.

Ogni volta che qualcosa di rilevante dal punto di vista culturale viene pubblicato, individui e comunità si arricchiscono. La modernità funziona sulla base di questa verità, nota sin dall’epoca di Cartesio: secolo dopo secolo, la civiltà umana si è trasformata, diventando più complessa proprio grazie alle sue acquisizioni culturali, che hanno consentito a processi di identificazione, investimento oggettuale e proiezione di prosperare.

Nel momento in cui la vita sociale ha trovato il suo equilibrio tra impulso e ragione nell’integrazione tra sentimento e intelletto, sono stati generati mezzi nuovi per promuovere forme diverse di soddisfacimento culturale.

Far coincidere questo momento con l’evoluzione della vita umana nel XX secolo non è impossibile, anzi è probabilmente in questo periodo storico che determinati eventi si sono verificati proprio perché il livello raggiunto dall’uomo rispetto alle regole di convivenza sociale era elevato.

Non a caso è in questa fase, dunque, che diversi fattori abbiano dato origine a eventi catastrofici e ad altri più simbolicamente gradevoli: le guerre mondiali, i traumi dei totalitarismi, la diffusione dell’arte popolare e dei nuovi strumenti per esprimerla.

Tra questi strumenti, il cinema è sicuramente uno dei più importanti, perché riesce a promuovere la conoscenza che l’uomo ha di se stesso sul piano individuale e collettivo quasi senza sembrare uno strumento culturale, ma confondendosi con una superflua rappresentazione volta a intrattenere.

In Miyazaki, riprendendo il discorso del contributo, i due scopi si confondono magicamente, dando vita a un incanto trasversale a spazio, tempo e culture. Spazio, perché i suoi film sono apprezzati ovunque. Tempo, perché non c’è età che non li ami. Culture, perché il regista asiatico riesce a parlare a popoli diversi in modi diversi degli stessi valori, come solo un genio sa fare.

L’amicizia tra Miyazaki e Aristotele nella Città Incantata

La Città Incantata

Aristotele dedica all’amicizia due libri dell’Etica Nicomachea, approfondendone la trattazione come pochi altri nella storia del pensiero occidentale.

La Philìa è una delle virtù etiche, una stabile disposizione interiore che permette di agire in conformità del giusto mezzo. Essa può presentarsi in tre forme, disposte gerarchicamente in relazione ai tre principi per cui un’azione è considerata bella e lodevole: l’utilità, il piacere e la virtù.

Le prime due stanno a un livello inferiore perché non dipendono dalla persona in sé ma dal vantaggio che può derivarne, ragione per cui le persone anziane tendono alle amicizie per utilità mentre i giovani sono più inclini a quelle legate ai piaceri dell’eros. L’ultima ha il pregio di guidarci verso la soddisfazione del bene altrui e del proprio, garantendo equilibrio tra gli individui coinvolti, senza precludere alla possibilità di godere anche dell’utilità e del piacere reciproci.

Se si possiede la specifica virtù etica dell’amicizia si è in grado di perseguirla nella sua forma più elevata solo in luogo di precise vicissitudini. In primis, si deve concedere del tempo al rapporto affinché si instauri un certa intimità; in aggiunta, le persone coinvolte devono essere ‘uguali’. Approfondendo la prima di queste due condizioni, emergono una serie di aspetti imprescindibili come la condivisione, l’empatia e la comprensione reciproca, che appaiono ancor più rilevanti alla luce di un film come La Città Incantata, in cui gli atteggiamenti del Senza Volto illustrano i tratti tipici della solitudine.

L’avvicinamento con Chihiro lo aiuterà a liquidare la sua ira, il suo imbarazzo e lo aiuterà ad esprimersi, superando l’alessitimia tipica che gli impedisce di relazionarsi con l’altro. Ogni gesto comunicativo del Senza Volto (esplicito o implicito) è caratterizzato da un movimento faticoso, teso a comprendere l’altro attraverso un linguaggio nuovo.

A fare da pilastro per la resistenza che questo film propone, tuttavia, c’è una delle scene finali, quella in cui Haku e Chihiro si promettono di rivedersi, trascendendo i limiti dello spazio e del tempo, proprio perché questa virtù è così forte da fare cultura e superare ogni ostacolo.

Porco Rosso tra amore e fascismo

Porco Rosso

Porco Rosso (紅の豚 Kurenai no buta, lett. “Il maiale cremisi”è il quarto film prodotto dallo Studio Ghibli sotto la direzione di Miyazaki. Per la prima volta l’Italia fa da sfondo, paese che, come rivelerà lo stesso Miyazaki, ammira moltissimo per alcuni dei suoi paesaggi pittoreschi e paradisiaci. Il film uscì nelle sale giapponesi il 1992, mentre in Italia bisognerà aspettare addirittura il 2010.

La storia si apre con Marco Pagot, detto ”Porco Rosso” per il suo aspetto, causato da un maleficio che lo ha trasformato dopo essere sopravvissuto miracolosamente alla Prima Guerra Mondiale. Il film si sviluppa proprio da Marco che salva delle piccole bambine dai pirati di una banda, ma all’improvviso il suo aereo ha un’avaria al motore ed è costretto a fermarsi. La sera, prima di partire per Milano, dove farà fare al suo idrovolante una revisione, si reca in un albergo situato su un’isoletta dell’adriatico, di cui è proprietaria la sua amica d’infanzia, Gina, che ama.

Introducendo personaggi buoni, cattivi e sfumati, terra e mare fanno da sfondo confondendosi dinamicamente a due traits determinanti. Il fascismo s’intreccia con il tema dell’amore: l’amore di Gina verso Marco, impaurita al pensiero di poterlo perdere e arrabbiata quando Marco le risponde che ”un maiale che non vola è solo un maiale”, ma anche l’amore di Marco per il volo e il suo ruolo nel cielo, quale paladino della giustizia. La bellezza dell’Italia riesce ancora a creare il brivido dell’amore, è teatro di romantici incontri, prima che gli orrori della Seconda Guerra Mondiale ne cancellassero la possibilità. Marco è l’eccezione alla regola dei film di Miyazaki, che questa volta opta per un uomo come protagonista della storia, facendolo diventare eroe puro, che rimane attaccato ai suoi valori, diventando scomodo anche per il regime fascista.

In questo caso, il concetto di resistenza è trasversale ai due temi e alla narrazione stessa proposta da Miyazaki. Si tratta di un cuore di valori che anima il film stesso e che lo sviluppo del film contribuisce ad alimentare, promuovendo uno scambio reciproco spaventosamente umano e autentico.

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