Apocalypse Now – Che cos’è l’orrore?
La leggenda racconta che Francis Ford Coppola dopo mille vicissitudini di carattere economico, e non solo, riuscì ad assoldare l’immenso Marlon Brando per la parte di Kurtz in Apocalypse Now.
Il film sarebbe poi stata una trasposizione ai tempi del Vietnam del romanzo Heart of Darkness di Joseph Conrad.
La leggenda racconta che il regista, non appena l’attore giunse sul set, andò insieme a lui in mezzo a mare, su di una barca isolata, per leggersi insieme l’intero libro, al fine di poter convenire al meglio sulla caratterizzazione e interpretazione di Kurtz.
Marlon Brando comprese a pieno l’essenza del colonnello disertore, a tal punto da regalare alla storia del cinema uno dei più intensi monologhi di sempre, su di un tema quanto mai complesso: l’Orrore.
Che cos’è l’Orrore?
Ho scelto di provare ad analizzare questo specifico momento del film, che è a mio avviso uno dei massimi capolavori del cinema di tutti i tempi, poiché si rivela essere la più profonda chiave di lettura del fallimento umano rispetto alla sua stessa creazione sociale: la morale.
Ora mi spiego meglio.
Ho deciso di dividere l’analisi in due momenti, questo è il primo estratto del monologo:
«Ho visto degli orrori, orrori che ha visto anche lei. Ma non avete il diritto di chiamarmi assassino. Avete il diritto di uccidermi, questo sì, ma non avete il diritto di giudicarmi. Non esistono parole per descrivere lo stretto necessario a coloro che non sanno cosa significhi l’orrore. L’orrore ha un volto e bisogna essere amici dell’orrore. L’orrore ed il terrore morale ci sono amici. In caso contrario allora diventano nemici da temere. Sono i veri nemici».
Kurtz racconta al protagonista la sua più grande epifania, quella che ha determinato le sue future scelte, quella che lo porterà a essere giustiziato nel finale. Lui è cosciente del suo destino, ma condanna il giudizio su di esso, perché?
Kurtz pone la sua riflessione sul potente disvelamento della più nascosta delle verità, quasi impossibile da accettare: l’uomo si è condannato all’ipocrisia nascondendo la cruda violenza nel limbo della morale. La guerra, però, disintegra quell’armatura sociale dell’uomo.
Veniamo educati a un essenziale buonismo, alla complicità, alla coesione, oscurando la nostra più istintiva libertà con il giudizio morale, l’essere assoggettati ai canoni postici come vincolanti dalla società. Per dirla in parole povere dobbiamo agire in un certo modo.
Eppure, a un certo punto, nella brutale primordiale violenza della guerra, Dio è morto. Ecco, c’è un forte profilo nietzschiano in tale momento epifanico che il monologo mette alla luce, definito e non assoluto, della guerra: «Non esistono parole per descrivere lo stretto necessario a coloro che non sanno cosa significhi l’orrore».
L’Orrore è quindi l’impossibilità di accettazione e giustificazione della pura violenza, Kurtz ci racconta di aver pianto, ma di essere stato ammaliato. L’uomo che fa lo stretto necessario, l’uomo, non la macchina, con una famiglia, con un’emotività, totalmente svincolato dalla sua fragile umanità, uccide senza pietà. L’uomo non è più uomo, l’uomo è consapevole di non dovere essere uomo, perché non ammetterlo è la profonda ipocrisia, prenderne coscienza ci rende sinceramente liberi.
Kurtz: «L’orrore e il terrore morale ci sono amici. In caso contrario allora diventano nemici da temere. Sono i veri nemici».
Ecco la parte finale del monologo:
Kurtz: «Ad un certo punto ho capito..[..] Dio che genio c’era in quell’atto, che genio! La volontà di compiere quel gesto, perfetto, genuino, completo, cristallino, puro..allora ho realizzato che loro erano più forti di noi».

Kurtz: «La forza… di farlo! Se avessi avuto dieci divisioni di uomini così, i nostri problemi sarebbero finiti da tempo. C’è bisogno di uomini con un senso morale… e allo stesso tempo capaci di… utilizzare il loro… primordiale istinto di uccidere. Senza sentimenti, senza passione… senza giudizio… senza giudizio! Perchè è il giudizio che ci indebolisce… »
Quindi l’uomo del mondo della pace non può condividere nulla con l’uomo del mondo della guerra.
Il soldato con un certo senso morale è colui che comprende la necessità di obbedire a un ordine, rimuovendo la sua emotività più umana, costringendosi a una certa armatura di cinismo, ma allo stesso tempo riaprendo la valvola della sua animalità.
Ecco il più complesso dei paradossi: la morale ci ha reso uomini e non animali, poiché abbiamo represso quel primordiale istinto di uccidere, costruendo una società complessa con una normatività vincolante, eppure proprio nella guerra tra società complesse dobbiamo distruggere la morale da noi stessa posta come fondamenta e ritornare alla brutale essenza animalesca della lotta per sopravvivere.
Kurtz ci mostra che l’Orrore non si limita alla crudeltà dell’uccidere, ma alla menzogna che l’uomo ha decorato attorno a sé per sopraelevarsi al mondo: quella del giudizio. Il giudizio è ciò che rende l’uomo ipocrita, vigliacco, moralista e giudice della sua stessa brutalità, condannabile più di tutto per il raziocino consapevole a essa associato.





