Il 2018 è stato un anno di temi forti, di grandi personaggi, di splendide opere italiane e internazionali. Abbiamo partecipato alle vite di protagonisti di ogni tipo, da Freddie Mercury a Silvio Berlusconi, da Winston Churchill a Neil Armstrong. Abbiamo tentato, attraverso i nostri occhi romanticamente incantati da quest’arte, di cogliere gli intrecci più sottili di ogni pellicola, di carpire le passioni di tantissimi personaggi e degli attori che li hanno incarnati, di farci spazio nella mente di autori come i Coen e Garrone, i messicani del Toro e Cuarón, o i due Anderson più geniali del cinema, Wes e Paul Thomas.
Ancora inebriati da un’esperienza tanto complessa quanto gratificante come raccontare un anno cinematografico così ricco di temi, tutti noi della Redazione ci siamo riuniti per stilare la nostra top 10. Ognuno di noi ha scelto i propri tre film preferiti usciti in Italia nel 2018, al primo sono stati assegnati 6 punti, al secondo 3 e al terzo 1. Il risultato, come ci si poteva aspettare, è stato particolarmente sorprendente, basti pensare all’assenza di film come Chiamami Col Tuo Nome, Il Sacrificio Del Cervo Sacro e First Man dalla lista.
Sappiamo quanto limitanti possano essere le classifiche, ma sanno stimolare riflessioni e confronti divertenti sia in chi le stila che in chi le legge; e dopo questo magico 2018, che ci ha portato il regalo meraviglioso del nostro primo annuario cartaceo, abbiamo voluto regalarvi questo piccolo divertimento, accompagnato da un augurio di un 2019 ancor più sospeso tra sogno e realtà.
10 – Bohemian Rhapsody (Bryan Singer e Dexter Fletcher) – 6 punti

Era uno dei film più attesi degli ultimi anni. Dopo l’insorgere di vari problemi sia in pre-produzione che durante le riprese (ad esempio l’avvicendamento tra i due registi dopo il licenziamento di Singer), il film sui Queen e il loro leader è uscito e non ha tradito le aspettative, soprattutto al box office. La pellicola che racconta (con qualche inesattezza) l’ascesa di Mercury e soci si distingue per l’originalità della sua narrazione, un biopic molto romanzato, talvolta fiabesco e in generale molto più tendente alla commedia che al dramma. Proprio questo taglio così particolare non ha conquistato la critica, che ha riscontrato poca serietà e continuità nell’affrontare le tematiche più delicate della vita del frontman migliore di sempre. Ma la vera intenzione di Singer e Fletcher sembra quella di ricreare l’impronta che i Queen hanno conferito alla musica degli anni ’70 e ’80, con i loro brani sempre avanti rispetto alle epoche e il loro modo eccentrico e prepotente di imporsi nel panorama internazionale. La reazione del pubblico e i quasi 700 milioni di incasso nel mondo danno ampiamente ragione ai registi, abilissimi nel girare un biopic brillante e divertente.
Numero uno negli incassi in Italia, ma solo decimo nella nostra classifica, Bohemian Rhapsody è un apri pista più che valido, un buonissimo concentrato di intrattenimento condito dai meravigliosi brani di una delle band più importanti della storia.
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9 – Loro (Paolo Sorrentino) – 7 punti

Uno dei nostri registi di punta torna nelle sale con una formula nuova: un unico film diviso in due capitoli usciti nelle sale a stretto giro di posta. L’operazione (inutile dirlo, spiccatamente commerciale) finisce per danneggiare un po’ lo stile di Sorrentino, che deve sacrificare l’intensità che lo contraddistingue a favore di una suddivisione non proprio funzionale all’opera. Infatti, la prima ora di Loro 1, che racconta l’ascesa di Sergio Morra/Gianpaolo Tarantini negli ambienti che contano, è eccessivamente lunga e didascalica, ed è presentata con uno stile da gangster movie che palesemente non è nelle corde del regista. Sul finale del primo episodio, però, irrompe la figura carismatica di Berlusconi, interpretato da un grandissimo Toni Servillo. Quella è la svolta del film, che nel secondo episodio trova il suo compimento definitivo, permettendoci di insinuarci nella vita dell’ex premier tra vizi e corruzione, senza tralasciarne l’animo fanciullesco.
Durante tutto il film, Silvio Berlusconi è ritratto come un protagonista buono: sbaglia spesso, è fuori luogo, è l’immagine del dramma del potere italiano, ma non si può odiarlo. Questa ambiziosa impresa di Sorrentino, quella di ritrarre in modo così originale un uomo che ha danneggiato enormemente il nostro Paese, è assolutamente riuscita.
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8 – L’Isola dei Cani (Wes Anderson) – 9 punti

Wes Anderson è uno dei migliori cantastorie della nostra epoca. Ogni suo film è una piccola perla vissuta da personaggi caricaturali coinvolti in avventure assurde. Gli universi andersoniani, inoltre, sono sempre esteticamente impeccabili, grazie a colori, simmetrie e movimenti di macchina che rendono l’opera un’esperienza unica. Questa nuova favola animata del regista di Houston, completamente girata in stop motion, ci parla di un’epidemia che colpisce tutti i cani del Giappone, costretti alla quarantena su un’isola di rifiuti. Il protagonista Atari, mosso dall’amore per il suo fedele amico Spots, riesce a raggiungere l’isola, diventando lentamente il paladino della rivoluzione degli esclusi. Ciò che colpisce dell’opera è che i cani vengono mostrati sporchi, deboli e malaticci, smarcandosi dal classico stereotipo che vede gli animali dei film d’animazione sempre impeccabilmente belli.
Una stupenda e divertente storia di integrazione e di amore tra gli uomini e i propri migliori amici (come suggerisce il titolo Isle of Dogs, perfettamente assonante con I love dogs), che merita ampiamente di stare nella nostra lista. Inoltre, questo è l’unico film di questo genere presente nella top 10, aggiudicandosi così la medaglia di miglior film d’animazione dell’anno secondo La Settima Arte.
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7 – Un Affare di Famiglia (Hirokazu Kore’eda) – 10 punti

Delicato, essenziale, umano. Il vincitore dell’ultimo Festival di Cannes è un film sulla famiglia e non solo, è un’opera semplice negli eventi ed emotivamente complessa, che ci mette davanti tutta la difficoltà delle scelte umane, che delle volte sono corrette perché obbligatorie anche se moralmente discutibili. Un affare di Famiglia ci fa vagare in un universo ovattato e calmo anche quando si parla di illegalità, di violenza (non per forza quella fisica) e di scelte che prima o poi portano a conseguenze che non possono essere evitate. Quello di Kore’eda è il cinema che vorremmo sempre vedere, coinvolgente e umanamente puro, con personaggi talmente veri da essere parte di noi.
Il film ha anche il merito di farci riflettere sul concetto di famiglia, ampliarlo e riscriverlo in modo da anteporre l’affetto al sangue. Una pellicola splendida, che forse avrebbe meritato qualche gradino in più nella nostra classifica, osannata all’unanimità da critica e pubblico e trionfatrice in uno dei festival cinematografici più importanti. Un’opera assolutamente da vedere, vivere e portare dentro per tanto tempo.
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6 – Sulla Mia Pelle (Alessio Cremonini) – 12 punti

In Italia c’era l’impellente necessità di un film così. L’episodio che ha portato alla morte di Stefano Cucchi per mano di alcuni carabinieri è noto a tutti ed era indispensabile raccontarlo in tutta la sua crudezza e veridicità. Nella nostra nazione, ahinoi, i casi di abusi in divisa sono tanti e spesso c’è tanta omertà a proposito; e allora ecco che il film di Cremonini irrompe con tutta la sua potenza visiva ed espressiva, mettendo in scena le sofferenze di un ragazzo emarginato al quale è stata tolta la vita solo perché delinquente, malmenato da uomini che dovrebbero proteggere i cittadini, non minacciarli. Dalla centrale dei carabinieri all’ospedale penitenziario tutti tacciono, non c’è nessuna voce che difende Stefano, a sua volta talmente spaventato da non raccontare il pestaggio che lentamente lo ha portato via.
Il film di Cremonini parla di paura, è una denuncia nuda e cruda contro una piaga da estinguere al più presto in Italia, una testimonianza talmente toccante da aver ricevuto una standing ovation dopo l’anteprima a Venezia. Dopo il film forse qualcosa sta cambiando intorno al caso Cucchi, qualcuno inizia a parlare, i sensi di colpa bussano sempre più forte. Questo è il ruolo sociale che il cinema può ricoprire: può stimolare la riflessione, la rabbia e l’empatia, e può addirittura smuovere le istituzioni.
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5 – La forma dell’Acqua (Guillermo del Toro) – 15 punti

Il primo film della storia a vincere a Venezia (nell’edizione del 2017) e alla notte degli Oscar apre la parte più alta della nostra classifica. Guillermo del Toro mette in scena una delle sue storie fantastiche calandola nel contesto della guerra fredda. La vicenda narra di una ragazza affetta da mutismo (straordinaria Sally Hawkins) che si innamora di una misteriosa creatura acquatica catturata dal governo americano. I due si dovranno difendere dal colonnello Strickland (un grande Michael Shannon, che incarna il binomio stato-intolleranza). Shape of Water è quindi una magica storia d’amore, tolleranza e libertà sessuale, girata in maniera divina da Guillermo del Toro che sembra far galleggiare la camera durante la maggior parte del film. I temi della xenofobia e dell’omofobia sono i più cari al cinema americano degli ultimi anni e La Forma Dell’Acqua li affronta in modo originale, attraverso una favola accessibile a tutti. Un film che ha fatto incetta di premi, soprattutto quelli per la regia, che però per La Settima Arte, a differenza dell’Academy, non è il miglior film dell’anno.
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4 – Dogman (Matteo Garrone) – 22 punti

La nostra medaglia per il miglior film italiano del 2018 va a Dogman. La storia di vendetta, solitudine e delinquenza di Marcello (interpretazione eccellente di Marcello Fonte, premiato per la miglior interpretazione maschile a Cannes) era anche la pellicola in lizza per l’Italia per l’Oscar al miglior film straniero, non ottenendo, purtroppo, la nomination. La trama si ispira, con varie licenze, al delitto del Canaro, avvenuto a Roma negli anni ’80. Infatti è nella periferia della Capitale che si sviluppa il rapporto tra Marcello, un modesto possessore di un locale di toelettatura per cani, e Simone, un piccolo delinquente e bullo del luogo, conosciuto per via dello spaccio grazie al quale il protagonista racimola qualche soldo extra. La voglia di arricchirsi, ovviamente nell’illegalità, porterà al logoramento del sodalizio tra i due. La storia viene raccontata in modo crudo e netto, restituendo un immagine di Italia diversa dal solito, talvolta ai limiti della desolazione, nella quale il più forte schiaccerà inevitabilmente il più debole. Quello di Garrone è uno dei film italiani migliori degli ultimi anni e si è meritatamente ritagliato uno spazio importante nella nostra lista.
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3 – Roma (Alfonso Cuarón) – 36 punti

Da una Roma cruda e desolante a un’altra ostica e affollata. La nostra medaglia di bronzo va a un film semplicemente magnifico. La pellicola, vincitrice del Leone d’oro a Venezia qualche mese fa, racconta la vita quotidiana e le sfortunate vicissitudini di Cleo, la domestica di una famiglia che vive nel quartiere Roma, a Città del Messico. La donna, oltre al faticoso lavoro per due coniugi non felici della propria relazione e i loro quattro figli (uno dei quali va idealmente accostato proprio al regista), deve affrontare una gravidanza imprevista, il rifiuto del figlio da parte del padre e un parto travagliato nel quale metterà al mondo un bambino senza vita. Cuarón, attraverso un affresco lento e doloroso completamente in bianco e nero, ci racconta i suoi ricordi d’infanzia, girando quello che fu Amarcord per Fellini e Lo Specchio per Tarkovskij.
Ad arricchire un’opera già di per sé emotivamente toccante ci pensa la regia cristallina del messicano, alla sua miglior prova in carriera. Cuarón, tra l’altro, non ha solo curato la regia del film, lo ha scritto, prodotto e ha diretto fotografia e montaggio: un’opera marcatamente personale.
Roma è un film di una bellezza rara, travolgente e toccante, tutto al femminile, che racconta come la connessione tra persone possa contare più della divisione tra classi.
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2 – Il Filo Nascosto (Paul Thomas Anderson) – 40 punti

Paul Thomas Anderson è uno dei migliori registi del 21esimo secolo. I suoi film sono uno stupendo intreccio di fili, di personalità e di eventi. Per l’intera durata di un film, il regista losangelino riesce a sviscerare in maniera profonda tantissimi temi, tra i quali religione, famiglia, amore e ambizione sono i più ricorrenti. Nel suo ultimo strepitoso film, Anderson parla soprattutto degli ultimi due, raccontandoci la storia dello stilista Woodcock e della sua musa e modella Alma, conosciuta per caso in una locanda. Il loro rapporto lentamente si deteriora in un continuo gioco vittima-carnefice, uno scambio che addirittura li porta ad avvelenarsi per potersi prendere cura l’uno dell’altra.
Proprio come uno stilista, Paul Thomas Anderson cuce una pellicola elegante, delicata e raffinata, che si mostra in tutta la sua potenza nei conflitti tra i personaggi, costretti nello spazio limitato dell’atelier di alta moda di Woodcock, una casa che da luogo di lavoro diventa nido d’amore, trasformandosi poi in campo di battaglia fino a divenire teatro di visioni rivelatrici. La storia d’amore tra Woodcock e Alma non è passionale (i baci che i due si scambiano si possono contare sulle dita di una mano), è piuttosto un rapporto basato su un senso di appartenenza talmente viscerale da diventare tossico.
Medaglia d’argento, quindi, per l’ultima magica collaborazione tra Daniel Day-Lewis, uno dei migliori attori di sempre, e Paul Thomas Anderson, un Maestro del cinema contemporaneo.
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1 – Tre Manifesti a Ebbing, Missouri (Martin McDonagh) – 48 punti

Nonostante Il Filo Nascosto sia il film che ha collezionato più primi posti, è Tre Manifesti a Ebbing, Missouri a vincere la nostra medaglia di miglior film del 2018, accaparrandosi una preferenza da parte della stragrande maggioranza della redazione. Questo è dovuto al fatto che la pellicola di McDonagh è uno splendido ritratto americano, un film sui generis capace di catturare l’attenzione di una fetta enorme di pubblico.
Three Billboards Outside Ebbing, Missouri racconta la vicenda di Mildred (una magistrale Frances McDormand, al secondo premio Oscar in carriera), che per far sì che si indaghi sull’omicidio della figlia, espone tre manifesti provocatori verso le forze dell’ordine dell’immaginaria cittadina di Ebbing. Lo sceriffo Willoughby (Woody Harrelson) con l’aiuto dell’agente Dixon (Sam Rockwell, anch’egli premiato con la statuetta) proveranno a dissuadere la protagonista.
Il gesto di Mildred sconvolge la vita ordinaria di Ebbing, turba i suoi abitanti, provoca l’inevitabile chiacchiericcio di questi ultimi e mostra tutta la mentalità conservatrice dei piccoli centri abitati americani, che preferiscono schierarsi a favore del potere. In un solo colpo, McDonagh muove una critica forte all’americano medio (e ricordiamoci che è un regista irlandese), alla polizia e al sistema giudiziario, senza risparmiarsi nel mostrare tutti i limiti di una protagonista tanto accanita da vestire spesso i panni di antieroina. Un film eccezionale che non può passare inosservato, grazie al suo ritmo altissimo, a una satira sferzante e al gran numero di temi affrontati in modo brillante e intelligente. Un’opera completa in tutti i suoi aspetti, che ha sbancato ai Golden Globe e che si porta a casa la medaglia d’oro per il miglior film del 2018 secondo La Settima Arte.




