Agents of Shield: Leo Fitz – L’Umanità del Male

Gianluca Colella

Luglio 14, 2018

Resta Aggiornato

 

Il personaggio su cui questo articolo si sofferma non potrebbe essere più lontano dallo stereotipo del villain, ma nel corso della sua evoluzione presenta in maniera talmente naturale i tipici tratti umani del Male, che quando pensiamo a lui amore e odio si intrecciano inevitabilmente. Stiamo parlando di Leo Fitz (Iain De Caestecker), scienziato protagonista della serie Marvel Agents of S.H.I.E.L.D. trasmessa da ABC a partire dal 2013 come ampliamento del MCU.  Nel contesto fantascientifico in cui la trama si sviluppa, Fitz rappresenta uno degli agenti più amati, anche per la sua complessa relazione con Jemma Simmons (Elizabeth Henstridge).

Fitz-Simmons è la combinazione che aggiunge allo show quel tocco infantile ma geniale, scientifico e impacciato rispetto al resto del team, votato allo spionaggio e all’azione tipici delle produzioni Marvel.

Prima di approfondire Leo Fitz, predisporre il terreno introducendo la serie è doveroso in primo luogo perché il suo peso iniziale all’interno della squadra è quello di un comprimario; in secondo luogo perché egli va incontro ad un’evoluzione umana così profonda e sfumata che rintracciare in lui il confine etico tra Bene e Male diventa impossibile, per certi versi patetico.

L’Uomo non è mai bianco o nero, ma sempre grigio, come grigi sono i tipi del consorzio umano di cui Primo Levi ci ha portato doverosa testimonianza nei suoi scritti. Leo Fitz conferma questo principio e porta il segno di una verità inconfutabile e necessaria.

Origini: mettere a posto le cose

Leo Fitz

“Fitz, I don’t know what you think you’re doing but…”
“I’m doing what we always do. We’re gonna fix this. Together.”

Nel variegato e fantascientifico universo Marvel, situazioni sovrannaturali sono all’ordine del giorno. Il lavoro degli Agenti S.H.I.E.L.D. consiste nel contenere quelle minacce minori che non richiedono l’intervento dei vari Tony Stark, Steve Rogers o Vedova Nera.

Sotto il comando di Nick Fury, la squadra aggregata da Phil Coulson si mobilita sulla stazione aerea dello Zephyr One, volo dal sapore di novità per Leo Fitz e Jemma Simmons: freschi di Accademia, i due fanno le prime esperienze sul campo nel laboratorio dell’aereo, e le loro consulenze scientifiche sono sempre risolutive ai fini delle indagini.

L’amicizia tra Fitz-Simmons è talmente stretta che pensare a qualcosa di più intenso risulta naturale: per il momento, però, i tempi non sono ancora maturi e la loro affinità resta su un piano lavorativo e superficiale.

Grant Ward (agente Hydra infiltrato nello S.H.I.E.L.D.) è la prima grande minaccia che devono affrontare e le conseguenze del suo tradimento rischiano di compromettere per sempre la vita di Leo Fitz; dopo la caduta del Triskelion le operazioni dei protagonisti assumono sempre più la sfumatura di interventi in stile vigilantes, e la fase in cui lo S.H.I.E.L.D. opera nell’ombra coincide con la maturazione della coppia Fitz-Simmons, separata da circostanze superiori.

Leo Fitz

I due scienziati assumono nella trama generale un ruolo sempre più importante perché evolvono le situazioni in cui sono coinvolti: si passa da consulenze specifiche a decisioni morali significative per l’evoluzione del team.

La missione segreta di Simmons costringe il ragazzo a fare i conti con la sua assenza in un periodo in cui lo S.H.I.E.L.D. si confronta con le nuove, ignote minacce che gli Inumani comportano. Afasico e in preda alle allucinazioni, Leo Fitz gradualmente recupera le sue immense capacità e ricomincia a rendersi indispensabile per le missioni più rischiose.

Quello che il personaggio ci suscita nel corso di queste due prime stagioni è un’identificazione colorata da partecipazione empatica e compassione, causata dalle tragiche situazioni vissute al termine della prima season.

Il Fitz di queste prime stagioni è paragonabile ad Ernő Nemecsek, il soldato semplice de I ragazzi della via Pal, fedele fanciullo al servizio di Boka, nobile d’animo e voglioso di contribuire alla società in cui milita. Entrambi sono colpiti da tragedie, la differenza sta nel fatto che Leo Fitz sopravvive a tali vicende e ne esce rafforzato, pronto per missioni più difficili.

Dopo il Monolite: oltre la Morte

Leo Fitz

“I won’t give up. I can’t give up.”

Non bisogna attendere molto per riconoscere la maturazione del soldato semplice Leo Fitz: quando Jemma Simmons viene risucchiata da un Monolite e nuove coordinate spazio-temporali si abbattono sugli agenti dello S.H.I.E.L.D., tocchiamo con mano la determinazione e la risolutezza che animano il giovane scienziato, che per nulla al mondo vuole perdere la sua partner.

Il luogo in cui il Monolite ha teletrasportato Simmons è un ignoto pianeta deserto e ostile, sul quale la biochimica è costretta a sopravvivere per 4722 ore anche grazie all’aiuto di Will Daniels, astronauta inviato nel 2001 da alcune spie dell’Hydra.

L’eloquente nome del pianeta è Maveth (in ebraico Morte), dovuto alla presenza di Hive, una malvagia entità che toglie la vita a chiunque metta piede su quel luogo. Dopo essere riuscito a salvare Jemma gettandosi letteralmente in un buco attraverso l’universo per lei, l’ingegnere si accorge del sentimento che ha sviluppato per Will e decide di impegnarsi a salvarlo in un secondo momento.

Aver superato la Morte una volta non è sufficiente: per dimostrare a Simmons la sua devozione, Leo Fitz cerca di farla felice contribuendo alla missione di salvataggio di Will con Coulson e gli altri agenti. Un atto estremo di amore maturo e concreto, risultato vano a causa della morte dell’astronauta per mano di Hive, che segue gli agenti attraverso il portale e instaura sulla Terra il suo regno del terrore.

L’eterno scontro tra S.H.I.E.L.D. e Hydra e l’introduzione degli Inumani fanno quasi da sfondo alla relazione Fitz-Simmons, che assume caratteri più profondi e finisce per rendere i due personaggi sempre più rilevanti per lo show.

Leo Fitz

La fede di Fitz nella maledizione che governa il loro legame lo porta a definire il complesso amore che li unisce nei termini di una scientifica, inquietante singolarità:

“Right. So, our friendship is linear. It’s simple, comfortable.”
“Effortless, really.”
“As soon as we deviate from that path…”
“… change becomes exponential.”
“It’s point of no return.”

Sicuro di questa inconfutabile legge, Leo Fitz tuttavia non cessa mai di ritrovare la sua strada verso Jemma al di là di ogni ostacolo. Quello che non può immaginare è che proprio da se stesso prenderanno vita quei demoni che contamineranno il loro amore.

Nel corso della terza stagione Fitz conosce Radcliffe, dottore appassionato di robotica estremamente intelligente e spudorato: la collaborazione tra i due darà vita ai Life Model Decoys, androidi dalle sembianze umane da utilizzare nelle successive missioni dello S.H.I.E.L.D.

Il soldato semplice Leo lascia il posto ad un uomo più consapevole dei propri mezzi, passa da seguace a coraggioso trascinatore, imprescindibile per risolvere situazioni sempre più rischiose. La sua evoluzione in tal senso è paragonabile a quella dello Hobbit Bilbo Baggins nel suo viaggio verso la Montagna Solitaria con Thorin, Gandalf e gli altri nani: così come Bilbo è indispensabile in quanto Scassinatore, Fitz risulta rilevante proprio in virtù della sua intelligenza e delle sue fragilità.

What If: L’Altro Fitz

Leo Fitz

“Fitz, that was not your call to make.” “Everybody is trying to do their best to prevent another tragedy like Lincoln. For you and Daisy, that meant throwing in the towel, but we built Aida to protect agents like him.”

L’antefatto di questa nuova, complessa trama di S.H.I.E.L.D. consiste nella costruzione dei LMD, passatempo “giocoso” del duo Fitz-Radcliffe per rendere meno drastica la perdita di agenti nel corso delle missioni.

Il risultato del loro lavoro è Aida, androide estremamente intelligente dotato di caratteri umani e software sofisticato: in segreto rispetto al resto del team, i due conducono i loro esperimenti volti a perfezionare il LMD, finché Simmons e gli altri non la scoprono.

Aida si rivela subito indispensabile perché capace di leggere il Darkhold, libro mistico introdotto parallelamente al Ghost Rider, senza impazzire come gli esseri umani; purtroppo, però gli effetti collaterali di questo libro sono ancora più spietati se a leggerlo è un’intelligenza artificiale.

Radcliffe stava progettando alle spalle di Fitz una realtà parallela chiamata Framework e queste azioni riportano il ragazzo a sentirsi tradito, come da Ward e da suo padre. Gli effetti del Darkhold su Aida portano l’androide a perfezionare questa realtà, in cui tutti gli agenti vengono imprigionati e costretti a vivere vite parallele sotto il dominio di Ophelia, versione umana di Aida all’interno del Framework.

Leo Fitz

“I guess you don’t know me at all.”

È qui che entra in gioco il Dottore: in un mondo in cui i nostri protagonisti lavorano per l’Hydra, questa versione di Fitz non rappresenta altro che lo stesso ingegnere a noi noto, che ha soltanto compiuto scelte diverse nel corso della sua vita, assecondando la negativa influenza del padre e seguendo i suoi interessi scientifici al di là della morale.

L’impatto di questo nuovo Leo Fitz è tremendo: amante di Ophelia, madame Hydra, svolge orribili esperimenti per conto suo e arriva a commettere un omicidio. Sarebbe facile scindere i due mondi a cavallo dei quali lo show ci trasporta, sostenendo che si tratta di due realtà parallele e quindi senza influenza l’una sull’altra: questo, però, non è che un’ipocrita forma di wishful thinking, perché in realtà l’intreccio tra le due realtà esiste e come, lo dimostra il rimorso provato in seguito allo sparo, dunque così come Fitz è il malvagio Dottore, il malvagio Dottore è Fitz.

Simmons, dal canto suo, incarna quello che noi spettatori proviamo di fronte a questa evoluzione: i sentimenti di affetto, identificazione e complicità si uniscono alla perturbante sensazione che il Dottore sia Altro, al di là del familiare Fitz cui eravamo abituati. Un villain senza scrupoli, degno solo di odio e disprezzo.

 

Alla fine della distopica saga “What If“, lo show riporta tutti alla normalità, al di qua di quella sottile, sfumata linea che separava la Realtà dal Framework; ognuno degli agenti, però, riporta il segno che le azioni compiute in quel mondo causano. Tra questi, quello maggiormente tormentato dal proprio alter-ego è inevitabilmente Fitz.

Il machiavellico Principe messo in mostra durante quegli episodi è una parte di Sé con la quale Fitz teme di entrare in contatto per paura di perdere la bussola. L’incertezza si ripercuote nel rapporto con Jemma e i due attraversano una crisi, ma quello che più conta è l’atteggiamento leale e accogliente del resto della squadra, che cerca di riportare Fitz alla sua consueta, amichevole ingenuità.

“I’m struggling with who I am. I did those things, not another man or a decoy. Me.”

L’abilità del perdono è la preziosa facoltà che consente a Simmons e gli altri di ammettere che questo intimo riconoscimento del Male è parte di tutti e non solo del ragazzo.

The Lighthouse: ritorno al presente

Leo Fitz

“Because there are lots of instances in history where where it was necessary to sacrifice the few in order to save the lives of many.” “You need to look inside yourself and figure out what kind of man you want to be. ‘Cause lately, what you’ve been, it needs fixing.”

L’ultima stagione non fa mancare niente alle travagliate avventure dei nostri agenti, che vengono catapultati nel futuro su una Terra semi-distrutta governata da alieni. I pochi umani rimasti sono trattati da schiavi e ripongono le speranze nella profezia di agenti provenienti dal passato per salvarli. Coulson, Daisy, Mack e gli altri sono proprio questi agenti, e nella contorta trama che viene a prodursi Fitz gioca ancora una volta un ruolo fondamentale per salvare la situazione.

La minaccia del Destroyer of Worlds è ancora viva quando tornano tutti nel presente, angosciati dalla necessità di rompere in qualche modo il loop temporale che condurrebbe alla distruzione dell’Umanità. L’ansia di trovare una soluzione si manifesta nelle molteplici frenetiche forme che il panico è capace di generare, e uno di questi scenari vede il doloroso ritorno dell’Hydra-Fitz.

Dopo aver causato disordine nella base con l’apparizione di allucinazioni provenienti dal passato, un portale riporta in vita il malefico Dottore, che attraverso diaboliche strategie cerca di impostare una soluzione cinica e razionale al loop.

In seguito alle azioni del villain si viene a scoprire che a realizzarle non era stato l’alter-ego, ma lo stesso Fitz “reale”, il quale non ha fatto altro che proiettare nello spazio esterno il Sé cattivo prima di agire come meglio riteneva per il bene del team.

Lo shock che segue a queste scoperte ci riporta all’ormai familiare ambivalenza emotiva che di fronte a figure anti-eroiche come questa sperimentiamo, in un letale mix di comprensione e disprezzo che rende così appassionante seguire film e serie tv.

Perché Leo Fitz non è un villain, ma allo stesso tempo è quanto di più vicino possa avvicinarsi a tale definizione solo per il fatto di essere Umano.

Leggi Anche: Avengers: Infinity War; Il peso dei sacrifici

 

 

Correlati
Share This