Gli Academy Awards, per ogni appassionato di cinema interessato all’evento, diventano regolarmente la storia dominante dell’inizio dell’anno. A partire dalle nomination a Gennaio e concludendosi con la cerimonia stessa e le sue conseguenze a fine Febbraio o inizio Marzo, cinefili di tutto il mondo si raccolgono attorno alla premiazione più attesa, spesso vedendola come barometro della qualità dell’anno cinematografico appena passato o come testimonianza del distacco che separa l’opinione della giuria dell’Academy da quella del pubblico generale. Si tratta di un momento eccitante e in costante evoluzione per il panorama dell’industria e della stampa specializzata.
Così iniziano come ogni anno le scommesse sui vincitori, vengono composte analisi delle nomination e del loro significato, viene fomentato l’interesse degli spettatori verso film che altrimenti non riceverebbero lo stesso livello di esposizione e si aspetta di vedere se e come queste reazioni alla corsa agli Oscar finiranno per influenzare la cerimonia finale. Tuttavia, è giusto anche tenere bene a mente una tendenza dietro le quinte che determina i film considerati dalla giuria ben prima dell’annuncio delle nomination: le campagne per la considerazione e le ancor più subdole Whispers Campaigns.
Le campagne per la considerazione sono ormai abbastanza note, dopo molteplici riferimenti in reportage, documentari, altri film e serie TV sui meccanismi dietro il processo di selezione dei film in corsa agli Oscar. Nella maggior parte dei casi le campagne si esplicitano attraverso inserzioni pubblicitarie in riviste specializzate come Variety e l’Hollywood Reporter, affitto di cartelloni pubblicitari strategicamente piazzati per tutta Los Angeles e apparizioni in talk show in TV e Radio.
Nulla di troppo sensazionale, anche per la norma di un film rilasciato al di fuori di una campagna per gli Oscar, tuttavia le istanze citate sono solo la cresta dell’onda, pensate solo per consolidare il film in questione nella mente dei votanti.
Queste campagne sono tuttavia regolamentate rigidamente, cercando di tenere lontana ogni possibilità di corruzione dei membri dell’Academy, in particolare la sezione 10, su Ricevimenti, feste e altri eventi (proiezioni escluse):
I membri non possono essere invitati e non possono partecipare a cene, pranzi o altri simili eventi pensati per promuovere film considerabili per la premiazione. […] Dopo l’annuncio delle nomination e fino alla chiusura delle votazioni, è proibito alle film major di invitare membri per frequentare qualsiasi festa, cena, pranzo o altri simili eventi che promuovono film candidati.
Tuttavia, nonostante l’apparente rigidità del regolamento, le case di distribuzione dietro a queste campagne sono note per farsi ben pochi scrupoli, cercando metodi alternativi per avvicinarsi ai suddetti membri e piazzare la proverbiale pulce nell’orecchio. Cene, eventi, proiezioni ben allestite e doni a tema sono solo alcuni delle frecce nella faretra di certe compagnie.
Un esempio facile da individuare è quello di Miramax a metà tra gli anni ’90 e 2000, gestita allora da Harvey e Bob Weinstein, la quale era nota per spendere circa 5 milioni per campagna per ogni film in corsa. Più del doppio di quanto una normale major era solita spendere in queste campagne.
Film come Shakespeare in Love nel 1998 e Crash nel 2006, i quali vinsero controversamente Miglior Film contro i rispettivi favoriti Salvate il soldato Ryan e Brokeback Mountain, sono simbolici dell’efficacia di un’aggressiva campagna promozionale e allo stesso tempo del costante decadimento della credibilità degli Academy Awards come istituzione.
In aggiunta alle campagne per la promozione di un determinato film, spesso casi di diffamazione verso la competizione passano in sordina, nonostante la loro frequenza. Il regolamento proibisce nuovamente questa pratica, tuttavia sottolineando citazioni dirette ai film in competizione. Le cosiddette Whisper Campaigns hanno quindi una natura ben più subdola, distinta da articoli diffamatori, denunce senza basi o fonti e critiche portate all’orecchio di membri dell’Academy in momenti di confidenza.
Ancora una volta non è difficile trovare casi, anche relativamente recenti. Giusto l’anno scorso, in seguito alle nomination per La Forma dell’Acqua di Guillermo del Toro, iniziò a circolare un’inchiesta sulla possibilità che il film fosse in realtà un plagio di un’opera teatrale del ’69. Del Toro, tuttavia, è un regista che non ha mai avuto scrupoli nel citare direttamente le opere originali che lo ispirano nel suo lavoro. Il messicano citò Il mostro della Laguna nera, La Bella e la Bestia e i musical della Golden Age come ispirazione per il suo romantico monster movie, rifiutando così l’insinuazione di plagio.
Casi come il precedente, o le accuse di aver consultato documenti top secret contro Zero Dark Thirty, sono spesso riconducibili verso queste campagne diffamatorie, seppur restando per lo più sospetti. Un caso confermato, invece, è quello di The Hurt Locker, quando fu trapelata un’email scritta dal produttore, invitando a non votare per “quel film da 500 milioni di dollari”.
Quel film era Avatar di James Cameron, il diretto concorrente alla cerimonia dell’anno. Ironicamente, nonostante il produttore fu colto in flagrante, The Hurt Locker vinse 6 statuette, incluso Miglior Film
Questo articolo, chiaramente, non è pensato per minare il prestigio o il valore degli Academy Awards come evento chiave del panorama del cinema mondiale. L’obiettivo invece è di informare chi ignora le forze che dominano la cerimonia apprezzata da milioni di telespettatori ogni anno. L’impegno che le case di distribuzione riversano in queste campagne promozionali e diffamatorie spesso determina i vincitori e i vinti più della qualità dei film in corsa. Perciò, buona fortuna a tutti i candidati agli Oscar di quest’anno, e ancora di più alle case di distribuzione con un budget promozionale inferiore. Ne avrete bisogno.
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