In una gelida giornata di febbraio, neve e proiettili invadono l’aria. Lo spietato gangster Ghette Colombo si vendica di un torto subito e compie una strage; la strage di San Valentino. I due goffi musicisti Jerry e Joe (rispettivamente Jack Lemmon e Tony Curtis) assistono impietriti al sanguinoso evento. L’esser stati testimoni della strage li condanna ad essere loro stessi le prossime vittime dello spietato gangster. Ed ecco che l’ingegno dell’uomo si mette in movimento, e matura un piano: diventare donna.
La chiave del film è tutta qui: una continua sovrapposizione dell’universo maschile su quello femminile, e viceversa. La metamorfosi, dovuta ai costumi e al trucco, dei due protagonisti in due arzille suonatrici di conservatorio è una trasformazione totale; dal modo di camminare, al modo di esprimersi, c’è una riproduzione fedele ed accurata dell’universo femminile, unica àncora di salvezza per i nostri protagonisti. Eppure non tutto è perfetto. Nessuno lo è. Per quanto ammirevole possa essere la farsa di Jerry e Joe, o di Daphne e Josephine, c’è un grande dettaglio che loro ignorano, come lo ignoriamo in molti noi, spettatori maschili di tutte le epoche: l’universo femminile non è così limitato da poter essere riprodotto con qualche smorfietta schizzinosa.
La prova di questo è proprio lei, Zucchero Kandinsky, la divina Marilyn. Una giovane ragazza, che però si sente già vecchia dentro, che sogna, ma che contemporaneamente ha paura di farlo, perfetta sul palco e maldestra nella vita. Le sfaccettature sono tante, troppe per essere imitate. Non è un caso che tutti si innamorino di Zucchero.
E per tutti intendo tutti, indistintamente dal proprio sesso e dal proprio orientamento sessuale. Jerry, infatti, si innamora di lei, ma non nella sua “forma” maschile, bensì durante il travestimento da Daphne; durante la celebre scena del treno, quando Zucchero si stringe tra le braccia di Jerry/Daphne, il mantra per non cadere in tentazione è, per l’appunto, “Sono una donna!”. E’ quindi anche un amore diverso da quello concepito di solito; un amore che coinvolge senz’altro l’aspetto fisico, ma che riguarda anche sfere emotive come la fratellanza, o in questo caso sarebbe quasi più corretto dire “sorellanza” ed amicizia.
Viceversa, Joe si innamora e corteggia Zucchero con le sembianze da uomo, seppur leggermente diverse dalla sua reale immagine. Ed ecco qui che viene evidenziato un altro limite della percezione maschile sulle donne; Joe è fermamente convinto che l’amore di Zucchero possa essere conquistato solamente attraverso il denaro, il lusso e le collezioni di conchiglie. In realtà niente di tutto questo è vero. Certo, Zucchero, come tutte le altre ragazze della banda, esprimono più e più volte il desiderio di adescare qualche ricco milionario, ma queste espressioni superficiali sono solo l’ennesimo travestimento in un film che di gente travestita ne fa il motivo conduttore.
La donna, qui, non è più ridotta ad un mero desiderio sessuale da parte dei protagonisti; con il progredire della storia si va ben oltre a questo ritratto che il personaggio femminile ha espresso nella società, e soprattutto nel mondo dello spettacolo. Zucchero è artefice consapevole del suo destino. Lei sceglie di essere superficiale in un primo momento, ma sceglie anche di andare in profondità, abbandonandosi al sentimento.
E non è l’unica donna che dimostra questa tesi; anche Jerry, che oramai è sempre più identificabile con Daphne, ci fornisce l’immagine di una donna forte ed indipendente. Non è un caso che nelle scene di festa, sia proprio Daphne a condurre il ballo con il suo ignaro spasimante. Daphne, se vogliamo, compie il percorso opposto rispetto a quello di Zucchero; da “donna” indipendente e forte si fa convincere attraverso il denaro a sposarsi con uno di quei ricchi milionari che tanto disprezzava. È la contaminazione della psiche maschile con quella femminile ad aver provocato questa sorta di “abbassamento morale”? Oppure è un’altra sfaccettatura di donna che si vuole mettere alla berlina? La risposta è molto più semplice e molto meno articolata di queste: nessuno è perfetto.
Ma quindi perché ancora oggi amiamo A qualcuno piace caldo? Tanti sono i motivi, e tutti perfettamente amalgamati tra di loro. Dall’irresistibile verve comica di Jack Lemmon e Tony Curtis, alla venerabile bellezza di Marilyn Monroe, fino ad arrivare all’ambito contenutistico del film; sì, perché questo non è un semplice festival dei buoni sentimenti buttati in faccia allo spettatore, è qualcosa di più viscerale. Un’opera che è fondamentalmente una grande satira sociale, che mette in risalto le nostre debolezze e la nostra grande superficialità; un’opera che sostanzialmente ci parla di difetti, dei nostri difetti, ma che, nonostante tutto, ci invita ad accettarli; perché senza di essi, indipendentemente dal nostro sesso e dal nostro orientamento, non siamo più esseri umani, perché nessuno è perfetto, e perché, la perfezione, in fondo, noi non la vogliamo.