Alla sesta edizione della Torino Underground Cinefest sono stati presenti ben 39 cortometraggi provenienti da tutto il mondo e realizzati nella maniera più indipendente immaginabile. Sono riuscito a vederne 37 e, oltre altri tre già recensiti in articoli a parte, qui commento i 5 migliori, quelli che hanno trovato un posto nel mio cuore e non dimenticherò facilmente.
ARIA (Brando De Sica, 2018)
Corto italiano che narra di una misteriosa scuola di danza, nella quale i ballerini sono costretti a respirare anidride carbonica. Opera sorprendente, che fa dell’esperienza cinematografica e sensoriale il suo punto di forza. Nessun dialogo, solo suoni e immagini in grado di creare un’atmosfera unica che ci catapulta in maniera violenta dentro il mondo vissuto dai protagonisti, un mondo irreale e per questo affascinante e inquietante al tempo stesso. Film coraggioso, che mostra il talento del regista Brando De Sica e di tutti gli attori coinvolti. Una sceneggiatura originale mette in scena una storia bizzarra e particolare, che parla della schiavitù che i ragazzi sono costretti a vivere nell’accademia in cui si trovano a causa dell’autorità degli insegnati-padroni, ed è inoltre un film sulla salute fisica, sull’importante della sanità del corpo. Tecnicamente parlando, “Aria” si avvale di un montaggio impeccabile e una fotografia meravigliosa ispirata vagamente al capolavoro di Dario Argento, “Suspiria” (1977) per via dei colori messi in gioco. Un finale liberatorio conclude perfettamente un racconto intenso e autoriale, nel senso migliore del termine.
A YOUNG GIRL (Jeannice Adriaansens, 2018)
Cortometraggio belga ambientato in una povera fattoria con difficoltà finanziarie, nella quale madre e figlio cercano di sopravvivere a stenti. Una regia intelligente e ragionata, vicina ai personaggi con primi piani e semi soggettive e che utilizza la camera a mano, il fuori fuoco e le ellissi temporali in maniera efficace e sensata. La regista Jeannica Adriaansens è abile nel creare un’atmosfera opprimente e straniante fin dalla prima, enigmatica scena, anche per merito di una fotografia cupa di gran livello. I due protagonisti sono ottimi e reggono il film sulle loro spalle, anche grazie alla sceneggiatura che mette in campo una storia intrigante e dei sotto testi ben sviluppati, come il tema della crisi economica, quello della perdita, in questo caso del marito della donna, la quale soffre di disturbi mentali proprio a causa di quella grave mancanza, e di conseguenza è interessante notare la difficoltà che ha il figlio nel reagire ai comportamenti della madre stessa. Un finale aperto chiude il cerchio di una racconto potente, che per temi e messa in scena si rifà al grande Cinema d’autore europeo contemporaneo, come quello di Von Trier o dei Dardenne, e ciò non può essere che un complimento.
Uuquchiing – Recensione e intervista a Kevin Noguès
PECCATRICE (Karolina Porcari, 2018)
Lucia, una ragazzina di 11 anni vive in una famiglia problematica, specialmente a causa di un padre violento e rigido. Il giorno della comunione, Lucia decide di compiere un gesto estremo. Corto italiano perfetto nel linguaggio e nella struttura, in quanto capace di condensare in poco più di 10 minuti un’idea di Cinema solida e completa. La regista Karolina Porcari narra una storia che esalta la femminilità e la libertà, e condanna la rigidità di una famiglia patriarcale e anaffettiva. Tutto ciò viene messo in scena con professionalità invidiabile: regia essenziale e fredda, contenuta e elegante a servizio di un racconto importante per temi trattati e messaggi lanciati; la sceneggiatura non cede alla minima caduta di tono e tutti gli attori sono eccellenti nel donare grande spessore e carisma ai loro personaggi in un tempo ristretto. Fotografia realistica e montaggio deciso e tagliente sono la base di “Peccatrice”, film dalla sceneggiatura di ferro, dai dialoghi misurati perfettamente e costruito con un minimalismo meravigliosamente coerente, che si chiude con un finale di rara potenza emozionale. Insomma, una lezione su come realizzare un cortometraggio di gran livello con budget minimo.
DANTE VS MOHAMMED ALI’ (Marc Wagenaar, 2018)
Storia d’amore e impedimento dell’amore stesso tra due giovani dello stesso sesso. Il sentimento, ostacolato dalla piccola comunità olandese nella quale vivono, viene espresso sul ring, tramite scontri corpo a corpo, e fuori dal ring, in momenti d’intimità e affetto. Splendido cortometraggio che mostra un amore profondo e reale tra due ragazzi che sono costretti a vedere il loro sentimento messo alla prova a causa delle convenzioni sociali e delle rigide norme che regolano il villaggio in cui vivono. Genitori, amici, parenti non sembrano in grado di comprendere l’intenso legame che unisce i due, e i combattimenti – sia gli incontri di pugilato che i litigi e i battibecchi – tra gli innamorati assumono un valore simbolico enorme e una carica emozionale grandissima. Il regista Marc Wagenaar è straordinario nel descrivere la storia d’amore in maniera diretta e onesta, non mettendo in risalto il fattore omosessuale ma i sentimenti, che si sprigionano perfettamente in una scena di sesso elegante e mai volgare. La sua regia è misurata e focalizzata sui corpi e sugli sguardi e, grazie ad una fotografia di indescrivibile bellezza, regala al film liricità e poesia, classe e vitalità. Attori di bravura invidiabile e sceneggiatura scritta con grande professionalità e attenzione all’autenticità dei personaggi e alla veridicità dei dialoghi, che sfocia in un finale emozionante e liberatorio, difficilmente dimenticabile. “Dante vs. Mohammed Alì” è quindi un corto fine e meraviglioso in ogni sua componente, realizzato con talmente tanta perizia e passione da risultare incredibile e, a tratti, quasi perfetto.
Il Tratto Mancante – Intervista a Riccardo Roan
QUIDNUNC (Harry Ayiotis, 2017)
Una donna in un hotel cerca di suicidarsi, ma nella camera accanto succede qualcosa e gli imprevisti si faranno numerosi. Corto cipriota particolare nella costruzione narrativa e originale nelle scelte di messa in scena. Il regista Harry Ayiotis scrive un film folle nella maniera migliore del termine e mette al centro della vicenda una donna afflitta da grande crisi e tormentata dal passato e dalla vita stessa, che però dovrà fare i conti con altri personaggi, reali e irreali. E così l’autore cipriota narra una vicenda claustrofobica e surreale, pur essendo ancorata alla realtà. Una atmosfera sinistra e tetra avvolge una storia che parla della vita umana e della sua importanza, delle scelte giuste e sbagliate e della responsabilità che può portare a compiere errori irreparabili. La protagonista è perfettamente calata in un personaggio complesso e tormentato e la regia la segue in maniera ossessiva e avvolgente allo stesso tempo, aiutata da una fotografia bellissima e di inestimabile importanza per restituire al meglio l’ambiente che i regista vuole mettere in luce. Sceneggiatura dalla grande personalità che mette a segno dialoghi taglienti e scene sorprendenti fino ad arrivare ad un finale aperto spiazzante. “Quidnunc” è dunque un film fieramente sperimentale e intrigante dall’inizio alla fine, in grado di far riflettere durante e a fine visione.
Cortometraggi interessanti e di alto livello, che trasudano amore per il Cinema e voglia di creare. Tra lati e bassi, un concorso notevole che ha regalato chicche non da poco e ha portato alto il nome del Cinema indipendente.
Si ricorda che la settima edizione della Torino Underground Cinefest si terrà nel capoluogo piemontese dal 22 al 28 marzo 2020. Un appuntamento imperdibile per tutti gli amanti del buon Cinema!