Tredici – Cosa proprio non funziona della serie Netflix

Valentina Palermo

Agosto 27, 2019

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Una delle serie TV che ha fatto più discutere negli ultimi anni è appena tornata sui piccoli schermi. Si tratta di Tredici, il teen drama ideato da Brian Yorkey nel 2017 che è approdato su Netflix il 23 agosto con un terzo ciclo di episodi.

Sin dalla sua prima puntata, lo show ha attirato l’attenzione degli spettatori affrontando senza censure temi estremamente delicati come il suicidio, la violenza sessuale e il bullismo.

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Al centro della prima stagione di Tredici c’è infatti la storia di Hannah Baker, brillante studentessa che si toglie la vita tagliandosi le vene dei polsi.

Prima di morire la ragazza lascia però alcune audiocassette su cui sono registrati i tredici motivi che l’hanno spinta a compiere un gesto così estremo. Nel corso delle puntate, vediamo quindi il suo amico Clay ascoltare le audiocassette e scoprire tutto ciò che Hannah ha dovuto sopportare, fra atti di bullismo, cocenti delusioni e persino una violenza sessuale.

Nella seconda stagione assistiamo invece al processo che la madre di Hannah intenta contro la scuola di sua figlia, rea di non essersi accorta di ciò che accadeva fra le sue mura. Durante il processo emergono nuovi particolari della vita della giovane e altri scottanti segreti sui suoi compagni di classe.

Colpi di scena, misteri, confessioni scioccanti. In due anni la serie ha tenuto incollato allo schermo un vasto pubblico di spettatori ansioso di scoprire la verità su Hannah Baker.

Ma siamo davvero sicuri che Tredici sia un prodotto meritevole della fama che si è guadagnato dal 2017 a oggi? 

A noi pare di no. Cerchiamo di capire il perché.

Una prima stagione poco coerente

Iniziamo dalla prima stagione. Analizzandola nel dettaglio, ci rendiamo conto che le prime puntate seguono un percorso narrativo che, per quanto apparentemente ben delineato e ben gestito, in realtà manca spesso di coerenza

Basti pensare alle thirteen reasons che spingono la giovane protagonista a togliersi la vita. Partendo dal presupposto che non esistono motivi validi per giustificare il suicidio di un’adolescente, alcune delle ragioni che Hannah annovera nelle audiocassette sono molto poco credibili.

In certi casi si tratta infatti di banali scaramucce tra adolescenti, come l’aver nascosto dei bigliettini a lei indirizzati o aver pubblicato una sua poesia senza il suo consenso. Ciò potrebbero trasmettere, soprattutto al pubblico più giovane e più sensibile, il concetto sbagliato che anche una semplice delusione fra amici sia un problema irrisolvibile.

Ma l’incoerenza di Tredici non si ferma solo a questo. Fra gli episodi che ci vengono raccontati, ne individuiamo due di una gravità sconcertante, ovvero gli stupri di Jessica e della stessa Hannah a opera del ricco e spocchioso Bryce.

A questo punto una domanda sorge spontanea: ma perché i compagni di classe della sventurata protagonista proteggono lo stupratore? Alcuni di loro, come già detto, si macchiano di colpe molto leggere. 

E allora perché per sotterrare segreti così poco gravi i compagni di scuola della ragazza difendono un violentatore seriale? E soprattutto perché continuano a essergli amici?

Tutto ciò ci fa pensare che i giovani protagonisti della serie siano in realtà dei personaggi costruiti male e gestiti peggio. Spesso infatti si comportano in maniera totalmente irrazionale e prendono delle decisioni che non hanno alcun senso. 

Con gli adulti le cose non vanno tanto meglio, anzi. Dire che i genitori dei ragazzi sono in realtà estremamente distratti è un eufemismo. Nessuno pare rendersi conto di ciò che accade al proprio figlio. 

Nel corso di due stagioni vediamo i signori Jensen non scomodarsi più del necessario per capire il motivo per cui Clay rincasa spesso cosparso di ematomi e ferite. Vediamo la madre di Bryce scendere dalle nuvole quando scopre di avere un figlio psicopatico e violento. Infine vediamo i genitori di Tyler non accorgersi che il figlio è stato selvaggiamente picchiato e sodomizzato nei bagni della scuola. Tutti davvero meritevoli del premio genitori dell’anno.

Un premio in realtà lo meriterebbe anche un altro degli adulti presenti in Tredici, ovvero il consulente scolastico della Liberty High School. Il signor Porter è in assoluto il peggior consulente che si sia mai visto in una serie TV. Persino peggiore della strampalata signorina Valerie Marks di Diario di una Nerd Superstar

Se infatti Bryce fornisce ad Hannah il motivo principale per farla finita, il consulente Kevin Porter le dà la spinta decisiva.

Quando la ragazza si reca da lui per confidargli cosa le è accaduto, lui le fa capire di non avere alcuna speranza di essere creduta. Il tutto dopo essersi dimostrato completamente inadeguato anche con Tayler, altro studente vittima di bullismo. Probabilmente il signor Porter deve essersi laureato a Guantanamo.

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E se la prima stagione di Tredici è complessivamente un susseguirsi di eventi paradossali che però riescono a grandi linee a funzionare grazie all’escamotage del racconto tramite le audiocassette, la seconda stagione è assolutamente da dimenticare.

Una seconda stagione disastrosa

Il secondo ciclo di episodi di Tredici ha ancora più difetti rispetto al primo. In questo caso si avverte moltissimo l’assenza della base cartacea su cui si regge la prima stagione e la trama risulta spesso inconsistente. 

Anche qui si cerca di costruire un’ambientazione mistery che intrighi il pubblico e lo coinvolga alla scoperta di nuovi segreti. In realtà il filone risulta molto poco coinvolgente e a tratti addirittura tedioso e ripetitivo.

Un passo in avanti lo si fa però con i personaggi, dato che alcuni di loro sembrano lievemente maturati e in grado di iniziare a prendere coscienza delle loro responsabilità. Ciò che però proprio non va è il modo forzato in cui vengono gestite le relazioni tra di loro.

Prendiamo ad esempio la love story fra Clay e Skye. Evidentemente gli sceneggiatori di Tredici desideravano inserire un rapporto romantico in grado di appassionare il pubblico. 

La coppia risulta in realtà una delle peggiori mai apparse in un teen drama. I due non c’entrano assolutamente nulla l’uno con l’altro e non condividono alcun tipo di chimica. Nel giro di poche puntate veniamo infatti liberati da questa inutile storia d’amore, con la povera Skye che viene spedita in una clinica per curare i suoi disturbi psichiatrici.

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Ma non sono solo le storie d’amore a non andare. Anche il modo in cui vengono rappresentati i rapporti d’amicizia seguono delle dinamiche che non hanno una grande logica.

Pensate al season finale. Se anche nella seconda stagione i nostri “eroi” cercano di intrattenere rapporti un po’ più civili rispetto alla prima, non si può di certo pensare che abbiano formato un gruppo compatto. Nella puntata finale invece li vediamo partecipare tutti insieme appassionatamente al ballo di fine anno come se fossero il gruppo di amici più affiatato del mondo.

Addirittura vediamo anche Bryce scambiare qualche battuta sui tempi che passano con Justin. Adesso, il fatto che qualcuno voglia rivolgere la parola a un simile verme è già di per sé assurdo, ma che a farlo sia l’ex di una delle sue vittime è veramente grottesco. Dal canto suo Justin mostra a malapena un po’ di freddezza, come se la colpa del suo interlocutore fosse di avergli rigato la macchina parcheggiandogli accanto e non di aver violentato la sua fidanzata.

E proprio su Bryce si basa l’aspetto peggiore di tutta la stagione. Il ragazzo è un concentrato di sadismo e cattiveria allo stato puro, eppure quando viene processato per stupro gli basta presentarsi in aula con un paio di occhiali da bravo ragazzo e le spalle coperte da mamma e papà per beccarsi soltanto tre mesi di libertà vigilata.

Il messaggio che trapela anche in questo caso è gravissimo. Per la serie: donne, è inutile sporgere denuncia in caso di abuso. Tanto il vostro violentatore la passerà facilmente liscia.

Lasciamo a questo punto i ragazzi e concentriamoci sulla figura di Hannah. Nel primo ciclo di episodi di Tredici Hannah forse è l’unico personaggio per cui riusciamo a provare un po’ di empatia e a cui ci affezioniamo davvero. In questo secondo ciclo la sua figura viene totalmente stravolta. 

Scopriamo che in realtà Hannah, la vittima di bullismo della Liberty High School, ha un passato da bulla. E allora l’incarnazione della candida e innocente ragazza di periferia scompare per lasciare spazio all’immagine della carnefice senza scrupoli. Ciò su cui si basa la prima stagione, ovvero il senso di compassione nei confronti della protagonista, si perde miseramente trasformandosi in una profonda delusione.

E voi cosa ne pensate? Anche voi trovate che le prime due stagioni di Tredici non brillino particolarmente per qualità narrativa e coerenza? Ma soprattutto, avete già visto la terza stagione appena approdata su Netflix? Fatecelo sapere nei commenti.

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