È un film di guerra, è un film ambientato in un contesto storico, forse si tratta proprio di un film storico, ma forse no, forse è un film sulla più grande tragedia dell’umanità raccontata da un occhio di vista inedito, o forse è ancora altro. Bastardi senza gloria non è un’opera così semplice come può sembrare, visto che non esiste un genere di riferimento in cui si incastri perfettamente. Personalmente, preferisco definirlo, forse banalmente, come un film “alla Tarantino”, che, diciamocelo, è un po’ un genere a sé stante.
Nel corso dei decenni che ci separano della Seconda Guerra Mondiale, l’industria hollywoodiana ha sfornato decine e decine di titoli ambientati in questo contesto. Svariati autori hanno firmato capolavori immensi; hanno raccontato storie, più o meno romanzate, di uomini comuni che fronteggiavano il nazismo, uno dei mali più oscuri della storia. Ma l’opera di Tarantino compie dei passi avanti rispetto a queste narrazioni; il topos degli americani, inglesi e francesi che cercano di annientare il delirio nazista non è altro che la superficie, il macGuffin da cui iniziare, l’antefatto da cui Tarantino parte per imbastire un discorso affascinate e metacinematografico sull’importanza della settima arte nella storia passata, presente e futura.
Il cinema tra vita e morte
“Ho sempre preferito Linder a Chaplin… anche se Linder non ha mai girato un capolavoro come Il monello”.
Così il rampante Frederick Zoller (Daniel Brühl), eroe di guerra tedesco, cerca di attirare l’attenzione della giovane e bella Shosanna (Mélanie Laurent), dando inizio ad una gustosissima disquisizione cinefila. I due si punzecchiano, si scambiano opinioni, c’è un’atmosfera tesa e divertita allo stesso tempo. Alle sfacciate, ma tutto sommato sincere, avance di lui corrispondono le pungenti risposte di lei, ben decisa a restare il più lontano possibile da quel male che ha distrutto la sua famiglia e la sua nazione.
Tuttavia si dà il caso che al giovane soldato Zoller sia stato dedicato un film, girato dalla macchina propagandistica di Goebbels; per l’amore che il valente soldato prova per Shosanna, la prima del film sarà proprio nel piccolo cinema che lei gestisce. A questo punto, per Shosanna si presenta un’occasione d’oro: vendicarsi di tutto il dolore che ha provato in vita sua e, magari, porre fine anche alla guerra stessa. Per fare tutto questo, però, Shosanna deve sfruttare il sentimento che il soldato Zoller prova per lei. Va a pranzo con lui, accetta di incontrare Goebbels stesso e di organizzare una proiezione privata solamente per lui; acconsente ad allontanare Marcel, il suo fedele proiezionista, che, in quanto persona di colore potrebbe turbare le “pure” menti ariane presenti in quella sera.
Eppure, c’è qualcos’altro che si cela segretamente nel cuore di Shosanna, qualcosa che ha a che vedere con il soldato Zoller. Non posso dire con assoluta certezza se si tratti di una tenera compassione, di una sincera infatuazione o di amore puro, ma sicuramente Shosanna non è così indifferente come lascia pensare. Tarantino, molto intelligentemente, non mostra tutto questo tranne che nell’ultima scena che vede protagonisti Shosanna e Frederick, la scena in cui i loro destini si compiono drammaticamente. È nella sala proiezioni che si consuma la tragedia del loro amore impossibile, in quella stanza proibita, inaccessibile agli spettatori, in quella stanza da cui nasce la luce del proiettore. Mai come in questo caso, Tarantino dà così importanza al cinema inteso come luogo, dove si consuma una storia struggente di amore e morte.
Il loro primo incontro si è svolto all’aperto, davanti al cinema dopo la proiezione di un film, discutendo di Chaplin e Linder; l’epilogo della loro storia mai cominciata avviene nella sala proiezioni, dove i film nascono dalla luce del proiettore e muoiono nell’oscurità dopo i titoli di coda.
Tarantino, quindi, si è servito del cinema come anello di congiunzione tra due realtà differenti. Il fatto che la storia d’amore tra i due non sia finita bene è importante fino ad un certo punto; l’elemento fondamentale è che, grazie a questo luogo meraviglioso, un soldato nazista ed una ragazza ebrea si sono conosciuti e hanno iniziato a dialogare, superando, seppur per un breve periodo, barriere insormontabili.
Il cinema tra realtà e finzione
Ma Tarantino in Bastardi senza gloria va ancora oltre. La vicenda d’amore tra un nazista ed un’ebrea non è altro che una piccola storia all’interno della Storia. La serata dedicata all’impresa del soldato Zoller vedrà la partecipazione dei pezzi da novanta del Reich; Sarebbe un peccato non approfittare della presenza dello stato maggiore nazista in un piccolo cinema di provincia. I nostri “bastardi” capitanati dal rude Aldo Raine (Brad Pitt) dovranno trovare il modo di partecipare alla serata, per poi far fuori i più importanti gerarchi nazisti, compreso Hitler.
In quella notte, la stessa in cui Shosanna e Zoller si uccidono a vicenda, accade l’impensabile ed il piano, tra mille difficoltà, si realizza. Il progetto dei “bastardi”, con la complicità del meschino Hans Landa (Christoph Waltz), si realizza; Hitler e Goebbels vengono brutalmente crivellati di colpi; la guerra è finita all’improvviso, le fiamme inghiottono il male eterno.
Bastardi senza gloria.
Ed è proprio in questo punto che viene alla luce l’altro grande utilizzo che Tarantino fa del cinema; la sala non è solamente un luogo in cui si ambienta la Storia, ma il luogo dove si cambia la Storia. Dove sarebbe potuto morire Hitler, se non in un cinema? Dove può morire in questo modo il nazismo se non al cinema? Il cinema non è tenuto a rispettare la realtà storica, per questo un nazista convinto può innamorarsi perdutamente di un’ebrea ed Hitler può essere sforacchiato dai colpi dell’Orso Ebreo (Eli Roth). E Tarantino questo, naturalmente, lo sa. Il cinema è arte, l’arte è cultura, e dove c’è cultura muore l’ignoranza, muore la stupidità e, quindi, muore anche Hitler. Il cinema è un altro universo, con le sue leggi e le sue regole; è un’altra dimensione dove tutto può accadere e dove tutto accade.
Purtroppo, come sappiamo, nulla di tutto questo è avvenuto. Tra i valorosi eroi che hanno combattuto i nazisti, non c’è stato nessun Aldo Raine con la sua fame di scalpi, nessun Orso Ebreo con la sua mazza da baseball, nessuna Shosanna con il suo cinema da bruciare. La Storia andò diversamente. La guerra continuò a spezzare vite ancora per molto tempo, la follia del Reich sterminò in modo barbaro e codardo 6 milioni di ebrei.
Bastardi senza gloria.
Bastardi senza gloria, quindi, non è un film di guerra, non è un film storico, è molto altro, è molto di più. È un film “alla Tarantino”. È un trattato di amore, è l’arte che interrompe il flusso crudele della Storia e ne dà un finale migliore, un finale che solamente un narratore appassionante ed appassionato come Tarantino può regalare.
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