“Bisogna trasformare la contingenza in passione” ha detto qualcuno, in un altro tempo.
Nel girotondo dei significati perduti, non condanniamoci a dover per forza trovare più affascinante l’impossibilità. Piuttosto, che si abbia il coraggio di affrontare il difficile compito di non dare per assodato, di non dare per scontato.
Nulla è già deciso, nulla è troppo tardi, perché nulla è assoluto, neanche il nulla.
Soprattutto il nulla.
Generazione dell’assenza, della mancanza, dell’apatia. Lo siamo davvero?
Forse no, forse tale culmine, nasconde un significato più profondo, paradossale ed opposto.
Siamo la generazione della possibilità di riconoscere, vittime della necessità di dover trovare prima ancora di aver conosciuto.
Ma, alla fine, questa mitologia del lavoro, delle scelte sicure, del valore quantificabile, come abbiamo deciso che fosse giusta?
E poi, siamo davvero sicuri che funzioni?
Capirsi dopo aver già reagito può essere una condanna, ma anche la salvezza.
La non-reazione più potente, mostra che la vera reazione è una radice ancora nascosta: l’ansia, il panico, la frammentazione, si riferiscono sempre a qualcos’altro, non hanno senso in loro stesse. Quel qualcos’altro, è la fiaba dimenticata, divenuta monolite collaudato aprioristicamente: ribelliamoci all’inquietante sogno della contemporaneità, ma non stagniamo nell’incubo.
Le cose belle, sono più belle delle cose brutte.
È faticosa la responsabilità della bellezza, della bontà, ma non per questo siamo giustificati a definirla banale.
Rimanere nella rottura, ci rende rotti.
Ricucire dopo aver compreso il senso dei fili nascosti, ci rende presenti.
Nella polarizzazione, tra nicchie elitiste che credono di cambiare il mondo dai margini, distanti e ostracizzanti, e la licenza del qualunquismo dimenticante la responsabilità dell’essere liberi, fermiamoci un attimo.
Non c’è nessun lupo ad inseguirti, sei solo tu che corri da prima di accorgertene.
La poesia, sta nel ricordarti che c’è sempre un lupo se temi che ci sia.
La critica, sta nel capire come sei arrivato alla paura.
La poesia, ti fa accettare il tassello mancante nelle tue spiegazioni.
La critica, ti ricorda che c’è bisogno di tempo per ascoltare, prima di spiegarci qualcosa.
Le derive si possono ribaltare, trovando altre derive con cui sostenersi a vicenda.
Alla tecnica alienante, rispondiamo con l’interconnessione disciplinare: il cinema non per se stesso, ma per tutte le altre arti che in esso vivono, che esso definiscono, che attraverso esso rinascono.
Tutti cerchiamo qualcosa, non neghiamo la ricerca ai molti.
Tanto in pochi, non sappiamo dove andare.
Ripartiamo dagli stimoli, ricordiamoci che emozionarsi per un sorriso, se ci si è dimenticati come fare, è un piccolo capolavoro.
La semplicità, è un atto creativo.
La creatività, nell’antropologia della teoria e della decostruzione, è un atto rivoluzionario.
Utilizziamo ciò che sappiamo per metterci in discussione, per camminare nel terrificante luogo della realtà. Subiamo le nostre emozioni, per ricordarci la complessità irrazionale su cui si fondano. Accettiamo il pluralismo dei grigi, la sintesi necessaria tra ragione ed emotività.
La passione non è inferiore all’intelletto: la volontà è l’appetito dei curiosi.
Il cinema è fruibile: chiediamogli in prestito il megafono per urlare a tutti i suoi discepoli, semplicemente di avere il coraggio di chiedersi perché.
Perché piangiamo?
Perché ci arrabbiamo?
Perché ci affascina la complessità?
Per una critica poetica, nell’aut aut dell’impulso e della riflessione, ritroviamo sintesi nell’essere pittori, accettando che il dipinto non esiste a priori, ma che talvolta dobbiamo subire i nostri colori.
Ricominciamo a cercare la realtà, con la torcia del cinema, perché essa non è ancora morta, ma moribonda in un deserto dimenticato.
Ricominciamo a contrastare l’autonomo proseguire con il volontario fruire, a costo di avere paura.
Bisogna trasformare la contingenza in passione, nel girotondo dei significati perduti, è solo un attimo in cui chiedersi:
Ci piace sentirci presenti nel nostro sentire? Ci piace comprende le sfumature del nostro intuire? Ci interessa sapere a fondo cosa diciamo prima di dire?
Sentiamo una responsabilità nel realizzare il nostro vivere?
Per una critica poetica, con il cinema, possiamo connetterci, emozionarci, confrontarci, ognuno con il suo sguardo, ognuno nella libertà della sua conoscenza, tutti nella responsabilità di cercare, di cercarci.
QUESTO E’ IL MANIFESTO DEL NOSTRO CARTACEO, DELLA NOSTRA RICERCA, DELLA NOSTRA PASSIONE: https://www.produzionidalbasso.com/project/magazine-cartaceo-de-la-settima-arte/