Il Traditore, film di Marco Bellocchio, narra le vicende di uno dei criminali più celebri e controversi della storia d’Italia. Stiamo parlando di Tommaso Buscetta, mafioso membro di Cosa nostra e successivamente collaboratore di giustizia. La pellicola non si limita a proporre una mera descrizione delle vicende delittuose e giudiziarie del personaggio posto in essere.
Al contrario, Il Traditore mira a fornire un’introspezione psicologica di quello che fu l’uomo. Buscetta non viene visto semplicemente come un criminale, ma come un essere umano con tutte le sue debolezze, i suoi rimorsi e i suoi demoni.
Il film si srotola nell’annosa questione mafiosa, condannando il protagonista per quelle che sono le sue azioni, ma mostrandone l’audacia riposta nella finale scelta di aiutare la giustizia, con tutto il dolore che tale decisione comporta. Tuttavia, per completare il perimetro che delimita la personalità di don Masino e comprendere meglio il film, è necessario calarsi nel suo passato.
Il traditore – La vita
Tommaso Buscetta nasce a Palermo il 13 luglio del 1928 in una famiglia poverissima. Madre casalinga e padre vetraio, ultimo di 17 figli. Durante l’adolescenza si presta ad una serie di attività illegali nel mercato nero. Fra di queste vi sono: furto di generi alimentari e falsificazione delle tessere per il razionamento della farina, diffuse durante il ventennio fascista. Questa attività lo rende abbastanza celebre a Palermo, dove nonostante la giovanissima età conquista il titolo di don Masino, come segno di rispetto.
Nel 1945 si affilia a Costa nostra, entrando a far parte del mandamento palermitano di Porta Nuova e guadagnandosi così una certa fama. Sempre nel 1945, a soli 17 anni, si sposa con Melchiorra Cavallaro,diventando padre di quattro figli. Nel corso della sua vita Buscetta si sposerà tre volte e metterà al mondo otto figli.
Nel 1949 don Masino si trasferisce in Argentina e poi in Brasile, dove apre una vetreria, ma l’attività riscuote scarso successo e nel 1956 è costretto a tornare a Palermo. In patria si associa ad Angelo La Barbera e Salvatore “Cicchiteddu” Greco insieme ai mafiosi Antonino Sorci, Pietro Davì e Gaetano Badalamenti. Si occupa principalmente di contrabbando di sigarette e stupefacenti, e diviene un pericoloso killer. Nel 1958 viene arrestato per traffici illegali di sigarette e associazione a delinquere, e così pure nel gennaio 1959.
La prima guerra di mafia
Nel 1962, durante la cosiddetta “prima guerra di mafia”, Buscetta si schiera con Angelo La Barbera, ma poi passa al gruppo di Salvatore “Cicchiteddu” Greco, pur restando nell’ombra per paura di rimetterci la pelle. Nel 1963 scampa a un agguato a Milano, ma le forze dell’ordine lo arrestano mentre si trova in ospedale. La polizia lo indica come il principale killer e sodale dei boss Pietro Torretta e Michele Cavataio, e responsabile della strage di Ciaculli.
E’ a quel punto che Buscetta fugge in Svizzera, Messico, Canada e infine negli Stati Uniti d’America. Nel dicembre 1968 subisce la condanna in contumacia a dieci anni di carcere per associazione a delinquere nel processo svoltosi a Catanzaro contro i protagonisti della prima guerra di mafia.
Nel 1970 soggiorna sotto falso nome a Zurigo, Milano e Catania per partecipare ad alcuni incontri insieme a Salvatore Greco per discutere sulla ricostruzione della Commissione e sul coinvolgimento di Cosa nostra nel Golpe Borghese.
Nello stesso anno la polizia lo arresta nuovamente a Brooklyn e subito rilasciato dietro pagamento di una cauzione di 40.000 dollari. Don Masino decide perciò di trasferirsi in Brasile, dove dà inizio a un traffico di eroina e cocaina verso il Nordamerica. Crea un apposito sistema di trasporto aereo, e una compagnia di taxi dove poter reinvestire il denaro frutto del traffico di stupefacenti.
La latitanza
L’attività delittuosa non dura a lungo, la Polizia brasiliana lo arresta il 2 novembre 1972. Dopo l’estradizione in Italia, Buscetta si vede rinchiuso a Palermo nel carcere dell’Ucciardone con una condanna di dieci anni di reclusione per traffico di stupefacenti. Nel suo deposito in Brasile la Polizia trova un quantitativo di eroina pura del valore di 25 miliardi di lire dell’epoca. Trasferito nel carcere piemontese delle Nuove nel 1980, Buscetta ottiene la semilibertà e riesce a evadere.
Si nasconde nella villa dell’esattore Nino Salvo, sotto la protezione dei boss Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo, che provano a convincerlo a schierarsi dalla loro parte per uccidere l’avversario Salvatore Riina. Nel gennaio 1981, tuttavia, Buscetta torna in Brasile e si sottopone a un nuovo intervento di chirurgia plastica e a un intervento per modificare la voce.
La seconda guerra di mafia
Durante la Seconda guerra di mafia lo schieramento vincente dei Corleonesi, guidato da Riina, decide di eliminare Buscetta perché legato a Bontate, Inzerillo e Badalamenti. Riina non lo trova, e mette in atto vendette trasversali contro i suoi parenti. Tra il 1982 e il 1984 due figli del boss scompaiono per non essere mai più ritrovati. Muoiono in un agguato anche un fratello, un genero, un cognato e quattro nipoti.
Alla fine della guerra i parenti morti di Buscetta saranno in tutto undici. Don Masino elabora un piano per vendicarsi di chi ha sterminato la sua famiglia, ma fallisce. Nel 1983 la polizia lo arresta a San Paolo mentre si trova in compagnia di Leonardo Badalamenti, figlio del boss Gaetano.
Nel 1984 i giudici Giovanni Falcone e Vincenzo Geraci si recano da lui invitandolo a collaborare con la giustizia: Buscetta rifiuta e lo Stato italiano ne chiede allora l’estradizione.
Quando quest’ultima viene concessa, don Masino tenta il suicidio ingerendo della stricnina. Nonostante tutto si salva e, una volta giunto in Italia, decide di collaborare, cominciando a rivelare organigrammi e piani della mafia (fino a quel momento del tutto ignoti). Per tale motivo è considerato uno dei primi pentiti della storia, dopo Leonardo Vitale. Cosa nostra, a suo dire, aveva perso la sua identità.
Le rivelazioni del traditore
Buscetta si rifiuta però di parlare con Falcone dei legami politici di Cosa nostra: a suo parere lo Stato non può reggere dichiarazioni di quella portata. Nel 1984 subisce l’estradizione negli Stati Uniti dove riceve dal governo una nuova identità, la cittadinanza statunitense e la libertà vigilata in cambio di nuove rivelazioni. E’ solo dopo gli attentati in cui perdono la vita Falcone e Paolo Borsellino, che il traditore Buscetta inizia a parlare dei legami politici di Cosa nostra.
Accusa gli onorevoli Salvo Lima e Giulio Andreotti di essere i principali referenti politici dell’organizzazione. In seguito diventa quindi uno dei principali testimoni dei processi a carico di Andreotti per associazione mafiosa e per l’omicidio Pecorelli.
Dopo aver fatto molto parlare di sé in un libro-intervista di Saverio Lodato nel quale esprime il suo disappunto per la mancata distruzione di Cosa nostra da parte dello Stato, Buscetta muore di cancro nel 2000 all’età di 71 anni.