Per un’altra analisi, diversa ma connessa alle svariate già proposte sui personaggi di Game of Thrones, questa volta il parallelismo si propone tra Jon Snow e Immanuel Kant, o meglio nella loro etica, nella scelta e nella teoria di una scelta, nella distinzione tra Bene e Male.
Bene e Male distinti, eternamente, come il dovere e il sentire, il desiderio e l’impossibilità di desiderare, tratto distintivo dell’uomo che ha ucciso il ragazzo, prestando giuramento sull’ultima frontiera del Mondo.
Perché prima di diventare il Lord Comandante, il Re del Nord, e infine l’Esiliato, Jon Snow è stato un ragazzo, il Bastardo di Grande Inverno, prima delle rivelazioni sulle sue origini.
E per quale motivo Kant? Perché associare a Jon Snow il più importante filosofo dell’Illuminismo?
Forse per qualche semplice affinità concettuale, l’allegoria del legno storto, quella del giudizio etico, ma soprattutto per una rappresentazione dell’uomo complessa e tridimensionale, esattamente come Jon e gli altri personaggi di Westeros sono.
A rendere grande Game of Thrones infatti è stata una narrazione impostata esclusivamente sulle dinamiche umane, troppo umane, create tra i personaggi, i tradimenti, le scelte, gli amori e i disprezzi alimentati di situazione in situazione.
Al centro di queste, Jon diventa passivamente il nucleo della struttura narrativa stessa, quell’imprevedibile punto nel quale Ghiaccio e Fuoco s’incontrano, dando vita al Re oltre la Barriera.
Game of Thrones e la morale strumentale

Immanuel Kant
«Agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche al tempo stesso come scopo e mai come semplice mezzo».
(Immanuel Kant)
Questa citazione è forse uno dei passaggi più celebri del pensiero kantiano, e nella sua lineare precisione si cala perfettamente sul contesto di Game of Thrones, come l’abito su misura di una Lady.
La corrispondenza analogica, verosimile e disturbante tra il mondo reale abitato da Kant e quello fantasy popolato da Jon, Arya e tutti gli altri sta proprio in questa verità politica prima che psichica.
Per farsi un’idea della brutalità umanamente malvagia di Petyr Baelish o di Ramsay Snow, per rendersi conto che l’universo architettato da Martin e proiettato da HBO è vicino al nostro, nel quale multinazionali, governanti e Signori della Guerra fanno l’uso che ritengono via via più strumentale dei cittadini del mondo, inermi pedoni su una scacchiera più grande di loro.
Il gioco d’identità, riconoscimenti e tradimenti che si crea è politico sì, ma anche etico, perché intacca l’indole morale intima e soggettiva, propria di ciascun personaggio e del modo in cui lo spettatore lo percepisce.
E quando Jon Snow teme per i suoi fratellastri in guerra contro i Lannister, scegliendo di disertare il giuramento ai Guardiani della Notte per cavalcare verso Sud armato soltanto della sua rabbia e del suo acciaio di Valyria, siamo sensibili alla complessità infantile e al tempo stesso matura di una scelta moralmente grigia.
Dopo gli insegnamenti filosofici di Tyrion, infatti, quello è per Jon il primo momento nel quale sente davvero di avere in mano la propria vita, e ciò che decide di farne lo porta a scontrarsi con il centenario Maestro Aemon, che subito esprime verbalmente il dissidio interiore che Jon vive.
Aemon: «Ti sei mai chiesto perché gli uomini dei Guardiani della Notte non prendono moglie e non generano figli?»
Jon: «No.»
Aemon: «Lo fanno per non amare. L’amore è la morte del dovere.»
L’imperativo categorico di Jon Snow

Game of Thrones
La maturità e la crescita di Jon Snow passano inevitabilmente dal confronto con il vecchio Maestro. Stagione dopo stagione, infatti, se riesce a distinguersi è perché riesce sempre più a mettere da parte il ragazzo per permettere all’uomo di compiere le scelte giuste.
Il giuramento con i Guardiani è una di queste: parole solenni, drastiche e irreversibili, che sanciscono l’appartenenza dell’eroe a una categoria di guerrieri votati esclusivamente alla difesa del reame, costretti ad affrontare la Notte del Nord e ignorare le infantili dispute che proliferano a Westeros.
Se Kant è l’angelo custode etico di un personaggio del genere, ciò è vero proprio in virtù di quella Critica della ragion pratica che il filosofo tedesco illustra, come manifesto di un’etica del legno storto, quale è l’uomo con i suoi innumerevoli difetti e le sue innumerevoli tentazioni.
Tentazioni che per Jon diventano fortissime quando conosce Ygritte la Bruta, fiera e selvaggia guerriera nemica del suo Ordine.
Un promemoria drammatico si rivela necessario per contestualizzare la dimensione di ciò che Jon può o non può fare con addosso il suo regale e pesante Mantello Nero.
«Udite le mie parole, siate testimoni del mio giuramento. Cala la notte, e la mia guardia ha inizio. Non si concluderà fino alla mia morte. Io non avrò moglie, non possederò terra, non sarò padre di figli. Non porterò corona e non vorrò gloria. Io vivrò al mio posto, e al mio posto morirò. Io sono la spada nelle tenebre. Io sono la sentinella che veglia sulla barriera. Io sono il fuoco che arde contro il freddo, la luce che porta l’alba, il corno che risveglia i dormienti, lo scudo che veglia sui domini degli uomini. Io consacro la mia vita e il mio onore ai Guardiani della Notte. Per questa notte e per tutte le notti a venire.»
Qualcosa di un giuramento del genere ci resta dentro, scuote le corde della nostra sensibilità come un appello alla forza intima e incontrovertibile che solo il senso di appartenenza a una causa comune può animare.
Jon Snow, dovere o amare

Game of Thrones
L’assassinio, la violazione per eccellenza, l’annullamento del diritto a esistere di un’altra persona, è la soluzione che Jon sceglierà quando le convergenze delle situazioni saranno troppo drastiche e la follia di Daenerys raggiungerà picchi irreversibili.
Prima di giungere a questo punto, tuttavia, il Bastardo di Grande Inverno ha dovuto addirittura opporre resistenza alla sua stessa Morte, con l’aiuto di Melisandre di Asshai.
Perché se è vero che egli ha sempre fatto il suo kantiano dovere, è anche vero che questo dovere ai suoi sottoposti sulla Barriera non è piaciuto ed essi, guidati da Ser Alliser Thorne, hanno pensato bene che ammutinarsi in nome di un pregiudizio razzista nei confronti dei Bruti fosse la soluzione giusta al problema Jon Snow, il problema di essere un soggetto etico.
La portata di ogni evento che prova a schiacciare Jon è tale che, volta dopo volta, il ragazzo deve opporre una resistenza sempre maggiore agli imprevisti che provano a soffocarlo, siano essi Guardiani, eserciti di Ramsay Snow o i più temibili Estranei.
E se, proprio come un legno storto, egli si piega ma non si spezza, ciò è dovuto anche grazie a quelle famose qualità percettive e costitutive che rendono la specie umana unicamente originale:
«Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente, fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La prima comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo, a una grandezza interminabile, con mondi e mondi, e sistemi di sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del loro principio e della loro durata. La seconda comincia dal mio io invisibile, dalla mia personalità, e mi rappresenta in un mondo che ha la vera infinitezza, ma che solo l’intelletto può penetrare, e con cui (ma perciò anche in pari tempo con tutti quei mondi visibili) io mi riconosco in una connessione non, come là, semplicemente accidentale, ma universale e necessaria.»
(Immanuel Kant)
Prima della fine, il dialogo con Tyrion illuminerà Jon in una maniera totalmente capovolta rispetto a come aveva fatto Maestro Aemon anni prima, facendogli rendere conto che se è vero che l’amore è la morte del dovere, è anche vero che talvolta il dovere è la morte dell’amore.
La portata simbolica di questa affermazione si riferisce al sentimento che unisce Jon alla sua Regina Daenerys, l’unica in grado di riempire il vuoto lasciato da Ygritte, morta nei conflitti tra Bruti e Corvi.
In balia tra l’etica egoista dell’amore esclusivo e quella altruista della civiltà inclusiva, Jon Snow sintetizza in sé i tratti che rendono Game of Thrones la serie umana, troppo umana per eccellenza.
In giorni nei quali depressione, solitudine, angoscia e dubbi ci animano, possiamo forse connettere le incertezze di Jon Snow a un’ultima frase di Kant, un assolo finale in continuità con la realtà dello show HBO così come delle nostre piccole, strenuamente significative esistenze:
«La ragione umana […] viene afflitta da domande che non può respingere […] e a cui però non può neanche dare risposta».