Il gladiatore di Ridley Scott è un film entrato nell’immaginario collettivo. Fin dalla sua uscita ha conquistato tutti con un sapiente mix di immagini potenti, musiche d’impatto e frasi cult. Come tutti i grandi film di questo genere, però, si è preso un gran numero di licenze storiche, spesso necessarie per garantire lo spettacolo cinematografico. Andiamo quindi a vedere quali sono queste licenze e come andò davvero la storia.
Il gladiatore comincia nell’anno 180 d.C., durante la guerra contro i Marcomanni della Germania. Nonostante l’Impero Romano stia raggiungendo la sua massima espansione territoriale, all’interno dell’apparato politico aleggia una crescente tensione che potrebbe scuotere la più grande nazione al mondo dalle fondamenta. In questo clima per nulla sereno, l’imperatore, lo stoico Marco Aurelio, sta per morire.
I personaggi de Il gladiatore
Nel prologo facciamo la conoscenza di Massimo Decimo Meridio (Russell Crowe), un valoroso generale che conduce alla vittoria il suo esercito durante una sanguinosa battaglia. Dopo quest’ultima fanno la loro comparsa il saggio Marco Aurelio e il suo perfido figlio Commodo.
Partiamo subito col dire che il personaggio di Massimo Decimo Meridio è immaginario. O meglio, può essere considerato come una sorta di unione di diversi personaggi storici; per certi aspetti rimanda a Marco Nonio Macrino, che fu un generale molto vicino a Marco Aurelio, per altri invece rimanda a Narcisso (l’uomo che nella realtà uccise Commodo) e, ovviamente, a Spartaco.
Andando avanti con la trama del film, Marco Aurelio rivela a Massimo di voler restituire il potere al senato per arginare la corruzione e i giochi di potere creatisi attorno alla figura dell’imperatore. Ovviamente questo progetto politico non ha alcun riscontro nella realtà. Tuttavia ne Il gladiatore questo suo desiderio serve per rappresentare la sua ben nota fibra morale, dato che fu uno degli ultimi imperatori a non comportarsi come un despota. Da qui segue che Marco Aurelio non venne assassinato dal figlio Commodo che, al contrario, gli stette vicino durante i suoi ultimi giorni di vita.
Il mestiere del gladiatore
Proseguendo con la narrazione, Massimo, moribondo, viene catturato e venduto, diventando gladiatore. A questo punto abbiamo l’occasione di fare una piccola digressione su questa professione, perché in effetti proprio di professione si parla. Innanzitutto è bene chiarire un falso storico abbastanza comune: non era così comune che un gladiatore morisse durante la lotta. Questo accadeva perché allenare e mantenere un gladiatore richiedeva parecchie spese, e per questo a nessuno conveniva che il proprio gladiatore perdesse la vita. Era infatti possibile fermare l’incontro quando un gladiatore riportava delle ferite, in modo tale da non compromettere la sua salute fisica.
Un altro falso mito è quello secondo cui era il pubblico a decidere la vita o la morte del gladiatore. Per i motivi spiegati prima, nessuno ricavava nulla dalla morte di un gladiatore, men che meno il pubblico. Anzi, spesso ciascun gladiatore aveva la sua folta schiera di tifosi. Gli enti statali (uomini di potere, o lo stesso imperatore) condannarono a morte i gladiatori pochissime volte nel corso della storia, principalmente per sedare delle rivolte.
Proprio a questo proposito, un ultimo clamoroso falso storico ben saldo nella cultura popolare è quello dell’equivoco del pollice verso. Nel momento in cui l’imperatore, o chi per lui, decideva la sorte del gladiatore, l’esito era da riscontrarsi nella posizione del suo pollice. Secondo la tradizione, il pollice rivolto verso il basso equivaleva ad una condanna a morte; viceversa, il pollice in alto avrebbe significato che l’uomo sottoposto a giudizio sarebbe stato salvo. Ma questo, appunto, è un equivoco. A quanto pare la corretta emissione del giudizio sarebbe stata proprio l’opposto di quanto in molti credono. Vale a dire, il pollice in giù equivaleva alla salvezza, mentre il pollice in su la morte.
La principale fonte che ha tramandato questa erronea credenza è probabilmente il celebre quadro Jean-Léon Gérôme chiamata Pollice Verso. Lo stesso Ridley Scott ha dichiarato di essersi fortemente ispirato a quest’opera per la componente estetica del suo film.
L’imperatore Commodo e la politica assolutistica
Ritorniamo a Il gladiatore. Contemporaneamente alle vicende di Massimo, assistiamo all’incoronazione di Commodo e alla sua discutibile politica di stampo assolutistico. Da questo punto di vista il cult di Ridley Scott è abbastanza attendibile.
Commodo fu un imperatore abbastanza pessimo, più interessato al culto della propria persona che agli affari dell’Impero. Aveva una grande passione per il teatro e per il combattimento, tanto che più volte scese nell’arena a combattere di persona. Il film descrive bene anche la sua paranoia, che lo porterà a stilare lunghe liste di proscrizione e ad attuare una vera e propria politica di terrore. Si fa anche riferimento a una non poco velata infatuazione verso la sorella e, anche questo aspetto ha un riscontro nella realtà. Pare infatti che le discutibili perversioni sessuali di Commodo lo avessero portato ad abusare delle sue sorelle e a organizzare orge.
Cassio Dione, storico romano contemporaneo di Commodo, avanzò delle interessanti ipotesi sul comportamento tirannico dell’imperatore; essendo cresciuto in un ambiente completamente austero e privo di affetto, un “ambiente stoico”, la personalità di Commodo sarebbe divenuta così dirompente e violenta non appena acquisì il potere, liberandosi dunque da quella condizione di oppressione emotiva che aveva caratterizzato la sua vita.
Il principato di Commodo durò ben dodici anni (quindici se si considerano i tre anni in cui ufficialmente governò col padre), e non alcuni mesi, come suggerisce il film. Durante questo tempo, Commodo continuò la campagna per la conquista della Germania cominciata dal padre, pur non ottenendo grandi vittorie. La sua politica interna invece si distinse principalmente per le sue liste di proscrizione, facendo crescere il malcontento negli ambienti politici.
Fu proprio questo malcontento la causa della congiura del 192, messa in atto dal prefetto del pretorio in accordo con alcuni senatori. Commodo venne avvelenato con il vino, ma a causa di un suo rigurgito si salvò, pur essendo all’oscuro di tutto. Poche ore dopo venne coinvolto nella congiura Narcisso, gladiatore nonché istruttore dell’imperatore, e gli venne promessa una cospicua ricompensa per assassinare Commodo. Narcisso eseguì il compito, uccidendo l’imperatore nei bagni.