Because Of My Body è un film iscritto al Biografilm 2020, nella sezione “Concorso internazionale”. Il documentario, realizzato da Francesco Cannavà, racconta la storia di Claudia Muffi, una ragazza affetta da deformazione della spina bifida, che le ha portato una disabilità motoria molto importante. Claudia è una dei numerosi ragazzi e ragazze che per primi hanno fatto esperienza con un OEAS, un operatore all’emotività affettività e sessualità. Una sorta di unicorno nella legislazione italiana; una creatura che tutti sognano, ma che nessuno ha il coraggio di rendere viva. Come se ammettere e accettare che un disabile possa provare desiderio, sperimentare il piacere, avere rapporti sessuali, significasse aprire un vaso di Pandora di vergogna.
Claudia ha poco più di vent’anni, dipende in tutto e per tutto da sua madre. Lei l’aiuta a vestirsi, sempre lei l’aiuta a scendere le scale, le mette il catetere. Da poco è finita l’adolescenza, ma Claudia non ha conosciuto ribellione giovanile, coma etilico o serate in discoteca. Claudia dipende troppo da sua madre, tanto da non essere libera di assaporare fino in fondo la sua giovinezza. La malformazione alla spina bifida la limita, nel camminare, ma non solo; anche nel sentire, ma non solo alle gambe. Non riesce a sentire affetto per colpa del suo corpo, come se quel Because of my body avesse il sapore di un rimprovero o un rimpianto.
Claudia ha poco più di vent’anni, ma sembra una bambina quando le parli di sessualità e relazioni. Non ha mai conosciuto un uomo, non sa com’è fatto un corpo nudo; il massimo della sua esperienza sono i film porno che guarda di nascosto. Per lei, il mondo è tutto un set da cinema, pieno di sesso posticcio, corpi gonfiati e rapporti acrobatici; nulla di più lontano dalla realtà, nulla più foriero di dubbi e insicurezze. E così cresce e matura questa ragazza, convinta di essere indesiderabile, incapace di meritare amore o attenzioni. Fino a che non arriva Marco.
Un’inquadratura per spiegare tutto. Claudia scende le scale sulle spalle di sua madre. È truccata, pesantemente, come una bimba che gioca coi trucchi delle grandi; ha una gonna corta, convinta di poter conquistare solo mostrandosi provocante. La telecamera si sofferma sulle sue gambe a penzoloni e poi, man mano che scende, l’obiettivo le finisce lì dove nessuno ha mai messo le mani. L’immagine si sfoca, testimonianza di un mondo fisicamente presente ma ancora sconosciuto, in via di definizione. Claudia, come ogni altra donna, ha una vagina, ma il suo funzionamento è ancora un mistero per lei. Un mistero e un’avventura.
Un’avventura da condividere con Marco, la figura che le è stata assegnata per assisterla in questo viaggio. Marco è una sorta di animale mitologico, tutti credono che esista ma, nella realtà, non c’è spazio per lui. Perché è innegabile che esista un bisogno frustrato in Claudia, un bisogno soprattutto affettivo; il bisogno di una persona che l’ascolti, con cui potersi confrontare a cuore aperto su relazioni e sessualità e che necessariamente non può essere sua madre. Marco potrebbe diventare quella figura, ma secondo la legge non può; secondo la legge l’operatore all’emotività, affettività e sessualità non è una figura professionale riconoscibile, come se le necessità insite nella disabilità non avessero tutte ugualmente pari dignità. Marco, come professionista, semplicemente non esiste; come agli occhi di molti, non esiste il desiderio di Claudia.
Desiderio non solo sessuale. Voglia di avere un compagno a cui confidare i propri segreti e le proprie intimità; Claudia è come uno scrigno zeppo di tesori, ma nessun cavaliere viene a strapparlo dalle grinfie del drago, nessuno ha il coraggio di sfidare quel mostro di cinghie e metallo per conquistarla. Relegata in una stanza, come unica compagna sua madre che rifiuta quasi l’esistenza di una sessualità latente; tutto pur di non accettare che sua figlia possa rendersi autonoma, possa conquistare anche solo un simulacro di libertà. Prigioniera nella torre, dal balcone aspetta un Romeo che, forse, non arriverà mai.
Perché Marco non è il principe azzurro, al massimo uno gnomo o una fatina. Difficile da accettare, alle volte il confine è talmente labile da sparire del tutto. Quando il tempo di una vita intera trascorre nel buio di una solitudine così profonda da stendere un velo nero su tutto, anche la più piccola luce può abbagliare e attirare come una falena nella notte. L’innamoramento è una spada di Damocle che pende sulla testa della protagonista di Because Of My Body; un campo minato di sentimenti, qual è il passo giusto da fare?
Un saggio diceva, meglio aver amato e perso che non aver amato mai. Claudia sa di non dover perdere la testa per Marco, lui glielo ha detto chiaramente. Ma lei sente che più si avventura nel bosco delle emozioni, meno vuole venirne fuori. La realtà, nella sua cameretta, sa di stantio e di vecchio; non ce la fa a tornare indietro, a quando non si era mai veramente guardata, non aveva mai conosciuto neanche visivamente il proprio corpo. Marco si è trasformato prima in specchio delle brame e poi in mago dei colori, per darle lenti nuove sul mondo.
Con uno specchietto da trucco le ha mostrato il mistero della vita, l’origine dell’universo; ha illuminato il mistero del sesso degli angeli, puntando il faro della conoscenza lì dove nessuno ha ancora avuto il coraggio di guardare. E così Claudia muove i primi passi, come una piccola Elettra sorretta da un Agamennone che poi sparirà; portando con sé un complesso edipico inespresso, finora relegato nel corpo di una madre e nel tubo di un catetere. Conoscere sé stessi è un viatico obbligatorio per conoscere il mondo, Sun Tzu non avrebbe saputo fare di meglio; lo step successivo è mettere in discussione tutto: le autorità e le convenzioni, i limiti fisici e quelli mentali.
Impara a conoscere la posizione del clitoride, per avere consapevolezza del proprio posto in un mondo ostile, che vuole a tutti i costi tenerla ai margini. Disegna una mappa fatta di colori sul suo corpo nudo e su quello di Marco, per tracciare una strada verso il futuro; Because Of My Body non è più un’esclamazione di disperazione, ma di consapevolezza. Nel rosso si scioglie la sua sensualità, quel desiderio inappagato di unione e completamento di due corpi avvinghiati nel piacere; nel blu, invece, raggela nell’orrore di quelle gambe morte e deformi, di quella carne insensibile e indesiderabile. Ma ogni corpo, anche il più perfetto, è fatto di pura ed effimera imperfezione, da amare e accettare.
Uno specchietto da trucco, come binocolo per indagare gli infiniti spazi dell’io. Un giro in macchina, come tracciare un sentiero che attraversi paure e insicurezze. Una tavolozza di colori, per dipingere il futuro sul proprio corpo nudo. Un vaso di fiori, pieno di germogli pronti a sbocciare con calore e cura. Because of My Body è la storia del banale, dell’ovvio; è la storia di come tutto quello che diamo per scontato, per molti non lo è. Un’ode all’effimero, al piacere nella sua profonda caducità e imperfezione; un inno alla cura, intesa come benessere dell’altro e non semplice esercizio di auto-elevazione.
Because Of My Body è la storia di una ragazza alle prese col proprio corpo e la propria sessualità; è la storia di una figura che non esiste, l’OEAS, ma di cui tutti hanno estremo bisogno. Ma, soprattutto, Because Of My Body è la storia dell’elefante nella stanza della nostra società, sempre meno attenta ai bisogni degli ultimi; muti e invisibili, relegati in un angolo, a scontare la pena per un delitto non commesso, quello di essere nati con una disabilità. Respinti e giudicati come appendici inutili di un sistema incentrato sulla produttività, proprio per questa loro estraneità, gli imperfetti restano gli unici ancora capaci di sognare e desiderare.