Una volta saliti sul suo TARDIS per la prima volta, lasciarlo non è più possibile. Episodio dopo episodio, Doctor Who ti seduce ad accompagnarlo in lungo e in largo attraverso il Creato per dodici, lunghissime stagioni.
Entrare nella sua navicella e lasciarsi guidare è un importante atto di fedeltà: una volta accettato il fatto che la vita del Dottore è governata dall’assenza di legami stabili e dall’imprevedibilità allo stato puro, allora forse è anche possibile adattarsi a questa esistenza.
Nel frattempo, però, tutto ciò che dimora sul Pianeta Terra e in particolare a Londra è a forte rischio di Noia: questo apatico vissuto avvolge tutto ciò che riguarda la normalità dei flussi del tempo, la normalità delle distanze geografiche e la normale follia dei comportamenti umani.
Nonostante le sue apparenze, il Signore del Tempo che si fa chiamare Doctor Who di umano non ha nulla, o meglio asserisce di non aver nulla.
Col tempo, imparando a conoscerlo, infatti, risulta evidente che il suo legame particolare con il nostro pianeta non è così casuale e incomprensibile: molti sono i tratti che rendono la personalità del Dottore simile a quella di ciascuno di noi, nei nostri alti e bassi, nei nostri grigi, nei nostri dubbi esistenziali.
Nel tentativo di compiere un’apologia di ciò che il Dottore è e rappresenta, approfondirla è lo scopo di questo articolo.
L’infinito presente del Dottore

Doctor Who
L’alieno preferito del Regno Unito, concepito come un uomo tra i 35 e i 40 anni a cui è affidata la manutenzione dell’universo, fu ideato da Sydney Newman, ma nel corso della storia diverse evoluzioni furono apportate al personaggio.
Innanzitutto, il Signore del Tempo di Gallifrey è estremamente longevo, anche grazie alla sua abilità di rigenerarsi, che gli consente di cambiare aspetto quando il ciclo di vita di quella edizione del personaggio giunge a un punto di non ritorno. Inoltre, caratteristicamente lento è il suo fisiologico processo d’invecchiamento.
Per queste ragioni, e anche grazie alla capacità del prezioso TARDIS di attraversare l’Universo in lungo e in largo nello spazio e nel tempo, è possibile individuare il Dottore in punti dello spazio-tempo estremamente distanti tra loro; non a caso, i primi episodi dello show mostravano foto e testimonianze umane che ritraevano il surreale paradosso di questa presenza impossibile, che sembrava vivere gli eventi più storici in uno stato di apparente presente infinito.
Tralasciando le prime otto, storiche rigenerazioni del personaggio, è dal Nono Dottore che le trame che riguardano il pianeta Terra e gli Umani iniziano a farsi particolarmente interessanti. La conoscenza con Rose Tyler diventa il punto di partenza per una serie di vicende legate ad una corporazione dal nome suggestivo: alle spalle di Bad Wolf, il Dottore svela le meschine macchinazioni dei Dalek, i suoi acerrimi nemici sopravvissuti alla Guerra del Tempo.
Già soltanto queste premesse offrirebbero spazio a una serie di infinite riflessioni filosofiche sulla personalità, l’etica, l’eroismo e i legami tra fantascienza e realtà; tuttavia, essendo tanta la materia a disposizione, circoscrivere il discorso più specificamente su ciò che riguarda il Dottore direttamente è imperativo.
Egli è il tipico eccentrico, geniale e machiavellico antieroe contemporaneo; soprattutto dal Decimo in poi, interpretato da Tennant: l’imprevedibilità diventa il suo marchio di fabbrica.
Seguirlo è un piacere proprio perché paradossalmente più è imprevedibile, più Doctor Who ci conquista.
Le partner: lo specchio dei suoi limiti

Doctor Who – Amy Pond
Il solitario Dottore si rivela come un uomo incoerente sin dal primo momento in cui lo conosciamo: nonostante affermi di stare bene da solo, il modo in cui si affeziona alle partner che sceglie per i propri viaggi attraverso il cosmo è tangibile.
Da Rose a Martha, passando per Donna ed Amy Pond, si tratta sempre di ragazze in difficoltà ma intraprendenti, che trovano, in quella cabina della polizia più grande all’interno, un mezzo per raggiungere un riscatto sociale che Londra aveva in qualche modo impedito.
Emarginazione ed eccentricità diventano il binomio che gli spettatori e i fan imparano ad apprezzare sin da subito: quello che pare è che, tramite queste umane, troppo umane compagne di viaggio, il Dottore trovi in qualche misura una forma di umano rispecchiamento nonostante egli umano non sia.
Volontariamente o meno, se Doctor Who sceglie spesso e volentieri di aiutare la Terra a risolvere i propri conflitti spaziali piuttosto che andarsene in giro per lo spazio alla ricerca di Gallifrey, questo è anche dovuto all’empatico legame che egli stabilisce con queste persone, che di lui imparano a fidarsi ciecamente nonostante alcune delle sue soluzioni siano francamente folli.
Chiarire se si tratti di amore o amicizia è difficile in tutte le occasioni, ma quello che è osservabile è una determinata forma di attaccamento tra il Dottore e le sue partner, spesso complici di salvataggi paranormali e repentini.
Razionalizzare è una delle abilità principali del protagonista, che col suo cacciavite sonico tende ad analizzare tutto ciò che è disponibile al suo campo percettivo. Eppure, in certe occasioni questo alieno troppo umano sembra avere ben poco di razionale; capricci, investimenti oggettuali e rimpianti animano l’affettività di questo triste e solitario viaggiatore.
Nel TARDIS: Doctor Who e la proiezione

Doctor Who – TARDIS
Se da un lato estremamente concrete e rischiose sono le avventure che il Dottore e le sue compagne vivono, dall’altro spesso e volentieri metafisiche sono le vette che affronta nei suoi dialoghi: vuoi per rispondere ai bisogni dell’etica del diverso, vuoi per soddisfare esigenze trascendentali e religiose, a ogni modo in questa serie la presenza dell’intangibile è fortemente marcata.
Il TARDIS stesso presenta un’anima duplice: è una cabina materiale, una navicella abitata da uno spirito invisibile che gli consente di funzionare e garantisce al Dottore la sua dose di energie vitali.
Similmente, facendo un riferimento a un saggio che Sigmund Freud scrisse nel 1927 in relazione alla religione e alle sue contraddizioni (L’avvenire di un’illusione), potrebbe essere utile provare a dare una risposta psicologica alla domanda relativa all’esistenza di questo impossibile personaggio.
Come il singolo ha bisogno di trovare nel magico e nell’animistico delle risposte alle domande sull’origine e sul senso delle cose durante la sua infanzia, afferma Freud, allo stesso modo l’umanità tutta vive una condizione di nevrosi ossessiva rispetto all’esigenza di dotarsi di un’entità imposta dall’alto, scelta dal basso come sede di tutte quelle caratteristiche perfette che sembrano impossibili solo per l’Umano.
Dio è quindi, secondo il neurologo viennese, il risultato di una proiezione relativa a tutto ciò che di buono l’uomo ha da offrire, che per salvaguardarlo dai suoi difetti viene posto in una figura da lui creata e a lui superiore, in un inconscio movimento protettivo nei confronti di queste particolari qualità positive.
Seguendo il Dottore e ciò che rappresenta, allo stesso modo, è impossibile non rendersi conto del fatto che questo strano alieno è, proprio in quanto alieno, troppo perfetto per essere un umano; eppure, proprio per questo, paradossalmente, egli sembra condensare tutte quelle perfette qualità che rendono l’essere umano una specie così radicalmente preziosa: il coraggio, la determinazione, la fede, la speranza, l’altruismo, il sacrificio.
Servono diverse stagioni per apprezzarlo, e l’identificazione col suo modo di essere e comportarsi non è immediata; Doctor Who è un antieroe freudiano e nietzscheano, infine, e lo riconosciamo perché assume su di sé quelle proiezioni che proteggono l’uomo dal suo stesso male, e si configura quindi come un alieno umano, fin troppo umano.