Twin Peaks – Sulla Stanza Rossa

Gianluca Colella

Luglio 1, 2021

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L’idea che viene quando si pensa alla celebre Loggia Nera di Twin Peaks è quella del riflesso. Non importa quanto sia appropriata, ma intuitivamente è il concetto che dimostra probabilmente meglio quello che Lynch desiderava rappresentare con la storia di Twin Peaks, di Laura Palmer e di ciò che seguì alla sua tragica morte.

Il 1990 non sarà mai ricordato come un anno banale, nell’ambito degli studi di cinema e serie televisive: la convergenza tra David Lynch e Mark Frost fu una coincidenza felice che avrebbe dato vita a una delle serie TV più apprezzate e celebrate di sempre.

La tendenza inaugurata da Twin Peaks ha valore ancora oggi, poiché tante sono le produzioni che a essa si sono ispirate: dramma, fantascienza, poliziesco e thriller s’intrecciano in tutti gli episodi e anche la costruzione della trama richiede una fatica particolare per essere seguita.

La narrazione parte dalla morte di Laura Palmer, ma nel corso delle due stagioni questo evento diventa lo sfondo di svolte più sorprendenti, incomprensibili dal punto di vista umano perché strettamente intrecciate all’esistenza di entità metafisiche.

Sospesa nello spazio e nel tempo, al di fuori dalle abituali categorie del pensiero, la Loggia Nera rappresenta la variabile soprannaturale più importante di Twin Peaks.

Twin Peaks – Il problema dello spazio

Il luogo non-luogo più importante di Twin Peaks. Cosa rappresenta davvero la Stanza Rossa per i protagonisti della serie?

Twin Peaks – La Stanza Rossa

La prima distinzione importante in termini spaziali e rappresentativi riguarda la Stanza Rossa e la Loggia Nera: entrambe fanno parte di un mondo metafisico che influenza quello reale, ma la prima è una specifica anticamera della seconda.

Quando si pensa all’universo di Lynch, molteplici analisi vengono in mente per ogni scena di ogni film. Definire in modo univoco il significato di un ambiente, personaggio o incontro è impossibile proprio perché questa è l‘intenzione dell’artista.

Gli stessi personaggi che popolano l’ambiente metafisico presentato sono esempi simbolici del posto che abitano: quasi umani, antropomorfi e razionali per certi aspetti, profondamente assurdi e incomprensibili per altri.

Si tratta di una dissonanza voluta, cercata e realizzata a regola d’arte: Dale Cooper, Brennan e tutti gli altri protagonisti che lavorano per risolvere il mistero che circonda la morte di Laura Palmer, faticano anche perché difficile è riconoscere la provenienza del Male che l’ha colpita.

Sarebbe stato relativamente facile, infatti, individuare e isolare l’assassino di Laura Palmer fosse stato un uomo malvagio o impulsivo, poiché l’episodio avrebbe avuto un origine comprensibile.

Diverso, sia sul piano cognitivo che emotivo, è ammettere che quel Male da questo mondo non proviene, ma che a Twin Peaks schemi temporali e spaziali diversi operano, corrompendo il mondo reale.

Con le tende rosse, il pavimento discontinuo bianco e nero e l’ambiente sospeso, la Stanza Rossa si offre e si cela al tempo stesso, come spazio simbolico (ma non troppo) di un inconscio collettivo in grado di trovare la sua realizzazione nel mondo.

Sembra cercare compromessi non perché lo voglia, questo ambiente, ma perché la genialità di Lynch lo costringe a farlo.

Qui possono aver valore pensieri, azioni ed emozioni che al di fuori di quelle tende rosse non troverebbero significato: la Stanza Rossa è il teatro di un funzionamento preistorico della psiche umana.

Twin Peaks – Il tempo della mente

Il luogo non-luogo più importante di Twin Peaks. Cosa rappresenta davvero la Stanza Rossa per i protagonisti della serie?

Twin Peaks – BOB e l’alter-ego di Cooper

L’episodio finale della seconda stagione mostra in maniera magistrale quello che la Stanza Rossa e più in generale la Loggia Nera rappresentano per i protagonisti: un inferno, non troppo lontano dal mondo reale, in cui l’improvviso e l’imprevedibile contributo dell’inconscio all’azione umana trova un ruolo.

Tralasciando le duplicità simboliche della serie e il loro valore volutamente ambiguo per lo spettatore, riavvolgendo le fila di una narrazione vecchia di trenta anni, ma comunque immortale, si scopre che anche nel fattore temporale si annidano tanti significati assoluti e al tempo stesso relativi.

Il meta-fisico di Twin Peaks è velato, sembra quasi fisico e basta. Difficilmente opere cinematografiche e televisive hanno fatto convergere normale e paranormale con questa qualità sia prima che dopo Lynch: vedendo l’episodio finale della seconda stagione, diretto dallo stesso Lynch in persona, questa affermazione risulta maggiormente comprensibile.

Sembra tutto normale, eppure non lo è per nulla: questa è l’unica regola che governa la Loggia Nera.

Governati da un destino più grande di loro (ma da loro generato), i protagonisti della storia si affrettano a incontrare questo spazio e i suoi abitanti senza comprenderlo davvero: il risultato è un paradosso con cui l’umano deve fin troppo spesso fare i conti.

In questa dualità implicitamente ed esplicitamente riconosciuta, Dale Cooper e gli altri naufragano provando a mantenere il controllo del timone rappresentato dalla ragione.

Il risultato è bellissimo, nel senso artistico del termine: di poco o nulla ci si può lamentare pensando a Twin Peaks, perché i corsi e ricorsi narrativi e simbolici si allineano in uno schema misterioso eppure appariscente.

Vedere e rivedere Twin Peaks diventa l’unico modo effettivo per realizzare che tutto quello che c’è dentro può essere, ma potrebbe anche non esserlo, è ragionevole e al tempo stesso folle, umano e inumano.

Una perfetta sintonia filosofica, esistenziale e tematica emerge dalla serie di Lynch, che creò un universo simbolico di grande impatto.

È opinione di chi scrive, in conclusione, che l’impatto di quegli scenari sia stato così grande proprio perché l’immaginario, a Twin Peaks, trovava il modo di farsi reale senza obbligare lo spettatore a fare uno sforzo importante per riconoscerlo.

Con naturalezza e in maniera intangibile, i necessari simboli estetici, valoriali e narrativi strutturano significati immensi, profondi e al tempo stesso superficiali; la loro conoscenza non fa altro che arricchire lo spettatore dubbioso, quello che apprezza le ambiguità e le ambivalenze perché è consapevole del fatto che sono frutto degli stessi dualismi che lo abitano.

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