Il fantasma del palcoscenico – De Palma e i demoni del successo
Brian De Palma è il regista di cult immensi che, in un modo o nell’altro, chiunque, cinefilo o meno, ha anche solo sentito nominare.
Esiste però una parte della sua filmografia, quella antecedente agli anni ottanta, di cui solamente in pochi sono a conoscenza. Una sezione artistica costellata dalla sperimentazione più pura e dal coraggio di osare, segnale dell’indole senza compromessi che caratterizzerà anche la carriera futura del regista statunitense.
Tra questi film uno dei più interessanti è sicuramente Il fantasma del palcoscenico. Si tratta di un’opera estremamente importante sotto diversi punti di vista, che manifesta tutti i sintomi del contesto storico e culturale in cui è stata concepita (anno 1974), e che si lancia in feroci speculazioni sul mondo dello spettacolo e che sono ancora oggi tristemente attuali.
Faust, Il fantasma dell’Opera e Il ritratto di Dorian Gray
Winslow è un aspirante cantautore di grande talento ed è riuscito a elaborare una complessa opera pop ispirandosi alla figura del Faust di Goethe. Questa produzione così articolata genera un morboso interesse da parte di Swan (interpretato da Paul Williams), il più grande produttore discografico di sempre, che non esita a rubare l’idea del giovane, spacciandola per sua.
Winslow, dopo una serie di sfrenate peripezie, rimane terribilmente sfigurato in volto e le sue corde vocali sono irrimediabilmente distrutte. Accecato dalla rabbia e dal dolore fisico, la discesa nella follia è inevitabile e l’unica pulsione rimasta ad abitare l’anima affranta del giovane è l’omicidio. Una pulsione a cui affianca solamente la speranza di veder finalmente collassare tutto il mondo, quello dello spettacolo in particolare, colpevole di crimini forse anche ben peggiori rispetto all’assassinio.
Il fantasma del palcoscenico è una delle sintesi in chiave moderna più affascinanti di opere quali Il fantasma dell’Opera, Il ritratto di Dorian Gray e lo stesso Faust a cui si fa esplicito riferimento.
I temi sviscerati sono gli stessi che hanno determinato il successo di opere così importanti: la vendetta tragica di un uomo destinato alla dannazione, l’ossessione per la fama, la ricerca della bellezza e la preservazione di essa, anche al costo di vendere l’anima al diavolo.
Essendo un film che viviseziona in maniera così particolare il mondo dello spettacolo, un ambiente che notoriamente ha il compito di ammaliare e ipnotizzare il pubblico con le sue perturbanti immagini, Brian De Palma non si esime affatto dal riflettere anche questa caratteristica nell’aspetto visivo della sua opera.
I colori ne Il fantasma del palcoscenico sono sgargianti, le inquadrature spesso distorte. Le composizioni delle immagini coraggiose e insolite, e lo smarrimento, dettato da tutto ciò, viene amplificato anche attraverso il prorompente uso dello split screen.
Anche la recitazione è esagerata, le azioni ai limiti dell’inverosimile e diversi passaggi sono ben oltre il cartoonesco. Tutto atto a evidenziare l’assurdità di un universo così religiosamente celebrato e che si autocelebra, proprio in virtù di ciò, in un carnevale degli orrori che inghiotte l’anima di chiunque osi entrarvi.
L’aura tragica e la morte del sentimento
Cosa rimane dei sentimenti? È possibile essere felici in un contesto infernale come questo? Il film non si esime certo dal rispondere. Winslow è infatti perdutamente innamorato di Phoenix (la giovanissima Jessica Harper), una delle cantanti che si presenta alle audizioni organizzate da Swan.
Dopo l’incidente che lo ha costretto a nascondersi, Winslow decide di cedere ai malvagi ricatti di Swan proprio per amore di lei. L’accordo stipulato con il malefico produttore musicale prevede infatti che Winslow continui a scrivere la sua opera pop da utilizzare all’apertura del Paradise, il nuovo teatro di Swan, a patto però che sia Phoenix a cantare.
Questo compromesso, dalla natura evidentemente fragile e malsana, è chiaramente destinato a durare poco. Perché le promesse in questo mondo luccicante, ai tempi come oggi, non valgono nulla. Phoenix stessa, in un primo momento così pura e distante dalla malata ipocrisia dell’ambiente, diventa succube di una disperata e morbosa ricerca del successo. La fama ottenuta le obnubila la mente e l’anima. La sua vista si ottenebra. La sua capacità di discernere il bene dal male si annulla inesorabilmente. Per questi motivi, Phoenix si oscura senza conoscere la verità. Senza vedere in quelle parole che canta l’amore di chi le ha scritte pensando a lei.
Dunque, non c’è alcuna speranza per i sentimenti in questo mondo che, paradossalmente, del controllo dei sentimenti ne ha fatto un’arte.
Ma è proprio l’assenza di una qualsivoglia speranza di felicità a conferire l’aura tragica definitiva a Il fantasma del palcoscenico.
Aura tragica che è magistralmente espressa nella sequenza in cui Winslow, nel pieno del suo struggimento e con la voce devastata, canta le gesta del suo Faust, a cui oramai è sempre più connesso. Swan, narcisista e manipolatore, modifica nel suo studio le tonalità del cantautore maledetto e gli “dona” la sua voce. In questo momento di sovrapposizione, i due opposti si rivelano accomunati da un destino comune. Da un patto firmato col sangue, da un accordo mefistofelico che non ammette altra conclusione che non sia la rovina.
L’eredità de Il fantasma del palcoscenico
Ai tempi dell’uscita, Il fantasma del palcoscenico venne praticamente ignorato, complice anche il fatto di essere uscito quasi in contemporanea con il ben più celebre The Rocky Horror Picture Show.
Tuttavia, nel corso dei decenni, l’opera di De Palma è riuscita a districarsi nelle torbide acque del tempo che passa e a raggiungere anche gli spettatori che in un primo momento erano passati oltre.
Grazie alla sua estetica così potente, e ai temi trattati ancora oggi così attuali, Il fantasma del palcoscenico è ora un cult a tutti gli effetti; un’opera che ha ispirato e continua a ispirare creativi del cinema e non solo.
Per fare un esempio, i Daft Punk hanno dichiarato che la visione del film fu una delle esperienze cinematografiche per loro più significative. E, a pensarci bene, è indubbio che quest’opera sia stata una grande fonte da cui attingere per il duo francese. Perfino la loro musica presenta delle influenze, e non è un caso che Touch, dall’album Random Access Memories, sia stato scritto, prodotto ed eseguito da Paul Williams, ovvero colui che interpreta Swan nel film.
Sempre ragionando sull’iconografia, anche Kentarō Miura ha ammesso di essersi ispirato al tormentato main character de Il fantasma del palcoscenico [per un approfondimento su Berserk cliccare qui]. E questi sono solo alcuni dei più famosi esempi che testimoniano l’incredibile importanza di questo film.