Baby Driver – Uno spettacolo in stile Wright
Baby (protagonista di Baby Driver) è un ragazzo giovane, che si guadagna da vivere facendo da autista nelle rapine. Il suo talento naturale lo rende il migliore nelle fughe in auto, nonostante abbia un fastidioso problema all’udito, causato da un incidente quando era piccolo. Ciò rende il tutto molto più adrenalinico, perché è costretto a indossare perennemente un paio di cuffiette, e la musica che esce dal suo iPod scandisce ritmicamente ogni minuto della sua vita.
Quando si innamora di una bellissima ragazza, cameriera in un diner, cerca in ogni modo di ricominciare la sua vita all’insegna della legalità, anche se il compito si rivelerà molto difficoltoso.
Il geniale enfant prodige britannico alla regia è Edgar Wright. Per chi non lo conoscesse, è il regista della divertentissima Trilogia del Cornetto, così chiamata perché in ogni suo film appare un cornetto caratteristico della pellicola: in L’alba dei morti dementi il cornetto è al sapore di fragola, correlato agli elementi sanguinosi e cruenti del film; in Hot Fuzz il cornetto è blu, per indicare l’elemento poliziesco; in La fine del mondo il cornetto rappresentativo è alla menta con granella di cioccolato, per indicare l’elemento fantascientifico.
Ultimamente aveva perso le redini della regia di Ant-Man per dissidi con la Marvel, poco inclini a sostenere le sue idee indipendentiste per il plot. Quindi, questo suo nuovo film voleva essere la sua vendetta verso gli Hollywood Studios, sfidandoli sul loro campo di casa: l’entertainment di un road movie.

Musica, azione e interpretazioni magistrali
Wright si è rifatto a Driver – L’imprendibile (film del 1978), come già aveva fatto Nicolas Winding Refn col suo acclamatissimo Drive. Molti elementi accomunano questi film: un protagonista che parla molto poco, ma che ha un talento naturale per le corse in auto, che mostra attraverso virtuosismi spettacolari, e dei personaggi apparentemente senza nome, tranne la ragazza che rapisce il cuore del protagonista. All’opposto di Drive, caratterizzato da colori pacati e tempi dilatati, Baby Driver è un tripudio di musica e azione, uniti a un montaggio adrenalinico. Sulle note di una colonna sonora da urlo, quasi non si sentono i colpi di pistola e le sgommate delle auto in fuga. Il ritmo degli inseguimenti, delle sparatorie, ma anche dei balli del protagonista, sullo scorrere di una canzone diversa ogni volta, incolla lo spettatore alla poltrona. È quasi un lungo musical, dove suonano anche i proiettili e le sirene della Polizia.
I dialoghi, magistralmente scritti, disegnano dei personaggi indimenticabili, in primis il Pazzo di Jaime Foxx. Anche la coppia formata da Jon Hamm e Eiza Gonzales buca lo schermo, per non parlare del machiavellico Kevin Spacey, che interpreta la mente dietro ogni rapina. Il protagonista, Ansel Elgort, è molto bravo e suscita empatia con lo spettatore. Per non parlare della protagonista femminile, Lily James, che interpreta molto bene la sua parte. Da non dimenticare sono i personaggi secondari, i quali hanno tutti un qualcosa che li rende originali e caratteristici, roba di cui Tarantino andrebbe fiero.
Un inizio spettacolare e una fine sottotono
Ma non è tutto oro quello che luccica, perché alla lunga Wright si lascia prendere un po’ troppo la mano. Nella prima parte del film, risulta tutto molto spettacolare e non ci si può distrarre un attimo col rischio di perdersi qualcosa. Ma nella seconda parte, lo spettatore viene portato allo sfinimento, e la scrittura non decolla in un finale perfetto. Se si pensa, poi, che viene dallo stesso autore che ha scritto alcuni dei finali più significativi degli ultimi tempi, la cosa fa storcere un po’ il naso.




