The Truman Show – Tra fantasia e sociologia

Andrea Vailati

Giugno 12, 2017

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The Truman Show.

Scritto da Matteo Viesti

«Buongiorno….e casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!».

(The Truman Show)

La genialità di Jim Carrey e la critica feroce nei confronti degli aspetti quotidiani della vita, farciscono la geniale intuizione della sceneggiatura, regalandoci un film che ha l’odore di capolavoro.

Immaginate un quadrato, preciso allo sfinimento, elegante, perfetto. Immaginate la città in cui vive Truman, così metodica, ripetitiva, sempre e comunque sicura. Sebbene questo elemento, la totale finzione della sua quotidianità, sia di grande fascino e da sola basterebbe a donare allo spettatore un’impressionante suggestione di malvagità e perversione, vi invito a focalizzare la prima e perseverante critica alla società proposta sin da subito nel film: il fatto che milioni di spettatori osservino, ammaliati, una perfezione utopica e fantastica, con una voglia che trascende il loro presente.

I pochi, ma significativi spettatori del Truman Show che ci vengono proposti, sono del tutto ipnotizzati dallo schermo, dalla pubblicità continua che viene proposta, dal gioco che impongono a Truman. Il luogo comune in cui Truman vive è la parafrasi della vita secondo un modello predefinito di consumismo e omologazione e, agli occhi del pubblico, è come la luce per una falena: irresistibile.

Ma facciamo un passo indietro.

La prima domanda che uno spettatore si pone è la seguente: «Com’è possibile che sia permessa una cosa del genere, com’è possibile che tutto questo sia legale?».

Come mai, aggiungerei, non viene mai giustificato questo procedimento, questa follia? Perché nessuno, nemmeno uno spettatore, si ribella, disgustato, di fronte a questo sfruttamento della persona umana?

Perché questa è la più grande critica del film alla società contemporanea, ai media, alla comunicazione, alla convenzione sociale che imbavaglia le nostre bocche, assopisce i nostri cervelli e ci fa apparire normale quello che normale non è.

The Truman Show
The Truman Show

La metafora di Christof, sempre sicuro, calmo, perfettamente logico e misurato, è la metafora della società controllata dai potenti, da coloro che per altri stabiliscono il giusto, lo sbagliato, il bene e il male. Truman è in una gabbia? Allo spettatore non importa, perché si diverte e passa il suo tempo davanti alla televisione, ha qualcosa da fare e, soprattutto, è meno solo.

La continua ed estrema voglia da parte del regista nel mostrare elementi pubblicitari, mascherati alla meno peggio nella trama della vita di Truman, può sembrarci una trovata comica ed estemporanea. Lo è, nella nostra quotidianità? Siamo davvero così liberi di scegliere, per nulla influenzati dal bombardamento mediatico, siamo davvero più liberi di Truman?

La pressione che i parenti pongono su Truman è decisa da Christof e gli attori la eseguono. È così differente la pressione sociale che abbiamo intorno? Non siamo continuamente influenzati da giudizi, consigli, imposizioni, pesi morali personali o collettivi? E queste influenze, che ci spingono a fare o non fare qualcosa, da dove derivano?

The Truman Show
The Truman Show

La leggerezza di Jim Carrey, senza la quale realizzare questa pellicola sarebbe rimasta solo un’idea, riesce a farci svegliare dalla condizione di accettazione del film, della sua trama, della sua avvolgente convenzione.

Questo film geniale ci porta a delle domande. Saremmo in grado di reagire come Truman? Saremmo capaci di uscire dalla bolla, ancora prima di renderci conto che essa esista?

Molto affascinante si rivela, inoltre, il tema della falsità in The Truman Show

Allontanandosi per un momento dalla pellicola, osservando la modalità con la quale ci fa arrivare il messaggio, la mente vola veloce ad una costante del pensiero umano: il controllo.

Il controllo ci spinge a costruire falsità. Accettare una società, una finzione, quella che Truman infine sconfigge, è vista come una sconfitta dai maggiori pensatori della storia.

Da Orwell a Pirandello, la falsità è il tema centrale.

Il falso, nella sua quotidianità, è frequente e inquietante, paralizza l’uomo in una condizione di costante regressione, lo invita con successo a non avanzare. Il falso è la critica che si muove al teatro, alla religione, all’ideologia, alle relazioni, alle frasi, ai pensieri, alla politica, all’altrui pensiero. È una difesa, un attacco, un modo per interessarsi o disinteressarsi a qualcosa. È motivo di accettazione, di rassegnazione, ma al contempo, senza ipocrisia, un motivo di felicità: noi tutti accettiamo quella realtà che viene noi proposta, questo infinito rebus di cose che non sempre sono come sembrano. Al contempo ognuno di noi, persino i più accaniti e ferventi rivoluzionari, accettano dei compromessi per vivere, per non pensare, per sorridere in un mondo che non te lo permetterebbe mai altrimenti.

The Truman Show
The Truman Show

La finzione di Truman, la nostra finzione, sono la stessa cosa. Lui, il suo personaggio, la sconfigge, la smaschera, la denuda. Compie un’impresa che nessuno sarebbe in grado di compiere, un vero miracolo moderno. Truman è utopico e distopico, al di fuori dell’umana concezione, per questo è così affascinante. Noi, ballerini del valzer della finzione, sorridiamo senza comprendere quando lo vediamo salire quelle scale, immaginiamo che quello sia un lieto fine: in realtà, quello è un momento che nessuno vivrà mai.

In conclusione, tranquillizziamoci col fatto che il buon vecchio Truman, se non l’avesse mai scoperto, sarebbe lo stesso, nella sua umana accezione, felice.

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  • Andrea Vailati

    "Un giorno troverò le parole, e saranno semplici." J. Kerouac

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