
Un clone, un sosia, un gemello, il doppio, tutto in un’unica parola: Doppelgänger. Il tema del doppio non è una novità nel cinema, negli ultimi trent’anni ricordiamo ad esempio Cronenberg, Lynch e De Palma, i quali hanno tutti espresso un loro punto di vista, una loro interpretazione del doppio. Il concetto di alterità di Sigmund Freud, strettamente connesso allo sviluppo del termine Doppelgänger, è riscontrabile anche nel cinema per Otto Rank, per lui ritenuto un mezzo di espressione del doppio. David Cronenberg affronta il rapporto del doppio e dello schermo /corpo dello spettatore attraverso la mutazione corporea in molti dei suoi film. De Palma tratta il tema del doppio, ma lo fa seguendo tre modelli: il doppio come sosia, il doppio come un io nascosto e inaccettato, il doppio come ricerca e scoperta inquietante. Lynch, invece, analizza il doppio come la mescolanza tra il mondo reale e il mondo onirico.
In Nolan diventa il doppio come strumento di prestigio, infatti i due protagonisti di The Prestige utilizzeranno il proprio doppio per avere successo nella meschina realtà dei prestigiatori. Ciò che più attrae di questi doppi e il mistero dietro la loro identità, chi cade nella vasca piena d’acqua? E chi prende in custodia la bambina?
Il doppio interscambiabile

Alfred Borden, interpretato da Christian Bale, ha un fratello gemello con cui divide e condivide una sola identità, mezza vita per fratello. Il sacrifico fatto da entrambi porta loro grande successo negli affari, non si può dire lo stesso per il resto della vita. Alfred Borden perde il significato stesso della vita, non può avere una vera famiglia perché un uomo amerà una donna e il suo doppio un’altra, non avrà mai un momento di vera felicità tutto per sé in quanto una volta ne godrà un uomo e il giorno dopo il suo doppio, un giorno è l’uomo che sparisce dietro una porta, un giorno “l’uomo del prestigio”, la loro vita è sacrificio, ma così facendo sacrificano ognuno la propria vita e quella delle persone che amano.
Ecco perché l’abilità di Borden è l’interscambiabilità, ma allo spettatore interessa solo “l’uomo del prestigio”, ed è qui il vero trucco: Nolan non ci dice chi dei due fratelli prende in custodia la bambina, sarà il vero padre? O il fratello? Il prestigio del regista sta nel non dirci chi è l’uomo che stiamo aspettando, dobbiamo capirlo da soli. Chi è Alfred Borden?
Borden: “Io ti amo.”
Sarah: “Oggi no!”
Il doppio come moltiplicazione

Robert Angier, interpretato da Hugh Jackman, è un uomo elegante, di nobili origini, a cui sembra non mancare nulla e vuole essere il miglior prestigiatore di tutta Londra. L’inizio della rovina di Robert è proprio la collaborazione con Alfred Borden, che lo porta al declino; pur di battere il suo avversario è disposto a tutto, si affida alla scienza e si fa costruire una macchina del teletrasporto che però si rivela essere una macchina duplicatrice. È qui che Robert perde se stesso ogni volta che entra in quella macchina, non sa se lui sarà quello che cadrà, affogherà e morirà in una vasca, come ha fatto la moglie, in preda alla paura, sapendo che nessuno verrà a salvarlo e mentre scalcia e cerca di battere sul vetro l’aria pian piano si esaurisce fino ad ucciderlo, o il clone che apparirà a qualche metro di distanza e avrà gli applausi tanto bramati.
Anche qui però nella mente dello spettatore nasce un dubbio attanagliante: quello che vediamo è Robert Angier? O è solo un clone? Ci sono tre possibili soluzioni a questo dilemma che derivano da una frase in particolare “ci voleva coraggio a entrare in quella macchina ogni sera, senza sapere se sarei stato l’uomo nella vasca… o l’uomo del prestigio. Vuoi vedere cosa mi è costato? Non… non hai capito dove siamo, vero? Guarda, guarda…”. Le soluzioni a questo punto sono: “l’uomo del prestigio” è il Robert originale, è un clone o, la più probabile, è casuale.

Il paradosso del Doppio
Nolan mette in luce i sentimenti derivati dalla nascita di un Doppelgänger, forse è per questo che The Prestige ci colpisce tanto, non è solo un film di prestigiatori ma un film basato sui sentimenti, sull’esistenza, su delle scelte e sul sacrificio. È un film sull’importanza del vivere, vissuto nella sua totalità, entrambi i protagonisti a modo loro rinunciano a vivere appieno. Borden vive una vita fatta di istanti persi, di emozioni non provate, di parole non dette e di bugie; un’esistenza che si basa su una contrapposizione derivante dalla duplicità, in quanto esperita da due persone ma allo stesso tempo frazionata in due.
Nel finale Borden con un solo “Abracadabra” però riesce a liberarsi dalla condanna di una vita frammentata, di un’identità condivisa da due persone, Borden trova la sua assoluzione, finalmente prende possesso del suo essere in quanto uomo e di un’unica identità. Angier, invece, per la sua ossessione perde la possibilità di ricostruirsi una vita – non per colpa del suo doppio come il suo antagonista, ma per la perdita di se stesso – fatta d’amore, una famiglia, ricchezza morale (persa rubando la figlia al suo amico/nemico), ricchezza economica dovuta alle sue nobili origini e, infine, la vita stessa.

Angier fallisce, non importa quante volte si sia clonato, nessuno dei suoi cloni è riuscito a rendersi conto che per quante volte rincominci tutto da capo il problema di fondo era Angier stesso, il suo perdersi nell’oscurità dell’ossessione guidata dalla vendetta, l’aggravante è che lui ha fallito tante volte quanti sono i suoi cloni. Anche lui trova la sua assoluzione, ma nel momento sbagliato, solo avendo il suo antagonista davanti e dopo aver scoperto il trucco tanto ben nascosto da Borden, si rende conto di ciò che ha perso, o forse lo ha sempre saputo ma reso cieco dal suo obiettivo ha ignorato il lume della ragione che dovrebbe muovere le azioni di tutti gli uomini.
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