The Prestige – Il manifesto della poetica nolaniana

Tommaso Paris

Giugno 18, 2018

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The Prestige – Il manifesto della poetica nolaniana

«Ogni numero di magia è composto da tre parti o atti. La prima parte è chiamata “la promessa”. L’illusionista vi mostra qualcosa di ordinario: un mazzo di carte, un uccellino o un uomo. Vi mostra questo oggetto. Magari vi chiede di ispezionarlo, di controllare che sia davvero reale… sì, inalterato, normale. Ma ovviamente è probabile che non lo sia. Il secondo atto è chiamato “la svolta”. L’illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario. Ora voi state cercando il segreto ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati. Ma ancora non applaudite. Perché far sparire qualcosa non è sufficiente; bisogna anche farla riapparire. Ecco perché ogni numero di magia ha un terzo atto, la parte più ardua, la parte che chiamiamo “il prestigio“».

The Prestige

Il cinema di Christopher Nolan è essenzialmente racchiuso in queste poche parole. Parole, che però, sono permeate da una profondità disarmante se interpretate attraverso ciò che quest’arte rappresenta per il nostro regista. Perché quest’arte, che è il connubio di tutto ciò che è arte, è il luogo dove qualunque cosa può accadere: l’impossibile si trasforma in possibile, musica e immagine iniziano un’incessante danza che genera un mondo eterno nel quale lo spettatore può, e deve, immergersi profondamente.

Parole estrapolate dall’opera espressivamente più matura di Nolan, che più lo rappresenta. In questa dichiara ciò che per lui è la manifestazione di sé più importante, il cinema appunto. Questo film è da considerarsi il manifesto della poetica nolaniana: qui il regista si svela e mostra al mondo, ma anche a se stesso, cosa vuol dire per lui fare cinema.

Ecco a voi The Prestige.

In tutta la filmografia nolaniana, l’autore racconta di personaggi che cercano inesorabilmente una verità, che risolvono enigmi da loro stessi ideati, spesso senza riuscirvi o senza volerlo davvero, bramando qualcosa senza davvero sapere cosa.

Il regista riesce a mescolare la realtà immaginaria del suo racconto esperita dal pubblico, con la tangibile complessità interiore dei protagonisti, esprimendo un’autenticità emotiva straordinaria. Lo spettatore si trova costretto a immedesimarsi con i personaggi. Diventiamo pubblico e protagonista del film. Non si tratta di mera empatia. Non c’è uno sterile collegamento con la vicenda della storia. Qui si sta andando decisamente oltre.

Guardando la pellicola non ci rispecchiamo semplicemente nel volto dei soggetti, ma la viviamo diventando veri e propri protagonisti, non tanto nella trama, ma nell’esperienza della relazione tra il film e il pubblico. È come se sentissimo la voce di Christopher Nolan, rivolgendosi a noi e noi soltanto, sussurrare: «Osserva attentamente».  

The Prestige
Alfred Borden e Robert Angier in “The Prestige”

Da queste profonde premesse nasce la storia di The Prestige, che prende luogo e tempo nella Londra vittoriana di fine Ottocento, proprio nel momento della nascita della settima arte. Infatti cinema e magia sono necessariamente fratelli gemelli.

Il racconto si sviluppa sull’incessante lotta tra due amici nemici illusionisti, Angier (Hugh Jackman) e Borden (Christian Bale), caratterizzata da inganni, trucchi ed enigmi, che li porterà a una rivalità logorante. Lo scontro va al di là del semplice duello sul piano personale, perché non sono soltanto due prestigiatori in guerra tra loro, ma il simbolo di due idee molto diverse di spettacolo. Entrambi accecati dall’ossessione di essere i migliori, cercheranno di conquistare il mondo, finendo inevitabilmente per perdere se stessi.

Il regista intreccia i fili di un’intricata vicenda, sconnessa e non lineare, con la perpetua finalità di invitare lo spettatore a guardare da una parte, così da nascondere la soluzione da un’altra, rendendolo incapace di esser certo di chi fidarsi. Eppure, Nolan, occultando la verità in bella vista e regalando tutti gli indizi necessari, lascia fatalmente immersi nello stupore fino all’ultimo fotogramma.

The Prestige
Hugh Jackman in “The Prestige”

Chi sono oggi i migliori illusionisti se non i registi? Sono in grado di creare storie e trasportare lo spettatore in un nuovo e affascinante mondo. Proprio come gli illusionisti, i registi decidono quali informazioni rivelare, cosa dire al pubblico e cosa no, ingannandolo, creando labirinti insolubili ma ammalianti. Nolan, come Angier e Borden, ci dà la possibilità di evadere da qualcosa di molto più opprimente di un labirinto. Con la sua arte ci permette di evadere dalla nostra vita ordinaria e quotidiana; ci conduce verso il fantastico, verso l’impossibile.

Questo è il miracolo, anzi il prestigio che riesce a compiere la magia, che riesce a compiere il cinema.

Ce lo dirà Borden riferendosi a un prestigiatore orientale:

Borden: «Quello è il suo trucco. È questa la sua esibizione. Ecco perché nessuno capisce il suo metodo. Totale devozione alla sua arte. Assoluta abnegazione. Sai una cosa? È l’unico modo per fuggire da tutto questo, capisci?».

L’autore così ci mostra come il vero artista sia colui che ha la forza di sacrificare se stesso per la propria arte, per il proprio progetto di essere. È un’assoluta abnegazione. Essere artista è proprio questo, riuscire a evadere, a ingannare la realtà cercando una cura alla futilità dell’esistenza.

Ecco qual è la missione del cinema, permetterti di sfuggire dal tuo mondo per due ore. In realtà il vero cinema è quello che è in grado di rendere reali le nostre più recondite fantasie, quello che non termina nei rigidi tempi della durata della pellicola, ma quello che diventa parte di te, che non puoi abbandonare, che diventa il tuo modo di realizzare l’impossibile.

Angier: «Il pubblico conosce la verità. Il mondo è semplice, miserabile, solido, del tutto reale. Ma se riuscivi a ingannarli anche per un secondo, allora potevi sorprenderli. E allora riuscivi a vedere qualcosa di molto speciale. Davvero non lo sai? Era quel… quello sguardo sui loro volti».

Il significato metacinematografico dei suoi film, il senso dei suoi finali: in The Prestige Nolan ci mostra tutta la sua poetica, tutto il suo amore per il cinema.
Christian Bale in “The Prestige”

[MOMENTO SPOILER]

Solo nel finale scopriremo come Angier e Borden non erano forse così diversi, scopriremo la fatica e i sacrifici che entrambi hanno tenuto nascosti. Borden ha un fratello gemello, mascherato sotto gli occhi di tutti nella parte del compagno Fallon. I due si spartiranno un’unica vita, due persone per un’unica esistenza.

Un inguaribile segreto che però permise di compiere il trucco migliore che Londra avesse mai visto. La loro vita fu un sacrificio continuo, perché divisa da due uomini, una vita scissa in due poli mai pienamente congiungibili, incapace di amare e vivere autenticamente. Assoluta abnegazione. Ecco il vero sacrificio per un buon numero. L’esistenza stessa di Borden è la vera magia.

Simile sacrificio fu per Angier che rinunciò alla sua vita per vendicarsi del rivale, perse tutti e tutto, si attrezzò di macchinari in cui la scienza si confondeva con la magia, e a ogni spettacolo sacrificava se stesso per la riuscita di un buon numero e per incastrare il nemico. Assoluta abnegazione.

[FINE MOMENTO SPOILER]

«Il sacrificio è il prezzo per un buon numero». Per fare vero cinema è necessario il sacrificio di Borden, le sofferenze e rinunce di Angier, sporcarsi le mani e sognare in grande, con un’unica finalità: ingannare, sorprendere e meravigliare il pubblico, anche per un solo istante. Un pubblico che va trattato attivamente, non come mero spettatore, deve essere fatto sobbalzare sulla sedia, stupito durante titoli di coda, reso insonne perché ancora troppo immerso in un mondo che per poco è stato intimamente suo.

Alla fine, tutto si risolve, o così sembra. Nolan ci rivela il segreto. Ogni cosa trova il suo posto e acquisisce senso nella mente dello spettatore. Tutto si chiude, come un cerchio magico, naturalmente.

Scopriremo come la vera magia non è nella trama del film. Borden e Angier si riveleranno solo due grandi uomini di spettacolo; le loro arti rimarranno trucchi con una spiegazione che non potrà mai essere all’altezza del mistero, dove la scienza spiega la magia. La magia però non scompare, semplicemente si sposta.

In The Prestige la vera magia si manifesterà nella relazione attiva che lo spettatore ha con l’opera d’arte, che non si conclude con l’ultima scena, ma che va avanti insieme a lui, per sempre.

Il significato metacinematografico dei suoi film, il senso dei suoi finali: in The Prestige Nolan ci mostra tutta la sua poetica, tutto il suo amore per il cinema.

Il film è il vero numero di magia, e lo spettatore è colui che ha appena assistito come autentico destinatario. Nolan diventa così il più grande illusionista e prestigiatore del cinema moderno.

Ringraziamo quindi non il cinema che ci intrattiene, ma il cinema che ci sorprende, ci meraviglia, ci esalta, ci permette di sognare, di realizzare l’impossibile. Ecco il prestigio. Alla fine questa particolare forma d’arte ci è essenziale per evadere, ma anche per vivere in modo più autentico. Alla fine, noi vogliamo essere ingannati.

«Ogni numero di magia è composto da tre parti o atti. La prima parte è chiamata “la promessa”. L’illusionista vi mostra qualcosa di ordinario. Il secondo atto è chiamato “la svolta”. L’illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario. Ma ancora non applaudite. Perché far sparire qualcosa non è sufficiente; bisogna anche farla riapparire. Ora voi state cercando il segreto ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati».

E allora… Abracadabra.

Leggi anche: Nolan e il Metacinema – Che significato hanno i finali per lo spettatore?

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