Rosso. Il rosso è il colore dell’amore. Della carta dei cioccolatini, delle rose regalate per le ricorrenze, delle guance sfiorate da parole dolci e inaspettate. Ma è anche il colore della delusione. Dei tagli nella pelle e sul cuore, per un tradimento inaspettato; degli occhi feriti di lacrime e rosso sangue per un’emorragia di sentimento. Più di tutto, la passione è rossa e pulsante. Rossa come i sospiri smorzati tra le lenzuola; come i sessi appagati e stanchi, umidi di piacere. Legami rossi, che lasciano segni sulla pelle e squarciano visceri, che rendono bianchi di paura o verdi di disgusto, che trascinano vite nella notte dell’anima; ma che valgono una puntata alla roulette per giocarsi tutto sul 9 rosso. Un rosso Almodovar.
Ricky della vita sa ben poco, sempre sbattuto da un istituto all’altro. È fiamma che arde, brucia intensamente e non può essere imprigionato; né da pareti né da quei legami equivoci creati in istituto. La sua sessualità non è mai stata libera, sempre preso tra infermiere e direttrici; sempre sottomesso alla carica istituzionale, a letto si è sempre sentito più in obbligo che voglioso. Solo una volta è stato diverso, in un night club di Madrid, quando ha incontrato Marina. Da quel giorno, una fame gli scioglie le viscere, salendogli al cervello e togliendogli qualsiasi razionalità.
Un dolce vita rosso a contenere questa voglia cannibale, mentre si avvita nel cervello una brace che nutrirà il suo fuoco: trovare Marina e farla innamorare, anche a costo di costringerla con legami e corde.
Marina vive totalmente inconsapevole di questa minaccia o salvezza. Lavora a un film, grazie all’ossessione del regista per la sua bellezza, dopo una carriera intera passata tra porno e aghi nelle vene. Una vita a rincorrere meduse rosse in siringhe infette, a bramarne il morso acido senza riuscire a smettere di affogarsi in oceani blu eroina.
Sul set gira come un fiore, nella sua gonna a balze, o anche come un frutto maturo. Un’arancia succosa pronta ad essere spolpata. Il film nel film, la vita nella vita: Marina senza saperlo mette in scena il suo destino. Ammazzare il mostro legandolo con una corda rossa. Un filo sottile e tenace a cui attaccarsi, e lanciarsi nel vuoto di amori sconosciuti, di legami pericolosi.
È destino che i due debbano incontrarsi, è scritto nelle stelle di un tetto trasparente che dovranno unirsi. Ricky è solo la farfalla che sbatte le ali, per scatenare un uragano anticipato dal temporale che bagna Marina. Hanno solo bisogno di testarsi a vicenda, di sfidarsi, di spingersi al limite per capire quanto resiliente sia questo livido che pulsa nel petto.
Come due animali feroci si guardano, si studiano, aspettando che l’altro ceda un millimetro per sferrare l’attacco decisivo. Rossi di rabbia, di fazzoletti tumefatti e di suppellettili volanti, determinati a regalarsi dolci ricordi da portare per sempre sulla pelle. Esausti, alla fine dello scontro si abbandonano allo sconforto, nel blu della droga indossata con fare provocante. Prima di crollare tra le lenzuola, lenzuola di un bianco spaventato o atterrito.
L’amore è dei tenaci, Ricky lo sente. E non intende arrendersi, anche se le dure schermaglie di Marina hanno instillato in lui il dubbio; il pensiero che sia tutto sbagliato. Dallo stomaco, non sente più solo il fuoco ardere, ma anche il disgusto di legami acidi e corrosivi come quelli della clinica. Lo vomita su di lei, creando un intrico di legami verdi; lo usa per bloccarla a un letto che resta bianco e immacolato, mai macchiato dalla loro passione. Indossa il verde della nausea e della paura di perdere la sua unica ragione di vita; smarrito gira per le strade, alla ricerca di qualcosa che possa colorare il pallore dell’animo di quella ragazza che così poco assomiglia al suo amore. Disarmato si lascia beccare, si lascia pestare, quasi uccidere. Del resto, che senso avrebbe continuare senza Marina? Perché non sciogliersi semplicemente sul selciato, lavato via dagli idranti e spinto dai getti d’acqua giù nell’abisso?
Il suo cuore batte ancora, invece. Qualcosa vorrà pur dire. È il destino che gli ricorda la sua strada, alla fine del tunnel.
Al ritorno a casa, Marina lo vede vestito del verde della disillusione, macchiato dal rosso della passione stillata goccia a goccia. E si riconosce in lui. Lo osserva, ferito nel corpo e nell’animo, ne conta le ferite che fanno germogliare delicati fiori rossi sulla sua maglia. Le sembra quasi di specchiarsi in lui, solo come era stata lei; cercare compagnia nel suo ventre come lei lo cercava in un utero pieno di soluzione salina e limone. E capisce, che l’unico modo per cominciare a vivere è sciogliersi l’uno nell’altro. Stavolta giacciono in un letto che arde della fiamma del desiderio, mentre le pareti si colorano di un blu che non li fa sprofondare, ma li innalza verso il cielo. Tra le stelle, il loro amore sarà immanente.
“Légami! Atame!”. Una parola, due mondi. Un ordine o forse una preghiera, la richiesta spaventata di un cuore che chiede di essere cullato. Ma anche un cordone ombelicale, un lenzuolo in cui rinchiudersi per tenere lontana la notte, o una corda rossa per legare due anime. Legami tenaci che si materializzano in cioccolatini rossi, per tener vivo il ricordo della dolcezza di quella carne, o in un walkman rosso, in cui ascoltare la colonna sonora di un sentimento. Ricky e Marina si sono divisi, ma è solo per poco. Giusto il tempo di spiegare al mondo la loro follia; il delirio di due che diventano uno, di una solitudine affogata nella commistione di due cuori, mentre tutti attorno predicano il dominio del singolo. Giusto il tempo di sfuggire alle realtà convenzionali e povere, per rincorrersi e raggiungersi in cima al mondo, di fronte a un tramonto rosso Almodovar.