Perché dovete assolutamente guardare Pelle

Shosanna

Maggio 1, 2020

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Irriverente, grottesco, irrispettoso, estremo. Tutto in Pelle sembra studiato per scandalizzare lo spettatore, ma andiamo con ordine.

Pelle, un cinema per scandalizzare

Pelle vede la luce nel 2017 come lungometraggio d’esordio del giovanissimo Eduardo Casanova, lo vediamo approdare sulla piattaforma Netflix appena qualche settimana fa. L’opera che ci troviamo davanti è un’opera corale, non esiste un unico protagonista, ma Eduardo mette in scena una collettività di personalità. Una collettività molto speciale, infatti tutti i protagonisti sono caratterizzati dalla stessa cosa: una deformazione, apparente o celata che sia.

La vera protagonista in questi film è la malformazione. Tutti i nostri incubi, tutto quello che pudicamente ci ostiniamo a non guardare viene messo in scena. Casanova mette al centro della sua pellicola i reietti, gli emarginati; non solo, Casanova fa molto di più, affianca, come controparte di questa mostruosa bilancia alle deformazioni fisiche delle prepotenti e quanto mai ossimoriche deviazioni mentali. I protagonisti di questo film possono, infatti, essere divisi in due grandi categorie: le malformazioni fisiche, alcune anche molto estreme, che ci saltano subito agli occhi e sono le prime a scandalizzare e la seconda categoria le perversioni mentali.

In Pelle sconvolge proprio questo ribaltamento: la normalità nasconde deturpamenti psichici, mentre le evidenti malformazioni fisiche sono le più affamate di normalità.

Una moltitudine di volti

Questa è la grandezza del film: il ribaltamento delle convenzioni, gli eccessi.

Il film si apre in un bordello molto particolare, la cui maitresse è una vecchia donna anziana, che accoglie i suoi clienti in completa nudità. Qui vediamo subito uno dei protagonisti, un pedofilo, sfogliare libri per scegliere il “prodotto”, nel bordello lavora un’altra delle protagoniste: una donna cieca, costretta alla prostituzione per sopravvivere. Altri protagonisti hanno il volto deforme, ma li vediamo nel corso della pellicola, scegliere due vie agli antipodi per cercare la loro felicità. Altra storia è quella del ragazzo “sireno”, affetto da somatoparafrenia, disturbo per cui si ha la tendenza a non riconoscere un arto come proprio, che vorrebbe tagliarsi le proprie gambe per diventare appunto una sirena, la cui madre soffre di una sorta di depressione irosa, che la porta a non aiutare, anzi a rifiutare il figlio.

Altri disturbi più o meno evidenti e altre storie si susseguono durante il film per intrecciarsi in un’unica grande trama, alla fine ognuno troverà il proprio compagno alato perfetto per trainare insieme la biga della vita.

Essere e apparire: un eterno conflitto

Il film è volutamente disturbante, l’emblema del disturbo è tutto condensato nella scena del bacio finale, che lasciamo scoprire agli spettatori.

La questione tra essenza e presenza è un divario da sempre presente nella nostra società, pensiamo già solo alla Grecia classica, i cui canoni artistici rincorrevano la perfezione, in cui la composizione armonica esteriore era specchio della perfezione interiore. Più un’opera rispettava la perfezione delle forme più il suo messaggio e il suo significato erano messi in mostra. L’uomo greco era kalòs kai agathòs: bello e virtuoso.

Questo concetto è andato via via ribaltandosi nel corso della storia, fino ad arrivare ai futuristi, che violarono il verso composto, fino alla Fontana del dadaista Marcel Duchamp, tutte opere che ribaltarono i canoni di bellezza classici per lasciar spazio a un messaggio di ribellione.

Su questo filone si colloca Pelle, che vuole rompere i canoni della normalità, intesa come luogo comune. Chi stabilisce cosa è normale? Chi ha il diritto, il potere di stabilire cosa è bello e cosa è brutto?

Un mondo di maschere

«Che relazione c’è tra le mie idee e il mio naso? Per me, nessuna. Io non penso col naso, né bado al mio naso, pensando. Ma gli altri? Gli altri che non possono vedere dentro di me le mie idee e vedono da fuori il mio naso?»

Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila

Secondo Pirandello tutti nasciamo privi di libertà, perché fin dalla nascita siamo costretti a vivere immersi in regole sociali e abitudini prefissate dalle semplici convenzioni, siamo, perciò, indipendenti dalla nostra volontà. L’unica via d’uscita è indossare una maschera, che nasconde i propri istinti e la propria vera natura quando questi vanno in contrasto con gli schemi stabiliti.

I personaggi di Pelle in questo senso riescono ad evolvere, li vediamo per la prima parte del film che vagano alla ricerca del proprio io o passivi nell’accettazione dei propri limiti, sia fisici che mentali. Alla fine li vediamo evolversi, un percorso che li porterà non solo all’accettazione di se stessi, ma perfino al raggiungimento di una felicità, che sembrava così illusoria, così lontana per loro deformati, deviati, eppure possibile.

Il bacio finale

La storia è ambientata in un non luogo, perché ogni luogo può essere culla di ingiustizie e giudizi; l’atmosfera è volutamente permeata da un color nostalgia, un lilla stucchevole con le sue sfumature regna sovrano ovunque, quasi a rendere le atmosfere eteree, sospese ed allo stesso tempo grottescamente artefatte. Tutti drammi si mescolano in un intreccio, che trova solo nel finale il suo svolgimento, che porta forzatamente, ai limiti del disgusto lo spettatore a chiedersi: cosa vuol dire essere e sentirsi diverso?

Pelle a primo impatto usa toni che non lasciano scuse ai suoi protagonisti, per i quali inizialmente l’unico sentimento che proviamo è: ribrezzo; invece alla fine ciò che resta è una visiva e impattante critica all’ipocrisia sociale.

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