Agents of S.H.I.E.L.D. – Missione compiuta

Gianluca Colella

Settembre 8, 2020

Resta Aggiornato

In origine, TAHITI rappresentava un posto magico. Alla fine, i nostri Agents of S.H.I.E.L.D. di magico nel mondo hanno trovato ben poco: sette stagioni e innumerevoli disastri dopo, l’unica vera consapevolezza che resta ai protagonisti è quella di aver compiuto l’ennesima, ultima missione per salvare l’umanità.

Il leader Phil Coulson aveva preso in carico degli emarginati con la speranza di renderli una squadra, e alla fine il suo software lascia una famiglia inseparabile.

L’intramontabile minaccia rappresentata dall’Hydra, alieni dai poteri sconfinati, androidi LMD e spie corrotte sono solo alcuni dei nemici che Coulson, May e gli altri hanno affrontato nel corso degli anni. A tenere insieme il tutto, la continuità data dalla presenza consolidata di Inumani come Daisy e Yo-Yo, con i loro poteri introdotti nel corso delle prime stagioni.

SPOILER ALERT PER TUTTE LE STAGIONI DI Agents of S.H.I.E.L.D.

Dopo Ghost Rider, un viaggio nel futuro e una deviazione dalla timeline principale del MCU relativa allo snap di Thanos, nella stagione finale è proprio il tempo il villain più temibile.

Il tempo per riconoscersi, ritrovarsi e infine, purtroppo, salutarsi, è quello che affligge sopra ogni altra cosa i protagonisti della serie.

Già nel corso delle precedenti stagioni erano stati introdotti i Chronicom, androidi umanoidi antichi e potenti, dotati della capacità di prevedere gli eventi e della conoscenza del passato. Il Time Stream è il loro strumento più potente, letto dall’Oracolo Sybil.

Increspature, non onde

Il tempo è l'ultimo nemico di Agents of S.H.I.E.L.D.: tanti sono i significati simbolici dell'ultima missione di Coulson e compagni.

Agents of S.H.I.E.L.D. – L’ultima stagione

Con il tempo, i nostri eroi spesso e volentieri si sono trovati a combattere: che si trattasse di disinnescare un ordigno, anticipare le mosse del nemico di turno o piuttosto evitare che una profezia si verificasse, gli agenti dello S.H.I.E.L.D. spesso hanno protetto l’umanità proteggendo il prezioso valore del tempo stesso.

Nel corso dell’ultima stagione, tuttavia, questo concetto psicologico e questa categoria fisica assume valori simbolici altamente problematici: non solo il tempo che si esaurisce, ma il tempo che ripete se stesso, che si ricerca, che si confuta tramite gli eventi più o meno imprevisti che accadono nel mondo dei protagonisti.

Il Direttore Mack deve più volte ricordare a Deke e gli altri che la loro missione contro i Chronicom consiste nel cercare di contenere i rischi determinati dall’intervento sulla linea temporale principale, evitando di causare divergenze troppo grandi rispetto al già-accaduto.

Pur essendo lontani dalla perfezione ricercata da una serie come Darkla fantascienza temporale di Agents of S.H.I.E.L.D. una sua coerenza ce l’ha.

Salto dopo salto, il Quinjet e lo Zephir seguono lo schema che Fitz-Simmons hanno avuto modo di tracciare durante i loro pellegrinaggi spazio-temporali: la coppia che lo spazio provava a separare infine il tempo di stare insieme l’ha trovato, e ha anche potuto calcolare tutto ciò che occorreva alla squadra per riuscire nell’unico destino possibile.

La prima tappa in cui gli eroi si devono orientare è la New York degli anni ’30, ed è qui che s’imbattono in Freddy Malick, futuro padre di Wilfred e Nathaniel.

Le eco dei disastri commessi dall’Hydra nelle stagioni precedenti sono forti, motivo per cui alcuni degli elementi della squadra preferiscono intervenire a scopo preventivo, come Daisy.

Coulson Tech: il valore positivo della non-morte

Il tempo è l'ultimo nemico di Agents of S.H.I.E.L.D.: tanti sono i significati simbolici dell'ultima missione di Coulson e compagni.

Agents of S.H.I.E.L.D. – Coulson

Quella sulla morte di Phil Coulson ormai sembra una barzelletta ben consolidata: dopo Loki, tanti sono stati i tentati omicidi non portati a termine su uno degli agenti più esperti.

Phil Coulson aveva un unico desiderio, quello di conoscere Steve Rogers: realizzato questo, il resto sembra essere una fortuita coincidenza in cui s’intrecciano gioie e sofferenze. Con Melinda May forma il primo legame degno di nota e i due si propongono come genitori simbolici del resto di giovani disadattati che comporranno la squadra.

Phil Coulson è carismatico, saggio e imprevedibile: mantiene queste qualità da vivo, da morto e da androide. Sì, perché la peculiarità che lo riguarda nella stagione finale di Agents of S.H.I.E.L.D. consiste nel fatto che egli è a tutti gli effetti un LMD (Life Model Decoy) assemblato da Fitz-Simmons.

Cionondimeno, riesce a dare al team un contributo valido, al pari che se fosse stato umano.

Così come essenziale è il contributo che tutti gli agenti danno reciprocamente a se stessi, quasi fossero una famiglia. Perché se c’è un tema che vale la pena evidenziare, questo è quello della famiglia: le difficoltà hanno reso più forte il legame che unisce i protagonisti, motivo per cui essi difficilmente si arrendono quando il gioco si fa duro, anche di fronte al fattore tempo.

Le missioni dello S.H.I.E.L.D. sono sempre nel segno di Coulson, e l’unica amara riflessione che resta alla fine è che il suo ruolo avrebbero potuto valorizzarlo un po’ di più anche nel MCU, così come quello degli altri agenti.

Mack e Fitz, i pilastri

Il tempo è l'ultimo nemico di Agents of S.H.I.E.L.D.: tanti sono i significati simbolici dell'ultima missione di Coulson e compagni.

Il primo diventa il Direttore più affidabile che il team possa sperare di avere, il secondo si conferma come la mente più brillante del gruppo seppure assente per quasi tutta la stagione.

Il bilancio relativo a ciò che succede a Mack e Fitz nell’arco degli ultimi episodi è più che caloroso: non solo i due continuano a tenere il loro ruolo simbolico di eccentrici esperti dei rispettivi campi, il governo delle macchine e la scienza.

Quello che emerge è da un lato la progressiva crescita di Mack nel ruolo di leader, anche avvalendosi dei preziosi confronti con Coulson, Daisy e Yo-yo, dimostrando di essere un Direttore capace di ascoltare oltre che di pianificare; dall’altro, Fitz è il jolly in grado di intrappolare anche l’apparentemente perfetto meccanismo temporale del Time Stream dei Chronicom in un gioco di salti quantici tra diverse timeline che prevede la risoluzione delle famose trasformazioni inevitabili che la squadra ha apportato al mondo in cui ha viaggiato seguendo gli alieni.

Enoch merita una menzione speciale perché amico di Fitz, perché artefice della profezia riguardante la famigerata ultima missione della squadra nell’arco del finale.

Dal lato di Mack, tale menzione la merita Deke, che quando i due restano bloccati negli anni ’80 riesce a stringere un forte legame col Direttore, al punto tale da fargli sciogliere il cuore.

Il motivo per cui Mack e Fitz sono due pilastri è che sono partiti come personaggi secondari, ma gradualmente hanno conquistato il cuore di tutti al punto tale da essere indispensabili all’interno della narrazione.

E poi c’è Alya, la figlia che Fitz ha con Simmons, chiamata come il sistema di stelle che i due simbolicamente preferiscono: l’apoteosi di quello che per sette stagioni ci hanno fatto vivere annaspando al seguito della loro disperazione trova qui la catarsi più importante e umana.

Daisy e Sousa, il legame più importante

Agents of S.H.I.E.L.D. – Sousa e Daisy

Interessante e intrigante è il rapporto di complicità che Quake e Daniel Sousa stringono. Interessante perché Sousa era abituato a donne come Peggy Carter, intrigante perché di mezzo c’è l’ostacolo rappresentato dai tempi vissuti dai due, drasticamente diversi.

Salvato da un attentato dell’Hydra grazie all’intervento di Coulson, Sousa si trova catapultato nella tecnologia e nella frenesia del XXI secolo senza possibilità di manovra.

Riesce a individuare in Daisy una spalla forse perché come lui, anche lei è un’emarginata che si è legata alla prima famiglia che le ha mostrato affetto nel modo in cui lei lo desiderava.

Il fatto che leghino è fondamentale per il resto della storia per il semplice fatto che, una volta appurato che quella in corso sarà l’ultima missione degli agenti, l’angoscia di separazione che Daisy vive da una parte deve portarla a colmare il suo vuoto interiore.

E fortunatamente, nel momento in cui Sousa si mostra come spalla accogliente e affidabile, la consapevolezza che forse anche questo sia merito di Coulson inizia a nascere: sin dal primo episodio della serie infatti, proprio Daisy sembra essere la co-protagonista principale, colei sul quale la storia si cuce come uno specifico romanzo di formazione.

Il ruolo è suo, quello che le manca sono le certezze. Quelle che prima cercava nei suoi colleghi, ora sembra trovarle in Sousa. E se uno come Coulson riesce a vederlo e a sorridere durante il loro incontro in remoto un anno dopo gli eventi della serie, allora forse un sorriso possiamo azzardarlo tutti e ipotizzare, che tra tutte, gli agenti hanno compiuto anche la missione più importante: quella di restare uniti, di restare legati.

Leggi anche: Agents of Shield: Leo Fitz – L’Umanità del Male.

Correlati
Share This