Ah, l’inizio degli anni 2000. Quel periodo in cui la moda imponeva ombelichi scoperti, jeans a vita bassissima e sopracciglia ultrasottili. Nuove stelline del pop e boyband dal ciuffo emo imperversavano su MTV, mentre sui canali generalisti ogni scusa era buona per far sgambettare sexy vallette appena maggiorenni. Se dal punto di vista dei look, della musica e della televisione il nuovo millennio è stato caratterizzato da delle tendenze a dir poco discutibili, dal punto di vista cinematografico ci sono però state regalate delle perle diventate iconiche. Una su tutte è Il Diario di Bridget Jones, film diretto da Sharon Maguire con protagonista Renée Zellweger uscito nell’aprile del 2001.
Di Bridget ci siamo innamorati subito. Prima del suo dirompente arrivo al cinema, le protagoniste delle commedie romantiche seguivano perlopiù il modello Meg Ryan della giovane donna carina ma un po’ sfortunata in amore. Con la Bridget Jones di Renée Zellweger furono invece stravolti canoni perché finalmente ci venne presentato un personaggio goffo, senza peli sulla lingua e a cui scappava più di qualche parolaccia. Un personaggio che non indossava esattamente una taglia 40 e che non disdegnava fumare e alzare il gomito in compagnia dei suoi amici. In pratica una donna reale con i vizi e le virtù di tutti. E allora in occasione del ventesimo anniversario dall’uscita del film, abbiamo deciso di dedicarci a questa eroina moderna raccontandovi 7 curiosità che forse non conoscete su Il Diario di Bridget Jones.
La genesi e l’ispirazione per la trama
Il Diario di Bridget Jones è tratto dall’omonimo romanzo di Helen Fielding pubblicato nel 1995. Prima di scrivere il libro, l’autrice inglese aveva delle rubriche fisse sul Daily Telegraph e il The Independent in cui descriveva in modo sarcastico le abitudini del ceto medio inglese. Gli articoli riscossero grande successo, così la Fielding decise di raccoglierli in un unico libro sotto forma di diario di una single londinese.
Grande fonte di ispirazione per la storia fu Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen. Anche in quel caso veniva infatti dipinto un quadro della società dell’epoca con uno stile arguto e pungente. Inoltre, anche nel classico della Austen veniva messo in scena un triangolo amoroso in cui la protagonista passava dall’infatuazione per un uomo poi rivelatosi un mascalzone all’amore per un altro uomo verso cui nutriva un’iniziale diffidenza. Esattamente come la nostra Bridget, che dopo essere stata delusa dal suo fidanzato donnaiolo, si scopre innamorata di un amico di famiglia che aveva in precedenza etichettato come snob.
La scelta del cast
Le analogie con Orgoglio e Pregiudizio non finiscono qui. Uno dei personaggi maschili de Il Diario di Bridget Jones si chiama Mark Darcy, nome che richiama evidentemente il Fitzwilliam Darcy di Jane Austen. Per la trasposizione cinematografica Helen Fielding richiese che a interpretare il ruolo di Mark fosse Colin Firth, attore che qualche anno prima aveva già prestato il volto al Mr. Darcy della miniserie della BBC Orgoglio e Pregiudizio.
Per quanto riguarda invece la scelta della protagonista, in lizza per il ruolo di Bridget c’erano anche Kate Winslet, Toni Collette e Helena Bonham Carter. A spuntarla fu Renée Zellweger, che però non fu subito accolta con calore dalla stampa in quanto americana. L’attrice studiò per molto tempo l’accento britannico e alla fine sorprese tutti per la sua bravura ottenendo persino una nomination agli Oscar.
Una preparazione meticolosa
Ma lo studio dell’accento britannico non fu l’unico esercizio a cui si sottopose Renée Zellweger. Per entrare meglio nella parte l’attrice decise di svolgere lo stesso lavoro di Bridget, ovvero impiegata in una casa editrice. Per due settimane si trasformò quindi in stagista facendo caffè, fotocopie e rispondendo al telefono sotto il nome di Bridget Cavendish.
La preparazione per il ruolo richiese però un ulteriore sforzo. Renée Zellweger era infatti troppo magra per interpretare la Jones, così fu costretta a ingrassare di 12 chili seguendo una dieta a base di cibo spazzatura e bevande proteiche. Non proprio una passeggiata di salute, insomma.
Illustri camei
Il Diario di Bridget Jones può vantare l’apparizione di alcuni personaggi davvero illustri. Si tratta di Jeffrey Archer, Julian Barnes e, udite udite, l’autore de I Versi Satanici Salman Rushdie.
Nel film, i tre scrittori prendono parte a una festa organizzata dalla casa editrice in cui lavora Bridget. E ovviamente la nostra eroina non può esimersi dal fare una delle sue figure non proprio brillantissime.
Colin Firth e Hugh Grant presenti nei libri
Colin Firth era la prima scelta per il ruolo di Mark sin dall’inizio. Come già detto, fu Helen Fielding a volere fortemente la sua presenza nel film in quanto richiamava il Mr. Darcy di Orgoglio e Pregiudizio. Ma si può dire che la scrittrice abbia sempre avuto un debole per Firth. A testimoniarlo, il fatto che il nome dell’attore compare già all’interno del primo romanzo essendo Bridget una sua devota fan.
Anche Hugh Grant, co-protagonista maschile, è citato nei libri. Il suo nome venne inserito nel secondo capitolo della saga letteraria Che Pasticcio, Bridget Jones. E pensare che all’epoca della sua pubblicazione, Grant non era neanche ancora stato preso in considerazione per il ruolo di Daniel.
Genitori… magici
Forse questo è un particolare a cui non tutti hanno fatto caso, quindi oggi noi, a distanza di venti anni, vi facciamo notare qualcosa di molto curioso che riguarda i genitori di Bridget: il signor e la signora Jones provengono da Hogwarts! I due, interpretati da Jim Broadbent e Gemma Jones, compaiono infatti nella saga di Harry Potter nei ruoli del professor Lumacorno e dell’infermiera Poppy Chips.
Anche Jude, l’amica di Bridget interpretata da Shirley Henderson, è presente nei film dedicati al maghetto più famoso del mondo. La sua parte nella saga è quella di Mirtilla Malcontenta, il fantasma un po’ piagnucolone che in più di un’occasione aiuta Harry nelle sue avventure.
Una colonna sonora all’insegna del girl power
Il Diario di Bridget Jones offre un brillante punto di vista femminile sull’amore e sulla società di inizio millennio. Per seguire lo spirito del film, il compositore Patrick Doyle decise di scegliere quasi tutti brani cantati da donne per la colonna sonora. Nella commedia possiamo così sentire, fra gli altri, I’m Every Woman di Chaka Khan, It’s Raining Man di Geri Halliwell, e All by Myself eseguita da Jamie O’Neal. Quest’ultimo pezzo sembra essere perfetto per essere cantato in pigiama davanti alla TV:
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