Dopo una stagione, tanti sono i misteri di Lost.
La Botola e il significato che cela animano tanti dubbi negli animi dei sopravvissuti al volo Oceanic, le fazioni iniziano a formarsi e chi segue Jack Shepard sa che la sopravvivenza passa dalla razionalità di stampo scientifico, mentre chi segue John Locke è consapevole del fatto che si sta affidando ciecamente al destino e ai suoi giochi.
DISCLAIMER
Presentando una delle scene più celebri di Lost, il titolo e il contenuto di questo approfondimento vogliono essere intenzionalmente provocatori, mostrando le ragioni per cui il pieno significato di questa scena è comprensibile solo alla luce della stagione finale della serie.
Siamo alla fine della prima stagione di Lost, la Botola sta per essere aperta e nuove insicurezze dimorano nei cuori dei protagonisti sopravvissuti.
Locke: «So perché noi due non siamo sempre dello stesso avviso, Jack. Perché tu sei un uomo di scienza»
Jack: «Sì. E tu che cosa sei?»
Locke: «Io? Io sono un uomo di fede. Non crederai che tutto ciò sia accidentale? Che noi, un gruppo di sconosciuti, siamo sopravvissuti, molti poi solo con ferite superficiali. Credi che schiantarsi in questo luogo sia casuale? Non vedi che posto è? Siamo stati trascinati qui per uno scopo, tutti quanti. Jack, ognuno di noi è stato portato qui per una ragione»
Jack: «Portato… E chi sarebbe stato, John?»
Locke: «L’isola. L’isola ci ha portati qui. Non è un luogo normale, te ne sarai accorto sicuramente. L’isola ha scelto anche te, Jack. È il destino»
La sesta e ultima stagione, trasmessa in Italia nel 2010, è caratterizzata dalla narrazione in due differenti realtà della storia precedente, che riporta lo spettatore sul famigerato volo Oceanic che diede inizio a tutto.
Nella prima alternativa, il volo è atterrato a Los Angeles senza problemi nel lontano 2004 e i protagonisti vanno avanti con le loro vite senza essersi mai incontrati. Sull’isola, invece, Kate, Sawyer, Jack, Sayid, Hurley e Sun, ovvero gli Oceanic Six (coloro che, tra le altre cose, potrebbero sostituire Jacob a guardia dell’Isola) cercano di capire in che modo il Tempio di Dogen possa essere la risposta alla minaccia rappresentata dal falso Locke, Colui che fu l’Uomo in Nero.
Lost e il senso di quel dialogo

Lost – Locke e Jack di fronte alla Botola aperta
Come San Tommaso prima di lui, Jack Shepard è un uomo pragmatico, che crede solo a ciò che vede; la razionalità scientifica della sua formazione in chirurgia guida ogni azione e decisione che prende sull’Isola, impedendogli di pensare (o di ammettere di pensare) che possa esserci un senso se tutti loro sono finiti su quell’Isola.
Diversamente, John Locke crede ciecamente che l’Isola abbia una volontà propria, la venera ed è attratto dalla sensazione di predestinazione che alcuni avvenimenti promuovono, come la cura naturale della sua paralisi alle gambe.
Il conflitto ideologico tra questi due protagonisti è uno dei nuclei narrativi più importanti di Lost: da un lato l’empirismo e dall’altro la metafisica. Al centro del campo, il modo in cui la moralità è influenzata dalle diverse posizioni soggettive.
John resta fino alla fine l’outsider ermetico, a volte i suoi modi possono non piacere e di certo per gran parte della storia non suscita grandi simpatie; eppure, il suo personaggio è sempre rispettato, forse proprio in virtù di questi difetti.
Mentre ambiguo e grigio continua a essere il ruolo svolto da Ben, che nella timeline del 2004 alternativo è un umile professore di storia europea dal cuore grande, intorno al Tempio e al Fumo Nero che il Falso Locke porta diverse teorie iniziano a formarsi; i personaggi si stanno corrompendo, le certezze precedenti stanno svanendo, Jack Shepard inizia davvero a pensare che un senso il loro ruolo sull’Isola ce l’abbia.
Quello per cui sono morti

Lost – Jack e il cane Vincent
Jack: «Io non credo nel destino»
Locke: «Sì, invece. Solo che ancora non lo sai»
Quando sembra che la cenere sia l’unica cosa che resta, la disperazione prende il sopravvento e il significato della sofferenza patita dai protagonisti non viene individuato, finché lo stesso Jack non si trova in modo apparentemente insensato a lottare per l’Isola con il falso Locke.
Un germe d’incoerenza sembra irrompere nella moralità del chirurgo, che fino alla fine aveva negato la volontà dell’Isola. Nel frattempo, nel 2004 Shepard sta per sottoporre Locke a un intervento chirurgico per aggiustare il suo problema di paralisi alle gambe.
Le ispirazioni suggestive di questo parallelismo sono poetiche e molteplici: quello che è successo sull’Isola per anni sembra quasi annullarsi in quella asettica sala operatoria; il senso delle due realtà alternative si realizza grazie al ruolo di Desmond Hume che, come un profeta, fa sì che tutti ricordino tutto, prima che sia troppo tardi per l’Isola e per tutti loro.
Mentre l’Isola cade a pezzi, invece, Jack prende definitivamente consapevolezza del fatto che il suo ruolo è quello di Custode temporaneo della stessa; rimettendo al suo posto il sigillo che sta nella sorgente, infatti, egli si sarebbe sacrificato, salvando l’Isola e i suoi amici e dando a posteriori ragione al suo nemico ideologico, quel John Locke dalla fede così cieca che lui aveva costantemente provato a confutare.
In questo saluto con Desmond, Jack dimostra il suo cambiamento e il valore che lui ora riesce ad attribuire all’Isola.
Quel limbo, costruito dalle anime dei protagonisti per ritrovarsi insieme prima di trapassare dopo le esperienze condivise sull’Isola, diventa un posto a cui anche Jack ora può accedere, perché egli riesce filosoficamente a prendere consapevolezza del valore simbolico che quel luogo ha per lui.
Per tale ragione, quindi, quel lontano dialogo con Locke diventa così cruciale per il futuro di Lost e in particolare per la trama dell’ultima stagione.
Per alcuni episodi si arriva addirittura a pensare che il Custode non esista, che Jacob sia un truffatore e che tutto ciò che Ben Linus dica sia una menzogna; nonostante l’ultima cosa sia in parte vera, le altre trovano ragion d’essere nella misura in cui lo stesso Jack compie il salto nella fede che prima di lui era riuscito a fare John Locke.