Dal 2 al 9 settembre 2021, presso il Cinema Ambrosio e il CineTeatro Baretti di Torino, si terrà l’ottava edizione del festival internazione del cinema indipendente creato e ideato dal regista Mauro Russo Rouge. Il Torino Underground Cinefest – proposto dall’associazione culturale SystemOut e dall’Università Popolare ArtInMovimento, e finanziato da piccoli sponsor privati e scuole di cinema – nasce originariamente nelle giornate primaverili, ma è stato posticipato a inizio settembre per poter tornare, finalmente, in presenza, riottenendo l’esperienza cinematografica in senso totalizzante e mantenendo sempre la gratuità dell’ingresso al pubblico.
Proseguendo l’importante opera di divulgazione del cinema indipendente, il festival di Mauro Russo compie una ricerca poetica finalizzata alla diffusione di un linguaggio cinematografico sempre più sperimentale e originale. Spaziando tra tantissimi cortometraggi, lungometraggi e documentari, il Torino Underground Cinefest si impegna a resistere al cinema mainstream. È possibile registrarsi gratuitamente su Eventbrite per partecipare all’ottava edizione del festival, il cui programma sarà disponibile entro la seconda settimana di agosto 2021 sul sito dell’evento: www.tucfest.com.
Noi de La Settima Arte abbiamo avuto il piacere di parlare con Mauro Russo Rouge, che ci ha raccontato con passione cosa significa lavorare e vivere nel cinema e per il cinema.

Torino Underground Cinefest
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Cosa significa tornare con il cinema in presenza? Perché, secondo te, la sala è un elemento necessario per l’esperienza cinematografica?
Mauro Russo Rouge
Significa semplicemente tornare a respirare. Respirare aria pulita, perché arriviamo da un periodo stranissimo che, per certi versi, ci ha fatto soffocare. Un periodo in cui sono scomparse le nostre libertà, e il cinema è una libertà.
Quando guardiamo un film in sala, l’esperienza non è legata solo al film in sé; sì certo, c’è l’aspetto tecnico che è fondamentale, ma c’è tutto un mondo intorno che fa del film un’esperienza: la scelta e la preparazione nei giorni addietro, il recarsi fisicamente al cinema, pagare un biglietto, condividere uno stesso spazio con una serie di persone che probabilmente non conosciamo e non conosceremo mai, ma con cui siamo in qualche modo legati.
Al cinema abbiamo tutto il tempo di metabolizzare ciò che abbiamo visto, come se il film ci accompagnasse verso la via di casa, sussurrandoci qualcosa, senza dover passare immediatamente e necessariamente ad altro. Magari incontriamo qualcuno fuori con cui parlare, oppure discutiamo con il gestore della sala o con chi lavora lì.
È un’esperienza essenzialmente e completamente diversa dallo streaming.
Cosa si porta con sé e cosa ha imparato il cinema e il mondo dei festival cinematografici da questo ultimo anno e mezzo pandemico?
Mauro Russo Rouge
Ha insegnato di sicuro ad arrangiarsi, a cercare una via alternativa. E come lo abbiamo fatto noi, l’hanno fatto miliardi di festival in tutto il mondo. L’anno scorso avremmo dovuto fare a fine marzo l’edizione fisica, poi all’inizio del mese c’è stato il lockdown e, per evitare di perdere tutto il lavoro che avevamo fatto in quel momento, ci siamo dovuti reinventare. Così abbiamo seguito il vento e siamo approdati allo streaming. C’era molto entusiasmo all’inizio, ti devo dire la verità, perché poi il festival ha ottenuto un buon successo, e grazie a Mymovies siamo arrivati in tutti Italia.
Dunque, lo streaming è una grandissima opportunità, diversi miei film infatti sono su piattaforme online; ma c’è anche da dire che nell’ultimo anno e mezzo c’è stata un’invasione di festival online, e credo che questo possa aver fatto perdere un po’ di valore nel cinema, nella sala. L’inflazione del festival online fa perdere il contatto con la realtà, con il film e con l’autore del film, perché la possibilità del festival in sala è quella di poter incontrare gli autori, di essere lì con loro e le loro opere, condividendo una medesima esperienza in forme diverse. Certo, anche online si può fare, ma diventa tutto molto macchinoso, perché per arrivare a quel film è necessaria una campagna marketing adeguata, e come lo stai facendo tu lo stanno facendo tantissimi altri in tutto il mondo. È tutto talmente veloce e contemporaneamente macchinoso, che poi ci si perde.
Detto questo io non sono contro lo streaming, anzi, ma un festival va vissuto assolutamente in sala.
Un festival, per essere tale, deve vivere, deve respirare, deve esplodere. A cosa è pronto il Torino Underground Cinefest? Cosa ti aspetti, e cosa ci dobbiamo aspettare noi spettatori?
Mauro Russo Rouge
Sicuramente una grandissima voglia di mettersi nuovamente in gioco. Dopo un’edizione online, abbiamo deciso di posticipare da marzo a inizio settembre, proprio per averlo in presenza. Un’altra edizione online sarebbe stato riduttivo, per me, per il cinema in sala, ma anche per il festival, poiché ci sono troppi festival online in questo periodo storico, e la possibilità di finire nel dimenticatoio è alta.
Io mi aspetto un grande festival e una grande partecipazione del pubblico, che so per certo avrà tanta voglia di tornare a vivere e a respirare, insieme. Ci sarà una altissima quantità di film tra corti, lunghi e documentari provenienti da tutto il mondo, di grande qualità, pur restando ancorati ormai da anni al cinema indipendente di cui mi dedico anima e corpo, selezionando tra 3000 film ogni anno. Sono mesi infatti che ci lavoriamo e c’è tanto entusiasmo.
Il festival è aggregazione, è una festa, una festa in cui si lavora e si incontrano persone. E sarà un successo perché ci permetterà di tornare a vivere, di ritornare a confrontarci, a fare cose insieme, in presenza, live. Il cinema, come la vita, deve essere live.
Ne L’Idiota, uno dei personaggi di Dostoevskij dice che la bellezza salverà il mondo. Secondo te, è veramente così? Il cinema può avere questo ruolo salvifico rispetto a una società che sta sempre di più perdendo sé stessa? Quale può essere il ruolo dei prodotti audiovisivi in senso lato e di noi spettatori in questo nostro tempo?
Mauro Russo Rouge
L’audiovisivo è un’opportunità per salvarsi, sicuramente, ma non è l’unica. Tutte le forme d’arte lo sono. Per quanto mi riguarda, la salvezza dipende esclusivamente da noi stessi, più che da una forma d’arte. Personalmente dico di sì, per me il cinema è una fonte di salvezza perché vivo di questo, e non potrei sopravvivere senza. Mi dà da vivere economicamente, certo, ma anche fisicamente e spiritualmente. È una necessità a cui devo per forza sottostare.
Passo da un film all’altro ogni anno, e nel mentre riesco a trovare le forze di portare avanti il Torino Underground, che è un progetto in cui credo tantissimo. È una grandissima salvezza per me, ma è una salvezza che finirebbe domani se non avessi già l’idea di poter girare qualcos’altro, di raccontare un’altra storia, di realizzare un altro progetto. È un’esigenza, eppure non riesco a godere mai di quello che faccio. Io mi innamoro di una storia e me ne disinnamoro il giorno dopo, nel momento in cui finisce. Mi entusiasma al momento e poi è come un sipario che si chiude, e non vedo l’ora che se ne apra un altro. Forse il teatro mi ha segnato da questo punto di vista, mi ha contaminato, e da allora lavoro in modo estemporaneo.
Per me l’estemporaneità è al primo posto, sempre. Da una parte sono contento di questo, mi ci riconosco, ma dall’altra a volte la metto in dubbio. Sai, lavorare sempre senza un programma, senza un piano di regia, a volte può essere pericoloso. Che venga bene io non lo so, lo lascio dire agli altri. A me piace fare cinema, e non mi piace parlare di cinema, lo lascio fare a chi è in grado di farlo.
Ma per tornare alla domanda, mi sento di dirti che il cinema, come qualsiasi forma d’arte, possono e forse devono costituire una salvezza, soprattutto in questo periodo storico, ma non credo che sia l’unica cosa in grado di salvarci. La salvezza è dentro ognuno di noi, dobbiamo solo imparare a scoprirla.
Ti ringrazio per l’intervista. Ci vediamo dal 2 al 9 settembre a Torino.
Mauro Russo Rouge
Puoi contarci. Noi siamo pronti.

Annunziato Gentiluomo, Mauro Russo Rouge e Matteo Valier