Se gli 11 (+1) dell’Italia fossero registi di cinema

Edoardo Wasescha

Luglio 8, 2021

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Sport e cinema hanno talvolta dialogato – anche con grandi risultati. È tuttavia giunto il momento, anche se nessuno lo ha esplicitamente richiesto, di mettere dietro una macchina da presa gli undici titolari dell’Italia di Roberto Mancini a Euro2021. Oppure di far palleggiare alcuni dei più grandi registi della storia del cinema – anche qualche intruso, a dir la verità. Insomma, scegliete la prospettiva che preferite!

Donnarumma / Xavier Dolan: Gli idoli sono costrutti fragili, poiché creati e tenuti insieme dalla coscienza collettiva. Una prospettiva sbagliata, una parola in più, o in meno, una scelta non conforme alla morale dominante possono ridurre in polvere quei costrutti. Ma il tempo è dalla loro parte; tanto hanno dimostrato e tanto dimostreranno.

Di Lorenzo / Sorrentino: Ci sono voluti molti anni per arrivare a recitare in teatri importanti, nazionali e internazionali. La gavetta, quando inserita in un percorso meritocratico, è fondamentale per prendere coscienza dei propri mezzi, affinché si possa dialogare in scioltezza anche con interpreti molto più navigati. Le qualità, quando ci sono, prima o poi vengono riconosciute.

Bonucci / Hitchcock: La creazione della suspense è un’opera d’arte dentro l’opera d’arte e almeno uno dei due ne è maestro; l’altro ne è solo inconsapevole. Ogni inquadratura claustrofobica – cioè tutte – genera ansia e attacchi di panico in chi non sa, per l’ennesima volta, se il pericolo sarà evitato o se invece stop mancati e costruzione dal basso assassineranno i propri sogni di gloria. Sempre meglio che sciacquarsi la bocca, magari con un bicchiere di latte.

Chiellini / Woody Allen: Gli anni pesano per chiunque e ogni volta si teme possa essere l’ultima. Magari il modo di interpretare il mondo non è più solido come una volta, quando si ergevano muri invalicabili sui quali sbattevano attaccanti e critici. Ma vedere come ancora vengono messi in riga molti giovani colleghi, talvolta presuntuosi, è sempre un bello spettacolo.

Spinazzola / Tarantino: Chi ha una marcia in più inevitabilmente fa la differenza, magari reinventando un ruolo o un genere. Al galoppo sopra verdi praterie, sotto colpi di pistola che al massimo si infrangono sulla scia lasciata alle spalle, per tributare gli onori al maestro Sergio Leone, allenatore di molti, padre di tutti.

Barella / Villeneuve: Il trionfo dell’estetica sull’ontologia. Un’indagine continua sulla natura del calcio, che regala frame da appendere sulle pareti mnemoniche. Alcuni momenti oltrepassano la fantascienza e puntano dritto verso la metafisica. Non c’è da sorprendersi, dunque, che il tempo sia percepito in un altro modo, specialmente da alcuni giornalisti durante le conferenze stampa.

Jorginho / Kubrick: La regia è sempre impeccabile, costruita con qualità e profondità di campo. Le inquadrature, per quanto possano sembrare, a primo impatto, semplici pezzetti del reale offrono una visione del mondo comprensibile solo dal puro intelletto. I più grandi hanno bisogno di più tempo per essere apprezzati.

Verratti / Nolan: Movimento di camera puntuale e tecnicamente ineccepibile; d’altronde il gran tocco è cosa nota. Emerge qualche difficoltà quando deve scrivere la sceneggiatura della partita e non è ben coadiuvato dal resto del fraterno centrocampo. Ma la visione di spazi concettuali che ancora non esistono mette tutti d’accordo.

Chiesa / Pietro Castellitto: Quando si è figli d’arte è sempre difficile muoversi sullo stesso palcoscenico che ha fatto grande il nome del proprio padre. Eppure, con gli occhi che ardono in quel modo, le giocate, le idee, tutto diventa esplosivo (a tratti pure troppo, vedi la tomba di Nietzsche), al punto che se non si tiene lo sguardo attento sulla palla, c’è il rischio di perdersi fra una scena e l’altra.

Immobile / Snyder: Non è certo il più grande di tutti i tempi, ma neppure è scarso come ormai sembra essere di moda sostenere. Lungo la propria carriera ha semplicemente alternato cose buone a cose (molto, moltissimo) meno buone. Sicuramente, in modo particolare negli ultimi tempi, c’è un abuso sconsiderato del ralenti, tanto che non si capisce se sia funzionale ad allungare la trama della partita o la pazienza dei tifosi.

Insigne / P. T. Anderson: I numeri 10, si sa, ricercano continuamente e strenuamente la perfezione, anche al caro prezzo di lasciar trascorrere molto tempo fra un capolavoro e l’altro. Quando, poi, la sceneggiatura inizia a prendere forma e ad avanzare in direzione della porta, muovendosi con decisiva eleganza fra protagonisti e antagonisti, verso un finale che lascerà con il fiato sospeso, non resta che goderne pienamente. Tutto il resto è ‘o tir aggir.

Bonus +1, per un’Italia in -1

Bernardeschi / Micheal Bay: C’è chi rischia la giocata e chi rischia l’esplosione, anche e soprattutto quando nessuna delle due è richiesta.

 

Forza Italia!

Italia

L’Italia di Roberto Mancini a Euro2021

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