Guglielmo del Toro’s Cabinet of Curiosities – I meravigliosi orrori umani

Linda El Asmar

Ottobre 31, 2022

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Per godersi Cabinet of Curiosities ci si dovrebbe immaginare intorno a un fuoco. Un narratore, nel nostro caso lo stesso Guglielmo del Toro, ci introduce ogni storia e uno per volta i registi prendono parola. Le storie narrate hanno autori differenti, provenienze e tematiche variabili, ma alcuni fili conduttori comuni: l’inquietudine e gli esseri umani.

Guglielmo del Toro

Una storia per volta

Cabinet of Curiosities prodotta da Guglielmo del Toro spazia tra differenti tipologie e visioni di ciò che si può intendere per horror e ciò è permesso proprio dal cambio di regista e registro che avviene ogni puntata. Negli otto episodi vediamo uomini e mostri, paure, ansie, inquietudini, ma anche molto altro.

Tramite la maschera dell’orrore ogni storia racconta una fallacità umana. Le debolezze, i vizi, le ossessioni dell’essere umano sono scavate e raccontate tramite i filtri dell’inquietudine e dell’irrequietezza. Che siano fantasmi, alieni o uomini, non esistono veri buoni o cattivi, poiché tutti risultano in un modo o nell’altro corrotti dai sentimenti e gli istinti che li sopraffanno.

Se una puntata ci riporta alle atmosfere di Hill House, quella successiva pare più un qualcosa di futuristico e fantascientifico. E se un episodio pare un rimando ai linguaggi e lo stile tipico di Stephen King, quello dopo pare una puntata di Black Mirror. Per poi scivolare nelle narrazioni di Lovecraft in quello subito dopo.

Episodio 3: L’autopsia. Regista: David Prior. In foto: F. Murray Abraham.

Questa non costanza stilistica può sicuramente disturbare superficialmente, facendo presumere una mancanza di connessione tra un episodio e l’altro. Ma in realtà fornisce esattamente il ritmo che si crea quando ci si racconta storie dell’orrore tra amici.

Riuniti intorno al fuoco uno per volta gli autori prendono la parola e raccontano la loro personale storia. C’è chi racconta la storia di un uomo avido e logorato dall’odio che incontra il diavolo. Così come chi narra di una donna che salva due spiriti bloccati nel passato grazie alla sua sensibilità al lutto.

Ognuno a modo suo, con il suo stile, con i suoi mostri, i suoi delitti e le sue debolezze gli autori ci tengono in attesa intorno al fuoco immaginario tenuto acceso da del Toro.

Episodio 4: L’apparenza. Regista: Ana Lily Amipour. In foto: Kate Micucci e Dan Stevens.

Il Cabinet of Curiosities di Guglielmo del Toro

Ma la metafora per la struttura di questa serie scelta da del Toro è quella che le da il nome: un Cabinet of Curiosities. I wunderkammer, o gabinetti delle meraviglie, o cabinets of curiosities erano oggetti, o meglio fenomeni, che affondano le loro radici fin dal Medioevo sviluppandosi poi per tutto il seicento e oltre. Erano particolari ambienti, simili ad armadi, ma anche vere e proprie stanze, in cui collezionisti racchiudevano oggetti strani e meravigliosi.

Ogni oggetto, come ogni nostra storia, racchiudeva specificità e significati particolari, a volte non così comprensibili se non se ne conosceva la vera natura. Ciò che magari apparentemente appariva in un modo finiva per risolversi in un altro del tutto inaspettato. E così del Toro, il nostro collezionista, ci mostra le sue storie, le sue puntate, i suoi particolari e inquietanti oggetti meravigliosi.

Cabinet of curiosities
Episodio 5: Il modello Pickman. Regista: Keith Thomas. In foto: Crispin Glover e Ben Barnes.

In ognuno di essi sembrano essere nascosti tratti dell’umanità. Vizi, ossessioni, paure, follie, ambizioni, frustrazioni, speranze disilluse, elaborazioni del lutto, dolori. Ognuna a modo suo mostra le estremizzazioni e gli orrori dell’umanità stessa. Senza sfociare in quelle ovvie, quelle che vediamo tutti i giorni sui giornali. Vengono individuate quelle intrinseche, quelle silenziose, quelle che serpeggiano sottoterra come quei topi che da una storia all’altra continuano a riapparire.

Non si hanno veri e propri mostri. Non si hanno veri e propri cattivi. Ma esseri umani che mostrano i peggiori lati della loro stessa umanità. Ed è forse questo che contemporaneamente non spaventa ma fa paura. Sono storie che lasciano chi le guarda in balia di se stesso. Storie che chiedono una riflessione e non un urlo o un salto sulla sedia.

Cabinet of curiosities
Episodio 8: Il brusio. Regista: Jennifer Kent. In foto: Essie Davis.

Guglielmo del Toro presenta…

Guglielmo del Toro è elegante come sempre. Ambiguo, controverso, come una storia raccontata sottovoce. Ricorda, nelle sue introduzioni, Hitchcock nella sua serie Alfed Hitchcock presenta e il rimando non parrebbe casuale dato che forse non è nemmeno l’unico. Ad esempio, alcune scene dell’ultima puntata sembrano strizzarci l’occhio e ricordarci proprio uno dei suoi film più famosi.

Per coloro che si sono approcciati a questa serie aspettandosi scene splatter, jump scares e simili purtroppo immagino ne rimarranno delusi. La serie segue un po’ quell’impronta horror alla Netflix che sembra ripetersi da alcune puntate di Black Mirror a Hill House. Uno stile horror lento, sofisticato, quasi antico, in cui il vero orrore sono lati dell’umanità stessa.

Leggi anche: Them è l’horror di cui abbiamo bisogno adesso

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