Il castello errante di Howl – Miyazaki e la poetica dell’umanità

Andrea Vailati

Settembre 23, 2016

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Il castello errante di Howl – Miyazaki e la poetica dell’umanità

Vi è la tradizione occidentale della trama dominante, dove lo spettatore si fa coinvolgere molto più dalla storia portante che da ogni singolo contorno, dove il metro di giudizio non da spazio all’immagine, al simbolo, focalizzando ogni sua attenzione sulla narrativa, ponendo un ritmo dinamico che attende il compimento finale di un concatenarsi di eventi.

A questo approccio, il cinema orientale risponde inglobando lo spettatore in un più ampio scenario visivo, dove ogni attimo e ogni sequenza è anche ricerca emotiva, una contemplazione poetica per noi spesso sfuggente.

Il cinema orientale attraversa sempre con grande maestria tutti i nostri sensi giungendo oltre la mente, sino allo spirito.

Sophie [vedendo un aereo da guerra]: «Saranno nemici o amici?».
Howl: «Gli uni o gli altri è la stessa cosa».

Howl
Sophie

Miyazaki è uno dei grandi maestri di questo mondo.

Siamo nel campo dell’animazione, ma questo non deve inibirci: Il castello errante di Howl si rivela, infatti, un meraviglioso manifesto dell’intrecciarsi di tale categoria con un’espressione puramente poetica del cinema.

Sophie è la protagonista della nostra storia, ingenuamente inebriata della sua semplicità.

D’un tratto subentra la magia, in primis posta nella sua oscurità: una strega la maledice poiché gelosa di un suo fugace incontro con Howl, affascinante e enigmatico personaggio, avvolto in un mistero che presto si rivelerà emblema dell’intera storia.

Sophie viene vincolata a una “falsa vecchiaia” e, fuggendo, forse per caso, o forse no, si ritrova alla porta proprio del castello errante di Howl.

Ecco il simbolismo che subentra, tanto gli stessi personaggi, quanto il castello, divengono luoghi e paradossi dell’animo umano.

Howl
Il castello errante

In un clima narrativo sempre fuggente si evincono temi sociali come la guerra, posta in un’iperbole distopica di grande atrocità ove, nonostante non ne sia mostrata l’origine, ne è fortemente evidente il tratto disumano; sono presenti anche temi introspettivi, come la sottile fune sui cui naviga la fragilità, fluttuante tra l’oscurità e la dolcezza più pura.

La più grande battaglia di cui il film si fa carico in un mondo delicato e onirico, seppur capace di scaraventarci in una tenebra spaventosa, è quella tra luce e oscurità, dove le grandi ombre non possono essere sconfitte se non dal puro e ingenuo amore.

Ecco, proprio le ombre si sfumano in mille immagini date dai personaggi e le loro complessità: Howl è un eroe controverso, giunto a patti con un demone che a sua volta è rappresentato come un fuoco parlante, anch’esso in un perpetuo conflitto che non ci permette di inquadrarlo in un canone negativo.

Howl è quindi radicato in un’ardua oscurità, mostrata in un alter ego mostruoso, contaminato e afflitto dalla sua stessa lotta interna.

A tratti egoista, a tratti codardo, egli trova in Sophie una vera e propria chiave, inattaccabile, incorruttibile, un’essenza pura, ecco mostrarsi una meravigliosa storia d’amore, sospesa fino in fondo, incerta in ogni tratto: ecco mostrarsi la poesia.

Ogni altro personaggio, ogni parte della fiaba è un altro simbolo, ed è nella comprensione dei simboli che si risolve la storia stessa.

Il castello errante di Howl è uno sguardo sul viaggio umano.

Infine non si ferma, ma smette di essere incerto nel suo vagare, non perché abbia trovato una fine, ma una prospettiva di pace, navigando consapevole dell’unica idea immutabile: l’amore.

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  • Andrea Vailati

    "Un giorno troverò le parole, e saranno semplici." J. Kerouac

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