Titolo film: Inferno
Regista:Ron Howard Durata:121 minuti Data uscita: 2016 Titolo originale: Inferno
Dove è finito Ignazio Busoni? Ho scelto questa ironica questione per discutere dell’inconsistenza di questo film.
Sono un fan del Codice da Vinci, un fan di Robert Langdon(alias Tom Hanks), poiché nonostante le drammatizzazioni storico-teologiche al limite del credibile, vi è comunque una struttura narrativa piacevole, un perpetuo enigma da risolvere, costituendosi un thriller emozionate e sui generis, davvero interessante e con un protagonista caratterizzato da un’intelligenza intuitivo-deduttiva di alto livello sceneggiaturale.
Ma qui parliamo dell’ultima fatica di Ron Howard, il terzo film della fortunata trasposizione cinematografica tratta dalle opere di Dan Brown. Qui parliamo di Inferno, un film che ha, a mio avviso, nettamente fallito lo scopo.
Una partenza brillante, un Robert Langdon mostrato in un’altra ottica, inquieto, inconsapevole, spaesato e senza memoria in una città che non ricorda come possa aver raggiunto.
Ecco crearsi l’incipit, lo spettatore si immagina di essere nel più grande enigma di sempre, qualcuno vuole distruggere il mondo, la risposta è nel puzzle mentale del Professor Langdon, ricostruire qualcosa di già avvenuto, ma di cui nessuno riesce a capire la logica.
Dunque siamo catturati, il principio ci conquista, ora tutti ci chiediamo, come verrà usato Dante per tessere l’enigma? Subito mi sovviene la storia degli orbi di Newton e del Priorato nel Codice da Vinci, subito sobbalzo nella speranza di essere stupito tramite l’immenso poeta della Divina Commedia. Eppure nulla, tutto si risolve in un banale anagramma. Di lì a seguire ecco affermarsi tranelli ed enigmi davvero di basso rilievo, colpi di scena fin troppo “americani” ed un Ignazio Busoni che ruba la maschera di Dante mettendosela nella giacca come fossero delle caramelle in un bar, per poi sparire senza lasciare più tracce. Però la maschera l’ha nascosta ma non sveliamo tutto.
Subentra quindi il chiaro gioco narrativo dei flashback rivelatori, Robert Langdon però non comprende alcun massimo sistema finché non gli viene spiegato tutto da un assassino capo di una compagnia misteriosa che risolve problemi. Ma quindi alla fine? Di che stiamo parlando? E’ questo il problema, il film si perde, non prende forma, enigmi risolti prima ancora che si evidenzino, Robert Langdon versione agente della CIA che combatte sott’acqua contro gli eredi del cattivo, che tra l’altro muore all’inizio lasciando il ruolo dell’antagonista al miglior offerente. Non è neanche accennato un momento di timore che i “cattivi” vincano, tutto profondamente ovvio, tutto lineare, tanto che infine l’unico pensiero che è sorto in me è stato: Ma dov’è finito Ignazio Busoni?
4/10