Arancia Meccanica.
Come si raccontano le chimere nascoste del mondo?
Come si mostrano le dinamiche distruttive sempre più incalzanti della società?
Come si afferma il fallimento dell’umanità rispetto alla sua irrisolta pulsionalità?
Come si esprime qualcosa di represso e nascosto?
La risposta si insinua nell’esasperazione della realtà, raccontando un’iperbole onirica e dispotica, a tal punto eccessiva, a tal punto paradossale, da non risultare plausibile, a tratti impossibile da guardare, non perché irreale, ma perché dentro di noi sappiamo quanto Arancia Meccanica sia un quadro espressionista di un mondo menzognero, e questo si annida nelle nostre menti in maniera inamovibile.
Qual è il primo motore immobile dell’uomo, o meglio, della società?
Tante risposte hanno seguito questa domanda, ma Arancia Meccanica ce ne mostra una in assoluto, intrecciando i tempi e gli sviluppi del film con l’affermazione dialettica e sociale di questa, inglobandoci, dunque, nella più grande fenomenologia della violenza.
Cosa significa fenomenologia della violenza?
L’unico modo per giungere ai presupposti primordiali è tagliare i filtri, quei paradigmi fittizi che ci siamo imposti per sopravvivere al caos, tra ragione e società, vittime delle nostre stesse menzogne.
Per giungere a tale destrutturazione, si necessita un percorso e, Arancia Meccanica, in tutta la sua appariscenza grottesca, racchiude una profonda logica rivelatrice.
Per semplificare la questione, divideremo l’articolo in tre fasi di analisi, in vero stile di dialettica fenomenologica hegeliana, di cui le prime due si mostreranno come i poli opposti e l’ultima come ricongiungimento consapevole.
Arancia Meccanica – 1° momento: L’affermazione inconsapevole dell’homo homini lupus

Alex: «Ed un tratto capii che il pensare è per gli stupidi mentre i cervelluti si affidano all’ispirazione».
L’uomo, senza educazione morale, senza rispetto per la legge, senza assoggettarsi alla società, senza vincoli etici o razionali di alcun tipo, è pura pulsione, un essere che vaga spinto da sessualità e violenza.
La prima fase di Arancia Meccanica è quella che mi piace vedere come inconsapevole, dove il senso di onnipotenza dell’immenso Alex (Malcom McDowell) e della sua amata ultraviolenza, è dato da un’implacabile necessità di affermazione del proprio dominio naturale, non sociale, rispetto ad un mondo sempre più passivo e debole.
L’eccesso è l’unica linfa della sregolatezza, seguire delle linee guida è alienante, limitante, assoggettarsi agli istinti è pura libido.
La violenza qui è assolutamente gratuita e irrazionale, non segue canoni, ma una perpetua ricerca di egemonia del più forte: è la più grande affermazione di un homo homini lupus senza mediazioni.
Quattro drughi che seminano distruzione in ogni sua forma, che sia picchiare un barbone o stuprare una donna dinnanzi al marito, il tutto avvolto da una paradossale scelta musicale aulica, dove l’ispirazione artistica raggiunge un dionisiaco condotto, proprio in un paradosso iperbolico, verso una dimensione di violenza primordiale, ma oltre l’animalità, in quanto volutamente eccedente dal tratto necessario per dominare, fine a se stessa, superflua.
Ma Alex non è uno stupido, è solo un superuomo distopico, che, ovviamente, poco ha a che fare con quello di Nietzsche, che distrugge, ma senza voler costruire nulla.
Dunque, ecco la prima fase dialettica della violenza:
La violenza in sé, dell’uomo verso la società, dell’uomo che distrugge, ma senza reale coscienza, solo poiché spinto all’eccesso pulsionale senza mezze misure.
Arancia Meccanica – 2° momento: La Cura Ludovico – La più grande menzogna violenta della società

Dr. Brodsky: «Non ancora guarito, giovanotto!
Alexander DeLarge: «Ma sir..! La prego! Ora so che è sbagliato! Sbagliato perché la cosa è antisociale, sir! Sbagliato perché ogni uomo ha il diritto di vivere felice senza venire torchionato o accoltellato!».
Dr. Brodsky: «No, no, buono, deve lasciar fare a noi! Ma si faccia coraggio! Tra quindici giorni lei sarà in libertà!».
Alex, il lupo alfa, viene tradito dal suo stesso branco, forse perché oramai saturo dell’implacabile egocentrismo del leader: qui inizia l’emblematico rovesciamento concettuale, che toccherà vari temi trattati nella prima parte dell’opera e si affermerà come fase dialettica di contrasto.
Alex, da individuo egoico primeggiante, diviene un numero qualunque in una galera, da lupo diviene una pecora sola e fragile.
Ma il nostro eroe non cede, si affaccia furbamente alla religione e, attraverso un’ottima politica di captatio benevolentiae, riesce ad ottenere la possibilità di partecipare come cavia alla fantomatica Cura Ludovico.
Ecco iniziare il paradosso menzognero della società, risolvere la violenza reprimendola in maniera violenta, un progetto di eliminazione della pulsionalità a tal punto radicale da arrivare a opprimere il libero arbitrio, giungendo ad annullare il compromesso, vendendo il mondo come bianco o nero.
Il bianco ricercato dalla Cura, però, è profondamente oscuro, portando Alex a divenire succube della società, quasi in una involontaria legge del contrappasso: l’uomo distruttivo viene distrutto ed abbattuto.
Il ritorno al mondo è, infatti, incredibilmente invertito: tutti i momenti epifanici della prima fase vengono riproposti in una chiave di lettura opposta, è lui la vittima picchiata dai barboni, dai vecchi amici divenuti poliziotti giustificati a essere violenti e, infine, sfruttato per ragioni politiche dallo stesso scrittore, vittima del trauma singing in the rain.
La Nona Sinfonia, di Ludovico Van, non è più la massima componente d’ispirazione all’aulica violenza, l’inno alla perversione violenta, ma la melodia dell’oppressione di una società che non ti vuole salvare, ma rendere a tal punto innocuo, inerme da annullarti, trasformarti in un essere succube del mondo, da follia omicida a nausea invalicabile.
Questa è la seconda fase dialettica della violenza:
La violenza per sé, della società nei confronti dell’individuo, senza fini risolutivi, totalmente contrastante, antitetica.
Arancia Meccanica – 3° Momento: La consapevolezza trasforma la tragedia in un vero e proprio spasso
Il finale di Arancia Meccanica è così geniale da mostrarsi quasi buffo, divertente.
D’altronde, la consapevolezza della menzogna umana, e ancora di quella sociale, non può che mostrarsi con un’ironia sublime, liberatrice e inquietante, infine onirica nel suo apice.
Come nel processo dialettico hegeliano, dopo lo scontro delle prime due fasi, vi è un superamento che ricomprende: prima l’uomo lupo in una società di pecore, poi la società che reprime il lupo in pecora, annullandolo e buttandolo in un mondo pronto a sbranarlo, infine, l’uomo consapevole di vivere in una società di lupi e pecore, dove i dirigenti costruiscono menzogne ed illusioni con il solo fine di coprire, mai di risolvere.
Ministro dell’Interno: «Tra amici ci si aiuta! [Dopo un momento di silenzio, Alex apre la bocca per avere cibo] Non è un segreto che il governo ha perduto molta popolarità per causa tua, figliolo. C’è chi dice che alle prossime elezioni saremo battuti, la stampa ci ha criticato molto severamente per quel che abbiamo cercato di fare. Ma l’opinione pubblica cambia facilmente… E tu, Alex, se posso chiamarti Alex?».
Alexander DeLarge: «Certo, sir! A te come ti chiamano a casa?».
Ministro dell’Interno: «Oh, ahem, io mi chiamo Frederick. Come dicevo, Alex, tu puoi contribuire molto a cambiare l’opinione pubblica… Capisci, Alex? …Mi sono spiegato chiaro?»
Alexander DeLarge:« …Come un lago senza fango, Fred. Così limpido come un cielo d’estate sempre blu! Fidati di me, Fred!».
Ministro dell’Interno: «Bravo, sei un amico! Ah, già, mi hanno detto che ti piace la musica. Ho una piccola sorpresa per te!».
Alexander DeLarge: «Sorpresa?»
Ministro dell’Interno: «Be’, spero che ti piacerà! Come… Come diciamo così, come simbolo della nostra nuova intesa. Una nuova intesa tra due vecchi amici!»
[Degli uomini portano delle grosse casse che rilasciano musica di Beethoven, poi arrivano dei fotografi che scattano foto del Ministro e di Alex che si stringono la mano e sorridono insieme. Infine Alex ha la visione di fare sesso sulla neve applaudito da una folla di gente]
Il ciclo è eterno, senza un vero fine risolutivo, solo una perenne storia di offuscamento in paradigmi che si interpongono alla lotta, violenta e non violenta, senza mai trovare compromessi reali, solo fittizi, obblighi e non libero arbitrio, e questo Alex l’ha capito, e ora è sulla cresta dell’onda.
Ecco la terza e ultima fase dialettica:
La violenza, in sé e per sé, è determinante, pervasiva, onnipresente nell’uomo e nella società che cerca di reprimerla, ma non ha altri mezzi se non la violenza stessa e l’uomo, consapevole di tale invalicabile presupposto, è libero, mentre il mondo fallisce.




