La Casa di Carta – Noi siamo la Resistenza

Giacomo Simoncini

Maggio 22, 2018

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«Noi siamo la resistenza». Questo dice, in una delle scene finali de La Casa di Carta, Berlino, un uomo vestito di rosso e con in mano un fucile d’assalto. Ma non corriamo troppo, procediamo passo per passo, iniziando, perdonate il gioco di parole, dall’inizio.

Di chi parliamo? Di otto rapinatori, uomini e donne che non hanno niente da perdere, guidati dal Professore, individuo dotato di intelligenza e intuito non comuni.

Che cosa fanno? Il loro obbiettivo è rapinare la Zecca di Stato, per la precisione vogliono rubare 2400 milioni di euro. In che modo? Entrando dentro l’edificio, rimanendo asserragliati al suo interno per ottanta ore insieme a 67 ostaggi e stampando banconote. Perché? Qui, il grande bardo direbbe, che vi è l’intoppo. Non si tratta solo di soldi, si tratta di mandare un messaggio, una critica, un’idea: «Noi siamo la resistenza».

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Le maschere indossate dai personaggi

La serie tv rivelazione

Prodotta dalla rete privata spagnola Antena 3 e portata al successo mondiale da Netflix, La Casa di Carta è la serie del momento. Tutti ne parlano, nel bene o nel male, tutti esprimono la loro opinione.

Con questo articolo proveremo a focalizzare la nostra analisi verso una sfumatura che suscita polemiche e discussioni non solo nei bar o nei salotti radical-chic, ma addirittura nei palazzi della politica. Cercheremo di analizzare quel carattere di lotta e resistenza che contraddistingue la serie tv spagnola.

Il Professore: la mente e l’anima della resistenza

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Il Professore

Il personaggio che gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo della vicenda è Sergio Marquina, alias Il Professore. Proprio lui, come ci racconta Tokio, voce narrante de La Casa di Carta e membro del commando di rapinatori, ha insegnato a tutti loro la canzone Bella Ciao. Un inno, un National Anthem per gli otto impavidi che tenteranno di compiere la rapina più difficile della storia.

Tokio ci spiega che era stato il nonno del Professore a insegnargli la canzone, perché aveva combattuto con i partigiani italiani contro i soldati nazi-fascisti (leggi anche: Pertini il Combattente – Se solo la sala fosse stata piena). Una canzone per combattere gli oppressori, gli invasori, i portatori di odio razziale, una canzone per combattere le ingiustizie. Una canzone che simboleggia la ribellione nei confronti del sistema prestabilito, delle politiche capitaliste che vanno ad arricchire chi è già ricco e favoriscono la disuguaglianza sociale.

Il Professore è un idealista, è un Gramsci dei giorni nostri, un intellettuale al servizio del popolo, una guida, colui che lo istruisce nella lotta contro la classe dominante. Un popolo insofferente ai poteri forti. Allegoria di questo sono i rapinatori, tutti di estrazione popolare, come Mosca, socialista convinto e nato il giorno della festa dei lavoratori.

Il Professore: «Perché non mi vuoi ascoltare, Raquel? (ispettore di polizia, co-protagonista della serie) Perché sono uno dei cattivi? Ti hanno insegnato a distinguere il bene dal male, ma se quello che stiamo facendo noi lo fanno gli altri ti sembra che sia giusto. Nel 2011 la Banca Centrale Europea ha creato dal nulla 171.000 milioni di euro. Dal nulla, proprio come stiamo facendo noi, però alla grande! 185.000 nel 2012. 145.000 milioni di euro nel 2013. Sai dove sono finiti tutti quei soldi?! Alle banche. Direttamente dalla zecca. Ai più ricchi. Qualcuno ha detto che la Banca Centrale Europea è una ladra?! Iniezione di liquidità, l’hanno chiamata e l’hanno tirata fuori dal nulla, Raquel, dal nulla. Sai cos’è questa? [prende una banconota da 50 euro e la strappa] Non è niente, Raquel, è carta, lo vedi, è carta. Io sto facendo un’iniezione di liquidità, ma non alle banche. La sto facendo qui, nell’economia reale di questo gruppo di disgraziati, perché è quello che siamo, Raquel. Per scappare da tutto questo. Tu non vuoi scappare?».

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Raquel e il professore

In questo monologo di grande intensità il Professore tocca il suo picco ideologico e morale. Ci fa capire tutto quello che ha covato dentro di sé per quindici anni, ci fa capire il motivo di questa rapina, ci fa capire che il messaggio è rivolto alla BCE, alle Banche, a quel gruppo di individui che detiene la stragrande maggioranza della ricchezza mondiale. In questo fiume in piena di parole tenta di far capire all’ispettore e al pubblico a casa fino a che punto siamo arrivati: «Non è niente, Raquel, è carta, lo vedi, è carta».

La contrapposizione con l’arte nobile degli origami, creati dal Professore nelle sue telefonate, è evidente e fa luce, definitivamente, sul titolo della serie: la Zecca di Stato è una casa di carta. Un po’ come un castello di carte che potrebbe crollare da un momento all’altro, un origami col quale fantasticare e il sogno fragile di un bambino che, grazie all’ingegno, può diventare realtà. Un’icona, un simbolo. Un gioco semplice che, a seconda dei casi, può rappresentare la più grande rapina di sempre. Pensateci: in fondo è solo una questione di prospettive. Cosa è bene e cosa è male? Chi sono i buoni e chi i cattivi?

La casa di carta: Il denaro dall’elicottero

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Il gruppo di ladri protagonista della serie

Come abbiamo letto qualche riga sopra, con poche parole il Professore riassume la politica monetaria della BCE, il cosiddetto quantitative easing. Con una variazione significativa: invece di stampare miliardi per gli Stati, le banche e le imprese, con un colpo di mano i “disgraziati” dirottano una piccola porzione nelle proprie tasche.

Un possibile piano B per la fuga dei rapinatori elaborato dal Professore consisteva nel far piovere dal cielo, precisamente da un elicottero, milioni di banconote in modo da favorire il caos e far scappare il commando. Nella teoria economica questa idea ha un nome: si chiama helicopter money.

La tesi è stata formulata nel 1969 da Milton Friedman: è il lancio di denaro da un elicottero per far ripartire consumi e investimenti. Fino a oggi si è tentato di salvare la finanza a mezzo della finanza, senza preoccuparsi delle crescenti diseguaglianze e neppure della reale efficacia sia delle politiche di austerità sia di quelle successive (Leggi anche: La Grande Scommessa). Politiche che stanno trainando una crescita basata sul lavoro precario e la messa al lavoro dei poveri. Il Professore attraverso questo possibile piano di fuga continua a mandarci messaggi di ribellione e rivolta, porta avanti la sua lotta ideologica.

Ecco che, con queste premesse, vediamo il punto focale del tutto.

La casa di carta: «Noi siamo la resistenza»

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Il Professore e Berlino brindano

Partendo da queste premesse possiamo capire che La Casa di Carta non racconta solamente la storia di una rapina impossibile: ci sono continui riferimenti a questa idea più ampia di lotta contro il sistema, una resistenza vera e propria. Una serie tv che diventa allegoria della ribellione.

Le vesti rosse e soprattutto la maschera di Salvador Dalì indossata dai rapinatori ci fanno ritornare alla mente altre maschere rivoluzionarie come quella dell’inglese Guy Fawkes in V per Vendetta, oppure la maschera del Joker di Nolan magistralmente interpretato da Heath Ledger.

Ma spingendoci ancora più indietro nel tempo possiamo ricordare le quattro maschere dei presidenti Nixon, Reagan, Johnson e Carter in Point Break. Il film che però in assoluto si avvicina di più e dal quale il creatore de La Casa di Carta Álex Pina ha “rubato” più idee è sicuramente Inside Man di Spike Lee, in cui i ladri non prenderanno solo soldi, ma qualcosa di molto più prezioso: documenti nazisti segreti.

Proprio per questo, per i rimandi rivoluzionari, per l’inno partigiano Bella Ciao, per le ideologie anti-capitalistiche che si ripetono e di cui tutta la serie è intrisa, possiamo investire Il Professore e i rapinatori del ruolo di ultimi membri della resistenza: gli ultimi partigiani che attraverso un atto illegale cercano di smuovere le coscienze di chi assiste dall’esterno. Il Professore, Berlino, Tokio, Mosca ci dicono che siamo sotto una feroce dittatura economica ed è arrivato il momento della resistenza, del coraggio, della battaglia partigiana contro l’invasore finanziario. Le rivoluzioni si combattono fino alla fine, costi quel che costi.

La resa non è mai un’opzione considerabile e ogni grande impresa è realizzabile se c’è il sacrificio di un martire.

Ecco perché Berlino, nell’ultimo episodio della seconda stagione, muore. Deve morire. Berlino rappresenta simbolicamente il partigiano «morto per la libertà» della canzone. Si ferma, non scappa, resiste. Non attraversa il tunnel insieme agli altri, ma affronta il combattimento per permettere ai compagni di guadagnare la libertà. Si immola da partigiano. E mentre cade crivellato di colpi c’è ancora lei, la canzone partigiana, che fa da contraltare al rumore degli spari.

Rapinatori vs Sistema, Camerun vs Brasile

Il Professore: «In una partita tra Brasile e Camerun, chi vorreste che vincesse? Il Camerun. Se notate, istintivamente, l’essere umano sempre prende le parti dei più deboli, dei perdenti. Quindi se noi mostreremo al mondo le nostre debolezze, le nostre ferite, che siamo sul punto di arrenderci, susciteremo una grande commozione».

Su questo aspetto empatico Il Professore costruirà il suo piano, sul suscitare un moto dentro il popolo. Questo aspetto potrà sembrare secondario, ma in realtà risulta fondamentale nella riuscita del piano e nella vittoria finale. Una vittoria nella quale non potevamo non sperare: non è solo una questione di empatia, perché questo è molto più del Camerun che mette in ginocchio il Brasile.

Questa è una rivolta sociale, che sfila un miliardo di euro dalle tasche dei ricchi per metterli a disposizione di nove disperati. Questa vittoria e questo tifo sono anche alla base del successo de La Casa di Carta.

Questo tifo da stadio per chi ruba porta lo spettatore a dimenticare la quarta parete cinematografica, lo porta a immedesimarsi nelle vicende e a entrare all’interno delle stesse.

Osserviamo il comportamento di Raquel: all’inizio dura e irreprensibile, nel finale insicura e coinvolta dal turbinio di emozioni che la portano a non rivelare il covo del Professore. «Non so più chi sono i buoni e chi sono i cattivi», dice. E chi rappresenta la poliziotta? Tutti noi. Murillo è la nostra rappresentante simbolica nella serie, è colei che si lascia scivolare tutto addosso, che è passiva e che non compie azioni rivoluzionarie perché convinta di vivere nel migliore dei mondi possibili, sbagliando.

La casa di carta: I risvolti sociali della serie nella vita di tutti i giorni

Manifestanti con le maschere de “La Casa di Carta”

La Casa di Carta ha influenzato un gran numero di spettatori e le maschere di Dalì sono diventate subito un cult della lotta anti-sistema, seguendo la strada della maschera già citata di Guy Fawkes in V per Vendetta, diventata simbolo di Anonymous.

Solo poche settimane fa alcuni hacker hanno violato i sistemi di protezione di Youtube e al posto del video del successo musicale Despacito hanno caricato delle immagini de La Casa di Carta. Nei cortei di protesta contro il Presidente Francese Macron sono apparsi striscioni e maschere che richiamavano la serie tv. A Napoli, all’Università Federico II, gli studenti si sono vestiti con tute rosse e maschere di Dalì per protestare contro l’aumento delle tasse dell’istituto.

Recentemente si è creata una polemica in Turchia perché diversi commentatori e politici vicino al premier Erdogan hanno accusato La Casa di Carta di essere una produzione che incita alla ribellione attraverso messaggi subliminali o espliciti.

Insomma, quel «Noi siamo la resistenza» pronunciato da Berlino non sembra così tanto lontano dalla nostra realtà. Persino la dura ispettrice Raquel Murillo ha cambiato mentalità riconoscendo in quegli uomini vestiti di rosso non dei semplici rapinatori, ma dei partigiani antisistema. Forse è proprio questo cambio di mentalità che La Casa di Carta ci invita a compiere.

Leggi anche: Inside Man – Monologo immaginario di uno spettatore

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