Revenge – La colpa di essere belle

Antonio Lamorte

Settembre 12, 2018

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La più grande colpa delle donne è quella di essere belle.

Jen (il cui nome rimanda a quello della protagonista di Non violentate Jennifer di Meir Zarchi) è una ragazza che, purtroppo per lei, ha questa colpa. La colpa di essere irresistibile. Richard, il suo giovane amante, glielo ricorda sempre all’inizio del film. Lui è completamente pazzo di lei, e afferma: “Bisogna essere ciechi per non notarti”.

Tutta la prima parte del film ha come canovaccio principale il fisico, l’aspetto esteriore di Jen, quindi la vista, lo sguardo che inquadra lo sua perfetta silhouette. Lo sguardo di chi? Lo sguardo di Stan e Dimitri, i loschi colleghi cacciatori di Richard, che lo raggiungono nella sua freschissima residenza estiva, che si contrappone magnificamente con il calore tangibile che proviene dal deserto.

Kevin Janssens and Matilda Anna Ingrid Lutz in Revenge (2017)

Loro la vedono, la squadrano per bene, usano un cannocchiale per poter ammirare meglio i lineamenti del suo viso, la desiderano. C’è un particolare che inquieta molto nella prima parte del film; il punto di vista che la regista ci mostra è quello dei due nuovi arrivati, quello dei potenziali predatori. Noi la vediamo come loro la vedono. Un po’ come in Psycho, dove l’occhio che spia Janet Leigh non è solamente quello di Anthony Perkins, ma anche il nostro. L’occhio della telecamera e dello spettatore è malizioso quanto quello di questi personaggi.

La regista Coralie Fargeat inquadra magnificamente il magnifico corpo di Matilda Lutz, e ci mette nella stessa condizione voyeuristica dei tre personaggi maschili. Questa è la cosa, forse, più terrificante di tutto il film, specialmente una volta arrivati all’atto tremendo che dà il via alla vicenda vera e propria: ovvero lo stupro della protagonista.

Jen compie un percorso interessante durante il film. Conduce una vita abbastanza normale all’inizio. Amoreggia con un uomo sposato, cerca un lavoro che possa piacerle, sogna di andare a Los Angeles. Dopodiché c’è la sua discesa negli inferi, violentata e lasciata a morire nell’arido deserto. Una morte morale e spirituale, che prende il sopravvento sulla morte fisica. Invece, c’è poi una rinascita, come l’araba fenice scolpita sul suo addome assieme alla scritta American Beer. Infine, vendetta, implacabile e senza freni; una vendetta impensabile se lo spettatore ricorda la fragile e bellissima Jen dell’inizio del film.

La fenice è da sempre il simbolo di rinascita e di crescita, ma non è il solo animale presente in questo film. Gli insetti sono largamente protagonisti di meravigliosi primissimi piani; formiche che penetrano una mela con un morso, che si annerisce sempre di più, altre formiche che vengono sommerse dal sangue di Jen, che scorre copiosamente dal suo corpo, ragni che annegano nell’urina. Il volto di Stan, l’assalitore di Jen all’inizio del film, si sovrappone magnificamente con quello di un rettile predatore dalla lingua biforcuta. Il rettile si ciba di insetti, la fenice, invece, come tutti i predatori del cielo, caccia i rettili.

Il predatore che diventa preda. Certo, è un concetto tipico e ripetuto nell’ambito del rape & revenge movie, ma è estremamente interessante il modo in cui viene esposto, vista anche la rarità oggigiorno di film di questo genere, saldamente fissati negli anni Settanta e nell’estetica di quella decade.

Revenge riprende l’eredità di un genere e lo trasporta nel nuovo millenio, temprato da registi come Raimi e Tarantino, che hanno fatto del gore un marchio di fabbrica. Tutti personaggi perderanno molto sangue, uno di loro addirittura scivolerà su di esso, e quelle pelli così bianche che risplendevano sotto la calda luce del Sole si macchieranno e si oscureranno.

Un film che parla di un argomento molto scottante, senza sottovalutare l’assoluta serietà del tema trattato, regalando comunque dell’ottimo intrattenimento, caratterizzato da un’azione intensa e graffiante . E’ uno di quei prodotti che scarseggiano sempre di più, cinema di genere puro, che abbraccia anche temi complessi e li rielaborano rendendoli fruibili a quante più persone possibili. Un cinema fatto di pugni allo stomaco e emozioni indelebili. Il miglior cinema del mondo, probabilmente.

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