Non è facile tenere in vita lo spirito di una saga che va avanti da oltre quarant’anni; non lo è soprattutto in quest’ultimo periodo, caratterizzato da sequel, remake e reboot creati a tavolino con il solo scopo di lucrare sul buon nome di un prodotto consolidato. Tuttavia la storia del giovane Adonis Creed sembrava sovvertire quanto appena elencato, e Creed II conferma questa espressione: il giovane figlio di Apollo è finalmente campione dei pesi massimi, ma di fronte a lui ecco tornare l’ombra del passato.
Direttamente dall’Ucraina, il figlio di Ivan Drago, Viktor, è pronto a conquistare quanto era stato tolto al padre, reo di aver spezzato la vita del padre del giovane campione. Quanto scritto implicherebbe già di per sé un vero e proprio tuffo nel passato della serie, puntando sull’effetto nostalgia attraverso tanti rimandi agli episodi III e IV. Ma la forza, e la capacità del giovane regista Steven Caple Jr., sta nel rendere questo passaggio non il punto focale, bensì uno dei tanti fuochi accessi.
Da una mera osservazione tecnica, il film è quanto di più auspicabile a narrazioni del genere: montaggio sequenziale, ritmo incalzante, scene di manifesta esaltazione intramezzate da momenti di quieta normalità, freeze frames e dinamicità di esecuzione. L’Io del personaggio Adonis assume fin da subito una caratterizzazione ben precisa: non solo dedito alla gloria, alla rivalsa personale, ma giovane legato a sani principi, comprese le debolezze familiari, come il confessare turbamenti emotivi alla madre o chiedere la mano dell’anima gemella in dolce attesa. Operazione, questa, non scontata in un film “di genere”, a dimostrazione della vena autoriale che circonda la saga, andando oltre la storia di un boxer per raccontare la storia di un lottatore. Adonis non dimentica quindi il padre Apollo, lo reincarna e regge sulle sue spalle la sua eredità
Ancora una volta, Rocky Balboa raccoglie attorno a se l’anima dell’intero cerchio narrativo: lo fa anche quando non appare in scena, come fosse un’evocazione continua, una presenza mistica che sorveglia gli eventi del film. Balboa è il padre rincuorante per una pacca sulle spalle, il primo a mettere la verità a nudo e allo stesso tempo l’uomo della rinascita e custode del futuro, deciso a lasciare lo spazio al nuovo prodigio del ring con magnifica grazia. E poi, forse più importante di tutto, si tratta un uomo solo, privato degli affetti più cari, legati ai ricordi di una vita passata ormai lontana, eppure ancora riflessa sulle pareti del suo locale, abitate dalla storia dello Stallone italiano.
Probabilmente, in ultima analisi, Creed II è un film di incontri: per Adonis, quello con una nuova vita da proteggere contro i fantasmi del passato. Per Viktor Drago, quello con il padre Ivan, idolatrato e abbandonato dopo la sconfitta, e perciò desideroso di rinascere insieme a quest’ultimo. Per Rocky, con la più grande perdita della sua vita, con un amico che sente di aver abbandonato sul ring, con un figlio da riabbracciare ma ormai lontano, con un palo della luce fulminato, simbolo di un ricordo sbiadito, in una città dove la sua statua con le braccia alzate al cielo resta l’unica meta di pellegrinaggio.
Michael B. Jordan convince ancor di più della volta precedente, alla stessa maniera di Tessa Thompson. Se Stallone non ha bisogno di essere ricordato, Dolph Lundgren forse fa apparire per la prima volta un accenno di umanità dai suoi consueti e granitici personaggi, celando un cuore sotto la rigidità di Ivan Drago. Creed II non è un film perfetto, ma chiude con straordinaria forza una saga irripetibile, fatta di miseria, di cadute agli inferi, di amori fragili da proteggere, di spirito di sacrificio e rivalsa, gioie personali e tremende delusione. Un po’ come la vita d’altronde. E quando il cinema ci dà tutto questo, cosa chiedere di più?
Voglio solamente ringraziare tutte le persone del mondo per aver accolto la famiglia di Rocky Balboa nei loro cuori per 40 anni. Poter creare e interpretare questo personaggio significativo è stato un mio incredibile privilegio. Nonostante mi si spezzi il cuore, purtroppo tutte le cose devono passare e finire. Voglio bene a voi, persone gentili e generose, e la cosa più meravigliosa di tutto questo è che Rocky non morirà mai perché vive dentro di voi.
(Sylvester Stallone, annunciando l’addio al ruolo di Rocky Balboa)