Pulp Fiction e la cultura del postmoderno
Chiamiamo età del postmoderno quella affermatasi fra gli anni Sessanta e Settanta negli Stati Uniti e sviluppatasi in Europa a partire dalla svolta nel 1973. Chi coniò l’espressione di “postmoderno” fu il filosofo francese Lyotard attraverso il saggio La condizione postmoderna.
All’interno del postmoderno dominano una serie di fattori, dal senso del limite alla complessità del mondo, dalla relatività delle conoscenze a una saturazione del moderno. Tutto ormai è stato visto e fatto. Il nostro scopo è quello di orientarci in un mondo sempre più babelico e labirintico.
Tralasciando la distinzione tra postmoderno e postmodernismo, il primo ha avuto una larga diffusione nell’universo culturale, permeandolo. Letteratura, in primis, arte, estetica, pittura e musica hanno subito una forte influenza. Questo sia a livello tematico sia a livello stilistico. Tra le rispettive forme culturali, anche l’universo cinematografico ha subito una grande influenza postmoderna.
Il farsi strada del postmoderno sul grande schermo è stato un processo graduale, che va guardato con la consapevolezza dell’evolversi di fasi tra loro molto diverse nella storia del cinema.
Durante gli anni Sessanta, il cinema insiste spesso sulla denuncia sociale e su temi esistenziali, tipiche caratteristiche del cinema moderno di stampo europeo, intellettuale, lento, impegnato e visibilmente autoriale.
Ma dalla seconda metà degli anni Settanta e inizio anni Ottanta il volto del cinema inizia a cambiare. Da un lato i registi tentano di tener conto del pubblico che cambia, dall’altro lato si punta sempre più alla spettacolarizzazione. Gli spettatori, anziché essere rassicurati su un piano ideologico, preferiscono divertirsi con gli effetti barocchi, rutilanti e con l’aggressività della visione.
Il cinema si fa spettacolo e gli effetti speciali entrano nel repertorio dialettico ed estetico. Il cinema dei grandi autori punta per la prima volta a un pubblico di ipermassa, che vuole innanzitutto divertirsi.
Il primo regista a sfruttare questo potenziale, assieme a Brian De Palma, fu proprio Quentin Tarantino, grazie al suo esordio con Le Iene.
Nel 1994 realizzerà il film che diventerà una summa di canoni postmoderni e contemporaneamente sancirà lo stile unico di Tarantino. Citazioni, motivi violenti, gusto ironico, pastiche creano quella miscela ideale ed esplosiva per realizzare uno dei film miglior di sempre: Pulp Fiction.
Pulp Fiction – Un nuovo tipo di intreccio
Pulp Fiction è incentrato interamente in quattro storie diverse che si intrecciano in una narrazione ambientata a Los Angeles. Giochi di incastri e continui andirivieni temporali sono gli aspetti che reggono la trama.
Zucchino e Coniglietta sono due malviventi che decidono di compiere una rapina in una tavola calda. Vincent Vega e Jules Winnfield sono due sicari vestiti di nero, i quali entrano in possesso di una valigetta dal contenuto misterioso.

I due si trovano a ripulire l’auto sporca del sangue di un uomo con l’aiuto di Mr. Wolf e si seggono nella stessa tavola calda, precedentemente rapinata. Vincent inoltre deve portare a ballare Mia, la moglie del capo, che in seguito però ha una overdose da cui viene salvata dal sicario.
Il pugile Butch, invece di cadere al tappeto, in un incontro truccato finisce con l’uccidere il suo avversario. Così Marsellus, il capo dei due sicari, decide di farlo fuori, costringendo il pugile a fuggire. Tuttavia si dimentica a casa un orologio d’oro regalato dal padre, quindi rimanda la partenza. Tornato nel suo appartamento, uccide Vincent. Infine si trova con Marsellus nelle mani di due spietati assassini, ma riesce a liberarsi e a salvarlo. Quest’ultimo gli accorda il perdono.
All’interno di Pulp Fiction tutti questi episodi non vengono narrati secondo l’ordine cronologico. Si mescolano gli uni agli altri e vengono inseriti in una struttura circolare, che si apre e chiude proprio all’interno della tavola calda.
Tarantino e la narrativa pulp
Il titolo del film allude ai pulp magazines, richiamando proprio le pubblicazioni dozzinali e di largo consumo. Furono diffuse negli Stati Uniti tra gli anni Trenta e Quaranta e avevano il compito di divulgare una narrativa popolare di evasione. Erano composte da vicende grossolane e sensazionali, i cui protagonisti erano, appunto, dei feroci criminali e gangster.

Il termine pulp indica proprio il particolare tipo di carta ruvida e di bassa qualità su cui venivano stampati i pulp magazines. Ora, mettendo in evidenzia già nel titolo la derivazione del film dalla narrativa pulp, Tarantino dichiara sin di subito la sua intenzione: realizzare una parodia delle gangster stories.
Infatti le quattro vicende narrate nel film si muovono mediante situazioni narrative usurate, stereotipate.
Abbiamo il malvivente che deve far divertire la moglie del capo, il pugile che cambia le sorti di un incontro truccato e poi fugge con i soldi… e così via. Lo spettatore è messo di fronte al già visto e al già detto. Ed è proprio da questa ripetizione dell’identico che scaturisce la comicità. Vi è un puro gioco di citazioni e di parodia, nel quale assistiamo a una disinvolta contaminazione di cultura alta e cultura di massa.
Pulp Fiction – l’immaginario postmoderno

All’indomani delle uscite nelle sale, Pulp Fiction ebbe un enorme successo di pubblico e di critica. La sua ascesa a cult movie fu immediata.
La pellicola rispecchia perfettamente l’ideologia e l’immaginario del postmoderno, la cui stessa poetica può essere individuata in alcuni principali aspetti.
- Realtà
In Pulp Fiction la realtà perde di consistenza. Il film infatti fa uso di una sorta di realismo eccessivo, talmente esasperato da diventare inverosimile e straniante. Basti pensare al sangue e al truculento, i quali invadono al tal punto lo schermo da perdere ogni significato.
La violenza diventa un pretesto comico, la quale, però, calibrata con l’architettura della narrazione, con i suoi incroci e scambi, si fa specchio di una realtà fluida, che assume un significato diverso a seconda del punto di vista da cui la si osserva.
L’unica logica che sembra regolare i personaggi è il caso. La vicenda sembra avanzare attraverso un accumulo di circostanze impreviste e imprevedibili. Così anche l’intera trama è messa in moto da un evento inesplicabile: i due killer restano illesi nella sparatoria che segue al tentativo di recuperare la valigetta misteriosa; Jules Winnfield interpreta la casualità come una fatalità e decide di convertirsi, cambiando stile di vita. La stessa valigetta è un oggetto vuoto, del quale lo spettatore non conoscerà mai il contenuto.
- Spazio-tempo
Pulp Fiction è ambientata in una metropoli, ovvero Los Angeles. Tecnicamente un non-luogo spersonalizzante, dove gli incontri e gli scontri tra i personaggi sono assolutamente fortuiti. A sua volta il tempo viene manipolato dal momento che l’ordine del film non coincide con quello della storia.
Inoltre la stessa sconnessione temporale fra gli episodi narrati crea graduali cambiamenti dei personaggi coinvolti. Ad esempio i personaggi principali di una vicenda assumono il ruolo di comparse in un’altra.
È esemplare il caso di Vincent Vega. Il killer infatti è protagonista di due episodi ed entra con una brevissima apparizione anche nelle sequenze dedicate al pugile Butch, che lo trova in casa sua e lo uccide trivellandolo di colpi.

- Citazionismo e parodia
Il citazionismo e la parodia sono alla base della sceneggiatura. Si rinvia a un repertorio di stereotipi grotteschi, tratti dal cinema, dalla letteratura, dal fumetto. Persino la colonna sonora alterna una serie di vecchi brani musicali, per lo più dimenticati o poco noti.
Pulp Fiction è un grande pastiche che mescola generi diversi e stili del tutto differenti.
La continua ripresa di situazione già viste produce nello spettatore un senso di saturazione e di abbondanza, mentre la mescolanza di alto e basso innesca la comicità. In particolare, a generare un effetto comico di straniamento è la giustapposizione tra la violenza insensata che domina l’agire dei personaggi e la densità dei loro dialoghi, serratissimi e paradossali.
All’interno di questa mescolanza caotica di stili e dall’audacia del montaggio non scaturisce una visione del mondo ideologicamente orientata né conflittuale. Al contrario, la contaminazione è funzionale a un esercizio disimpegnato di puro intrattenimento. È il trionfo del relativismo.
Conclusioni

Al di là del semplice intrattenimento, Pulp Fiction offre allo spettatore contemporaneo un’importante lezione. Il riconoscimento a icona cinematografica è accompagnata dal forte messaggio che la pellicola continua a trasmettere.
Calata nella postmodernità, la realtà che fuoriesce dal film è una mescolanza di stili e di lingue che non vuole essere solo parodica o critica. Registra invece la babele dei linguaggi da cui l’uomo di oggi è bombardato, giustapponendoli.
L’intento non è polemico, è puramente descrittivo ma colpisce comunque il bersaglio. Si vive solo in un mondo di parole, in un mondo immateriale e per molti aspetti virtuale, invasi dagli aspetti della contemporaneità che sostituiscono integralmente le cose.