Bojack Horseman – Dialogo immaginario tra Todd Chavez e René Girard

Carmine Esposito

Novembre 13, 2019

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Todd non sa lasciarsi andare, non riesce a togliersi di dosso un’amicizia scomoda. Il rapporto con Bojack è di odio e amore ma, come tutte le spirali affettive, è tanto calamitico quanto doloroso. Non è difficile immaginarsi l’impatto che la convivenza con il cavallo superstar abbia avuto sulla psiche di un giovane senzatetto, senza famiglia e senza futuro; il fascino dell’attore maledetto, le luci abbaglianti di Hollywoo, le frequentazioni patinate, tutte droghe da cui è difficile disintossicarsi. Todd è totalmente avviluppato dall’aura di Bojack, tanto da accettarne tutti gli insulti, le aggressioni, come fossero naturali; ogni parola sgradevole è oro colato, meglio essere considerati piattole piuttosto che non essere considerati affatto.

Una psiche tanto soggiogata non può che ricorrere a un aiuto qualificato, a un sostegno consapevole. Proprio per questo, lui che rappresenta la vittima sacrificale preferita del cavallo narcisista, non poteva che chiedere aiuto a René Girard; solo il teorico del desiderio mimetico e del capro espiatorio può salvare Todd dal suo definitivo sacrificio. Steso sul divanetto dello studio del dottor Girard, il ragazzo dal cappellino giallo si confessa e si guarda dentro, per cercare la chiave di una porta sul futuro.

Todd – Buongiorno dottor Girard

Girard – Buongiorno Todd, come ti senti in questo periodo?

T – Non molto bene dottore. Le cose non sono cambiate di una virgola. Bojack è sempre molto cattivo, alle volte anche meschino. Io provo continuamente ad accontentarlo, a rispondere ai suoi desideri e alle sue esigenze, ma sembra che non ci sia nulla che lo faccia contento.

G – E questo come ti fa sentire Todd?

T – Vorrei che Bojack mi apprezzasse, che riuscisse a gratificarmi un minimo. Mi piacerebbe che ogni tanto si interessasse a me, invece di passare il tempo solo a darmi ordini, a dirmi quanto mi approfitti di lui e quanto tutto quello che faccia sia uno schifo. Alle volte mi sento perso, e non so che pesci prendere.

G – Hai mai pensato che non esiste realmente quello che Bojack vuole da te? Che sia solo un pretesto per mascherare la sua invidia?

Todd

T – No dottore, non l’ho mai vista sotto questo punto di vista. Anche perché per me Bojack è quasi un dio; vorrei tanto essere come lui, avere successo e soldi; avere tante persone che gli vogliono bene nonostante tutto, una bella casa e lavorare nel cinema. Non capisco cosa potrebbe portare una persona così affermata come lui ad invidiare me. Un ragazzo che non possiede nulla, e nulla può chiedere alla vita. Cosa potrei mai avere io che lui non abbia già?!

G – Non credi lui possa invidiare proprio questo? Il tuo anonimato, la tua totale e irrefrenabile libertà?

T – Libertà?! Che libertà? Quella di essere un inguaribile scroccone, senza lavoro e senza una casa? O la libertà di essere insultato e aggredito, spesso senza motivo, perché vivo sul divano di una star del cinema?

G – Mettiamola così, Bojack è auto-lesionista e auto-commiserativo. Gli piace crogiolarsi nel suo dolore; fare qualcosa per sentirsi meglio, infatti, vorrebbe dire tradire la sua necessità di farsi del male. E quindi, tutta la sua fama, la sua ricchezza, le sue conoscenze, servono ad alimentare il suo ego, ma anche a renderlo schiavo di quelle dinamiche malate che lo feriscono nel profondo. Lui è contento delle foto, di essere riconosciuto per strada, ma al tempo stesso soffre per la perenne mancanza di intimità. E questo circolo vizioso si replica in ogni ambito della sua quotidianità. Tu ne sei esente, e lui lo vede. Vede come tu sei libero da te stesso, e non schiavo delle tue ossessioni o del tuo passato, come lo è lui. Questa è la libertà che lui ti invidia: la libertà di un futuro da scoprire e di un passato da non dover affogare nell’alcol.

Todd

T – Anche se, non è che la mia vita sia proprio invidiabile. Vivo su un divano, non ho un soldo in tasca né dei vestiti diversi da quelli che indosso. Bell’invidia quella di Bojack.

G – La spinta desiderante di ognuno di noi è puramente imitativa. Anche tu, nel tuo modo di agire, provi ad imitare un modello che rappresenta il tuo ideale di felicità. In questo momento, Bojack vede in te, e nella tua supposta libertà, la felicità a lui preclusa. Vorrebbe sentirsi leggero e pieno di vita, libero dalle aspettative opprimenti del mondo circostante; vorrebbe anche lui dormire su un divano, vivere tutto con la spensieratezza della prima volta, di chi non ha mai visto prima il mondo di Hollywoo. Tu sei quello che lui non potrà mai più essere. Lui è Bojack, e proprio per questo si sente condannato a condurre un’esistenza miserabile, da cui potrebbe uscirne solo tramutandosi in te. Solo diventando il Todd di un altro Bojack.

T – Ma se per Bojack io fossi un esempio, perché lui mi tratta sempre come se fossi immondizia? Perché mi urla sempre addosso, e sfoga su di me le frustrazioni accumulate in giro? Non dovrebbe trattarmi con un minimo di riguardo?

G – All’opposto, tu come ti comporti nei suoi confronti?

T – Lui per me è veramente un esempio! Faccio di tutto per provare a compiacerlo. Ho scritto una rock opera, che poi ho mandato in malora; gli ho dato una mano con lo spot del Bourbon. Provo sempre a inventarmi qualcosa di nuovo per farmi accettare nella sua cerchia di superstar. Ho persino partecipato a un rapporto sessuale per non contraddirlo!

G – Ed è qui che scatta la conflittualità! Vi rincorrete in una spirale infinita; tu che provi ad essere lui, e lui che prova ad essere te. Nella tua rincorsa, lui vede un concorrente verso la felicità, che nell’immaginario comune è indivisibile e unica. Questa corsa può avere solo un vincitore, e tu e Bojack siete due avversari. Lui ti percepisce come un nemico in questa sua spasmodica ricerca di pace, proprio perché tu non ti comporti come lui si aspetta; tu non brilli in un firmamento, immobile e inarrivabile come Secretariat nella sua infanzia, ma ti agiti e corri per raggiungere il tuo personale pezzo di cielo.

T – Ed è così sbagliato, dottor Girard?

G – Assolutamente no, Todd. Ma proviamo a ragionare come Bojack per un momento, e proviamo a comprendere l’evoluzione del suo desiderio mimetico. Nel delirio di Bojack tu sei un obiettivo inarrivabile, circondato da un’aura quasi divina, di felicità; sei un semi-dio che si è accomodato in casa sua per salvarlo. Sei una sorta di Ganesh, nel tuo piccolo altare-divano, artefice di un flusso catalizzatore di energie positive; il suo biglietto per il Nirvana. Ma poi, è come se ti ritrovasse in coda al supermercato, subito prima di lui, con una spesa infinita e gli faresti perdere tantissimo tempo prezioso. In un contesto così banale, l’immagine paradisiaca esploderebbe come una bolla, e tu saresti solo un altro ostacolo sul suo cammino verso la felicità.

Todd

T – E allora perché trattare male un semi-dio?

G – Perché quando la divinità viene incarnata, va sacrificata. Il famoso agnello di dio, vittima sacrificale per antonomasia, è il viatico necessario per mondare le persone del peccato originale. Cristo è stato forse il più famoso capro espiatorio della storia; fu crocifisso per permettere alla società romana ed ebraica, dominanti all’epoca, di poter scacciare i fantasmi della disgregazione del loro predominio culturale e religioso. Tu sei il personalissimo capro espiatorio di Bojack; non può certamente ucciderti, la legge non lo permetterebbe, ma può distruggerti in altri modi. Può umiliarti, mettere a repentaglio la tua carriera sabotando il provino della rock opera, oppure avere rapporti sessuali con tutte le persone che hai a cuore.

T – Ma è orribile! E non c’è una via d’uscita?

G – E’ tipico di Bojack, Todd. Ottenebrato dai sensi di colpa e dal suo desiderio mimetico, non riuscirà mai a vedere oltre se stesso.

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