Dialogo Immaginario tra BoJack Horseman e Jean-Paul Sartre

Tommaso Paris

Marzo 31, 2018

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BoJack Horseman domanda, Jean-Paul Sartre risponde.

Un cavallo antropomorfo alcolizzato, cinico e depresso, domanda. Un pensatore immenso, filosofo, drammaturgo e raffinato bevitore nei cafè parigini, risponde.

Cosa potrà mai avere a che fare un mondo come quello in cui vive BoJack Horseman, una Hollywoo in cui uomini e animali antropomorfi vivono beatamente – o meglio fingono di farlo – con un movimento filosofico come quello esistenzialista che ha sancito una particolare direzione del Novecento?

Chiunque si sia mai immerso nella dimensione dell’esistenzialismo – quello sartriano in particolare – è consapevole che è qualcosa da cui non si può uscire, che assorbe ogni lato della realtà, Hollywoo compresa, essendo difatti la metafora dell’esistenza in generale.

In questo mondo, a prima vista assurdo, lo spettatore si trova a immedesimarsi con una gatta manager, un cane attore, una ragazza ghostwriter, un famoso cavallo alcolizzato e con un ragazzo, Todd, che vive su un divano da anni. Questa situazione palesemente stravagante si tinge di temi esistenziali poiché i problemi dei protagonisti sono equiparabili ai nostri.

Ogni personaggio è impegnato alla ricerca di un particolare modo per distrarsi. Totalmente assorti nella quotidianità, i protagonisti di Bojack Horseman scappano all’inevitabile domanda sul senso della propria esistenza. La gatta Princess Carolyn è costantemente al lavoro, BoJack si rifugia nell’alcool, nelle droghe e nel suo passato di celebrità, il cane Mr. Peanutbutter gioca esprimendo un irrazionale e insensato ottimismo tanto adorato dalla scrittrice Diane.

BoJack Horseman è molto più vicino a noi di quanto, a primo acchito, potremmo immaginare.

Noi de La Settima Arte abbiamo provato ad analizzare alcune scene e dialoghi di questa meravigliosa serie animata, tentando di instaurare un surreale confronto tra questo cavallo, con una grande dote per gli autosabotaggi, e il più grande esistenzialista francese, seppur piccolo di statura, del secolo scorso.

Il Rassicurante Atteggiamento della Malafede

BoJack: «Ho fatto un casino, vero?».
Diane: «Avresti potuto essere una figura di riferimento migliore per lei quand’era giovane, ma comunque il suo destino era già segnato. È la celebrità che riduce così le persone».
BoJack«Perciò stai dicendo che è tutta colpa della società e che noi individui non siamo assolutamente tenuti a prenderci responsabilità?».
Diane: «Ehm, no, non esattamente. Dicevo solo che…».
BoJack: «Sì, mi piace. Non ho fatto niente di male perché non avrei potuto. Noi siamo il prodotto dell’ambiente, sballottati come palline nel gioco mangia-cavallo che rappresenta il nostro assurdo e crudele universo!».
Diane: «Aspetta, no, non è questo che io intendevo…».
BoJack«Sììì! Non è colpa mia. È colpa della società, è solo e soltanto colpa della società. Hurrà, niente in questa vita ha senso! Niente di ciò che faccio ha conseguenze!».

Sartre: «Ehi BoJack, ma cosa stai dicendo? Questo tuo atteggiamento io lo conosco fin troppo bene. Devi capire che…».

«Si può giudicare un uomo (cavallo) dicendo che è in malafede. Se abbiamo definito la condizione dell’uomo (cavallo) come una libera scelta, senza scuse e senza aiuti, chiunque si rifugi dietro la scusa delle sue passioni, chiunque inventi un determinismo è un uomo [cavallo, n.d.a.] in malafede».

(Jean-Paul Sartre)

Esattamente come avevamo detto: BoJack agisce, Sartre risponde. L’intellettuale francese con il concetto di “malafede” vuole indicare un atteggiamento negativo nei confronti di una realtà sgradevole che non si vuole accettare. È un’espressione inconsapevole che induce a supporre per veri dei fatti in aperto contrasto con la realtà. Significa mentire agli altri, ma principalmente a sé stessi.

Secondo Sartre, siamo in malafede ogniqualvolta rappresentiamo noi stessi come il frutto passivo della cultura, della classe, della professione, della storia, dei nostri geni e della società. Questo è essenzialmente ciò che BoJack crede, o preferisce credere, nel dialogo appena citato. Lui si sente una conseguenza della società, quindi completamente esentato da qualsiasi obbligo morale. Quella del nostro protagonista è una fuga da ogni ammissione di responsabilità delle proprie scelte, un rifugiarsi in ruoli e passatempi rassicuranti, ma fasulli.

Bojack
Bojack, protagonista della serie “Bojack Horseman”.

Nella malafede sartriana è a me stesso che io maschero la verità, mi nascondo da ciò che sono, neutralizzando così l’evidenza della mia libertà. Un comportamento di fuga per l’angoscia che emerge di fronte alla consapevolezza della responsabilità sul proprio essere. Se neghiamo tutto ciò, illudendoci di essere semplicemente vittime delle circostanze, manchiamo l’occasione di misurarci con i quesiti fondamentali dell’esistenza umana per scegliere invece una vita falsa, separata dalla nostra autenticità.

La società di cui parla BoJack caratterizza gli elementi della mia “situazione”, e per quanto possa essere estrema e intollerabile, questa costituisce solo il contesto per ciò che sceglierò di fare. Se stessi per morire, ad esempio, potrei decidere come affrontare la morte. Qualsiasi cosa sta a me, e a me soltanto.

Dopo averci mostrato tutto ciò, Sartre, da bravo esistenzialista, ci mostra un’altra possibilità. Il filosofo francese ci induce a prendere la via dell’autenticità, rispondere alla chiamata del “Sii te stesso!”.

Come arrivare a questa ricercata condizione? Questa volta ci rispondono i personaggi di Hollywoo.

L’Ardua Consapevolezza del Conoscere Se Stessi

Todd: «Oh grandioso, ma certo! Ecco che ci risiamo. Non puoi continuare a fare così! Non puoi continuare a fare le tue stronzate e poi sentirti una merda, come se questo potesse mettere tutto apposto. Tu hai bisogno di essere migliore!».
BoJack: «Lo so e mi dispiace, ok? Ero ubriaco, avevo addosso la pressione della campagna per l’Oscar. Ma ora… ora che è finita io… io… so…».
Todd: «No, no, BoJack smettila. Tu sei tutte le cose che non vanno in te. Non è l’alcol o le droghe o nessuna delle merdate che ti sono successe nella carriera o quando eri piccolo. Sei tu! Ok? Sei tu. Cazzo, amico. Che altro c’è da dire?».

Sartre: «Ecco vedi, mio caro amico cavallo, io qui sono perfettamente d’accordo con Todd. Infatti penso che…».

«L’uomo (cavallo) non è nient’altro che quello che progetta di essere. L’uomo (cavallo) non è altro ciò che si fa; egli non esiste che nella misura in cui si realizza; non è, dunque, niente altro che l’insieme dei suoi atti, nient’altro che la sua vita».

(Jean-Paul Sartre)

Per Sartre, quindi, l’uomo sarà innanzitutto ciò che avrà progettato di essere, l’insieme dei propri atti. Tutto quello che faccio, penso e compio mi definisce, è essenzialmente tutto ciò che sono. Le scelte sono solo e soltanto mie. BoJack infatti è tutto ciò che ha fatto nella sua vita, tutto quello che di bello e di brutto gli è capitato, e come Todd gli dice, lui è l’alcool, la droga, i suoi problemi familiari. «Tu non sei altro che la tua vita» dirà Sartre.

BoJack è questo. Noi siamo questo.

Bojack
Boajack nella seria.

Un attore in decadenza, consumato dai suoi vizi, dai rimpianti e da se stesso. BoJack deve cambiare, deve volere veramente essere migliore, deve smettere di incarnare l’incorreggibile individuo che commette continuamente lo stesso errore, pur essendo consapevole di sbagliare.

Come se non bastasse, BoJack, in questo successivo dialogo, prende l’ennesimo pugno in faccia che però gli permetterà, almeno in parte, di schiudere gli occhi.

BoJack: «Beh… credi che io sia una brava persona nel profondo?».
Diane: «Il fatto è questo, non penso di credere nel “profondo”, credo che uno sia l’insieme delle sue azioni».
BoJack: «Eh, è deprimente».

Perché non basta credere di essere una brava persona, bisogna guadagnarselo. Questo è un principio base dell’esistenzialismo, si definisce l’uomo in base all’azione, quindi il proprio destino abita nell’uomo stesso. Il soggetto viene considerato come unico responsabile dei propri atti e della scelta delle sue possibilità. «L’uomo è quel che si fa» scrive Hegel. Bisogna agire, non ci sono scuse.

Sartre era convinto che l’uomo fosse il proprio progetto, tanto convinto da esprimere la sua filosofia nella vita pratica. Fu uno dei più grandi intellettuali che abbia mai cercato di incarnare il suo pensiero, tanto da considerare la sua esistenza una manifestazione delle sue idee. Così deve essere BoJack. Così dobbiamo essere noi. Autentici.

L’Inevitabile Responsabilità di Sé

Diane«Sei il solo responsabile della tua felicità».
BoJack: «Mio Dio, è deprimente!».
Diane: «No, non lo è».
BoJack: «Responsabile della mia felicità? Non so esserlo nemmeno della mia colazione!».

Sartre: «Ma BoJack! Come puoi dire che sia deprimente? È invece la cosa più ottimistica che esista. Questo significa che tu sei libero, significa che tutto sta a te. BoJack, c’è speranza! Amico mio, ti deve essere chiaro che…».

«L’uomo (cavallo) è condannato a essere libero: condannato perché non si è creato da sé stesso, e pur tuttavia libero, perché, una volta gettato nel mondo, è responsabile di tutto ciò che fa».

(Jean-Paul Sartre)

L’esistenzialismo si può racchiudere nel motto «l’esistenza precede l’essenza», questo sta a significare che non c’è un’essenza prestabilita a priori che determini il destino del singolo individuo. Non c’è scritto da nessuna parte che io debba seguire questo o l’altro modello.

L’esistenzialismo è una risposta al non senso aprioristico dell’esistenza, noi abbiamo la responsabilità di creare e scegliere un senso. Noi dobbiamo scegliere. «La vita non ha senso a priori. Prima che voi la viviate la vita di per sé non è nulla; sta a voi darle un senso e il valore non è altro che il senso che scegliete», scriverà il filosofo.

Bojack
Boajck e Todd nella serie.

Secondo Sartre l’uomo è condannato a essere libero, libero di decidere chi e cosa essere, di ricercare la propria realizzazione. L’esser liberi però, come abbiamo detto, è una vera e propria condanna. La mia libertà è l’unico fondamento dei valori, e niente, proprio niente, mi giustifica se adotto questo o quest’altro modello.

Non c’è nulla al di là dell’esistenza di BoJack, non c’è nulla che legittimi il nostro protagonista a rubare, per un gesto romantico nei confronti di Diane, la lettera “D” dalla scritta “Holliwood” (trasformando la città in Holliwoo); e simultaneamente non c’è assolutamente nulla che glielo impedisca. BoJack ha il totale controllo sulla propria vita, sulle proprie scelte. BoJack è condannato a essere libero.

Questo inevitabilmente conduce all’angoscia, il sentimento di cui parla Sartre. Questa è dovuta all’incombenza delle responsabilità delle nostre azioni che sono attribuibili a noi e a noi soltanto. L’angoscia è essenzialmente una modalità di esperire la propria incondizionata libertà, di percepirsi come il solo e unico responsabile delle proprie scelte e del proprio futuro.

La libertà sartriana è caratterizzata tanto dall’angoscia, quanto dalla speranza. Speranza dovuta a questa perenne possibilità di cambiamento, che però dipende esclusivamente dalle mie azioni e dal mio progetto d’esistenza. Perché sì, la speranza, questa primordiale caratteristica di tutti noi, uomini o cavalli antropomorfi, è qualcosa che abbiamo sempre avuto e non abbandoneremo mai. Dobbiamo solo essere consapevoli di essere i soli fautori di questa speranza, così come della nostra intera esistenza.

BoJack: «Ho rovinato tutto. È troppo tardi per me, non è vero?».

Diane: «Beh, non è mai troppo tardi. Non è mai troppo tardi per essere la persona che vorresti essere. Devi scegliere la vita che desideri!».

Diane e Bojack nella serie.

Diane, come Sartre, ce lo dice in modo molto chiaro: non è mai troppo tardi. Bisogna “solo” voler essere il proprio progetto e quindi agire di conseguenza. Perché la persona autentica è quella che si impegna a realizzare qualcosa con uno scopo, nella piena convinzione che questo agire significhi qualcosa.

BoJack sta tentando di fare tutto ciò, ma come tutti sappiamo… esistere è difficile.

Scimmia: «Poi è più facile. Ogni giorno diventa più facile».
BoJack: «Sì?».
Scimmia: «Ma devi farlo ogni giorno, questo è difficile. Poi diventa più facile».

Ed è pura catarsi.

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