Il finale di BoJack Horseman – La cicuta di Socrate

Gianluca Colella

Marzo 2, 2020

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Sei stagioni e innumerevoli errori dopo, BoJack Horseman giunge al termine, e le note finali di questa sinfonia sono tanto complesse quanto pesanti.

La serie tv animata di Netflix ci ha regalato altri sedici episodi ricchi, filosofici e odiosi; odiosi, perché ancora una volta gli spettatori sono stati costretti a specchiarsi nei compromessi di Mr PeanutButter, nella depressione di Diane, nella rigida cultura del lavoro di Princess Carolyn, ma soprattutto nella franca impotenza di BoJack.

La prima cosa che le stagioni di BoJack Horseman dimostrano è l’inesorabile assenza di eroi: nonostante questo elemento fosse chiaro sin dall’inizio, gli ultimi episodi confermano questa tendenza.

I toni delle esperienze narrate sono ulteriormente più seri, l’influenza tossica di BoJack è ancor più radicale, nessuna soluzione escatologica è proposta.

Per queste e altre ragioni, la storia del cavallo di Hollywood è una metafora filosofica senza precedenti: in un modo o nell’altro, celebrando una corrente di pensiero esistenzialista che fa capo a Nietzsche, essa è anti-greca per eccellenza.

Il motivo per il quale BoJack può essere paragonato alla cicuta che uccise Socrate nella polis sta nel fatto che egli è simbolo di tutto ciò che di cattivo risiede nella forzata scissione tra mondo interno ed esterno, Bene e Male, Essere e Apparire.

Il cattivo Professor BoJack Horseman e le sue storie

Quali tratti rendono BoJack Horseman così simbolicamente anti-greco? Perché egli è lo specchio delle nostre verità negate? Scopriamolo.

BoJack Horseman

BOJACK: Recitare vuol dire lasciarsi alle spalle il proprio passato, e diventare qualcosa di diverso.

Certo, Professore. Questo è il primo pensiero che viene guardando Bojack nel ruolo d’insegnante del corso di studio della scena, in un ambiente universitario per lui così radicalmente estraneo.

Uscito dal percorso di recupero, il protagonista crede di essersi lasciato le proprie dipendenze alle spalle. Il nuovo taglio di capelli, l’abbigliamento nuovo e il cipiglio sobrio dovrebbero far credere allo spettatore che quello che ha davanti sia un cavallo nuovo.

Senza fuorviare nessuno, il cambiamento c’è stato eccome; il punto è che esso riguarda principalmente la cerchia di rapporti umani che BoJack intrattiene con i suoi cari: Todd e lui si sono allontanati, Diane è impegnata a Chicago, dove prova a decidere se il suo debba essere un libro triste, ma forzato, o superficiale, ma autentico.

Dopo un inizio difficile, il percorso accademico dell’uomo-cavallo, più cavallo che uomo, prosegue bene, e i suoi alunni apprendono talmente bene che arrivano a identificarlo come loro idolo.

Nonostante queste belle esperienze di redenzione, l’ex star di Horsin’ Around deve tornare a fare i conti con il suo alter-ego cattivo, quello che ha rovinato la vita di tante persone. A causa dell’inchiesta di Paige Sinclair (che arriva a cercare tracce fino in New Mexico), la morte di Sarah Lynn torna per tormentare il nuovo BoJack.

Gli episodi iniziali scorrono veloci e il processo narrativo è crudo, come crudo era stato il cinismo di BoJack quando, senza scrupoli, aveva schiacciato esistenze come quella di Sarah, di Herb o di Sharona.

La sua sconsiderata soggettività ha avuto un ruolo importante nella piega triste presa dalle esistenze di queste e altre comparse. Dopotutto, come Todd gli aveva vomitato in faccia qualche episodio prima «tutto ciò che non va nella tua vita sei tu».

Lui, BoJack, costretto a scendere a patti con un’intervistatrice per limitare i danni dell’inchiesta: la giocata architettata da lui e Princess Carolyn è magistrale, ma gli si rivolta contro nel momento in cui decide di andare oltre il semplice rimorso da tossicodipendente recuperato, per organizzare il palcoscenico dell’eroe supportivo.

Odio attivo, amore passivo per BoJack

BoJack Horseman

I sentimenti che danno il titolo al paragrafo sono tanto banali quanto necessari: dopo le interviste, BoJack è attivamente odiato dalle masse, mentre lui in persona non può fare altro che provare passivamente a dimostrare amore all’unica persona che gli è rimasta, la sorellina Hollyhock.

Chissà dove sarà finita, tuttavia, la piccola studentessa. Certo è che dopo la rivelazione dell’ottavo episodio, la scelta di allontanarsi dal fratellone è più che giustificata. Lampante, dunque, risulta il nesso tra questa pesante assenza e la fase depressiva di BoJack, che non è più in grado di trovare dentro di sé quel famoso pulsante da premere per dirsi: “okay, adesso sii felice”.

Perché non importa il cambiamento, non importano le buone intenzioni né le recite di fine anno, se i legami che bramiamo di più sono con le persone che non li corrispondono.

A tal proposito, il colpo che Diane e Mr Peanutbutter danno ai fan sul tema in questione è sorprendentemente inatteso: proprio loro, la depressa e il Cane Triste, raggiungono la consapevolezza che se a questo punto delle loro vite sono così maturi da potersi parlare con affetto e coerenza, ciò è dovuto anche al fatto che a un determinato punto del loro passato essi si sono incontrati, in quelle condizioni e in quel preciso contesto.

I legami che creiamo ci rendono chi siamo: poiché questa è una convinzione che chi scrive sostiene dai tempi del liceo, ascoltarla in un dialogo di questo show è stato romantico, soddisfacente e catartico. Ovviamente, però, com’è stato detto in precedenza, le buone intenzioni non bastano, quindi da un lato Todd deve architettare uno stratagemma rischioso per riunirsi alla madre, dall’altro Princess Carolyn e Judah devono faticare a riconoscersi prima di confessarsi, e dall’altro lato ancora Diane deve trovare un compromesso per legare con Sonny, il figlio del suo ragazzo.

E BoJack, ancora una volta, dove si colloca rispetto a queste famose buone intenzioni?

Il banchetto onirico di BoJack coi sensi di colpa

Quali tratti rendono BoJack Horseman così simbolicamente anti-greco? Perché egli è lo specchio delle nostre verità negate? Scopriamolo.

BoJack Horseman

Incontrare il passato quando tutto sembra perduto a volte può essere una soluzione, ma se ti chiami BoJack Horseman probabilmente anche questa decisione ti si rivolterà contro.

Per questo, nel momento in cui BoJack decide di recarsi a casa della sua vecchia produttrice Angela per cedere i diritti di Horsin’ Aroundpermettendo così la vendita delle copie rimasterizzate della serie, il fondo che tocca si rivela essere più profondo di quel che si aspettava.

L’intenzione che guidava la sua decisione era nobile, perché grazie alla sua firma il mondo avrebbe potuto ricordare Sarah Lynn come la piccola, adorabile protagonista dello show e non più come la cantante strafatta morta di overdose nel Planetarium.

Eppure, anche questo è solo l’ennesimo innesco delle ricadute del cavallo: accettando di bere “solo un drink”, il protagonista dà inizio alla notte più oltraggiosa della sua carriera da tossicodipendente, trasformando il suo corpo nella perfetta spugna edonistica pronta ad accogliere qualsiasi sostanza a disposizione.

Diane non risponde alla sua richiesta d’aiuto e lui si getta in piscina, alimentando un incontro surreale con quelle figure del suo passato che incarnano le proiezioni del suo senso di colpa.

Questa coazione a ripetere del trauma di un cavallo colpevole avviene nel penultimo episodio della stagione, probabilmente uno dei più belli dell’intera serie: la famiglia, Sarah, Herb, Corduroy e Zach ingaggiano BoJack in uno scenario tanto lussuoso quanto oniricamente immaginario.

Uno a uno insieme rivivono i momenti peggiori e migliori delle loro vite, mentre una sostanza nera che cade dal soffitto tormenta il protagonista, che è attivamente presente nei momenti peggiori di tutti i morti che animano questo sogno.

Bojack Horseman e L’anti-virtù socratica

Quali tratti rendono BoJack Horseman così simbolicamente anti-greco? Perché egli è lo specchio delle nostre verità negate? Scopriamolo.

BoJack Horseman

 

«Il moralismo dei filosofi greci da Platone in poi è patologicamente condizionato; così anche il loro apprezzamento della dialettica. Ragione = virtù = felicità significa soltanto: si deve imitare Socrate e stabilire in permanenza una luce solare contro le oscure bramosie – la luce solare della ragione. Si deve essere a ogni costo accorti, chiari e distinti; ogni cedimento agli istinti, all’inconscio trascina in basso…»

(F. Nietzsche, 1889)

Sacrificio, pace, bene, edonismo: guardando il panorama da metà strada con i fantasmi del proprio passato, sono questi i nodi che BoJack è costretto ad affrontare durante questo banchetto al retrogusto di rimorso.

Il punto è che in questo non-luogo onirico vi era giunto perché aveva avuto una ricaduta. Il piacere di impugnare una bottiglia di birra, di versare la vodka nell’acqua e di «dimenticare chi sei per diventare qualcosa di diverso» era troppo forte, e assecondandolo BoJack conferma la sua mancanza di controllo per l’ultima volta.

Ha sempre aspirato all’eudaimonia, BoJack, ma agendo secondo fini edonistici. Sebbene una parte di lui sia sempre stata convinta che fare del bene comporti ricompense morali, soddisfazione e pace, non è mai riuscito a fare a meno di scrollarsi di dosso l’angosciante consapevolezza che in realtà quella del Bene superiore non sia altro che un’illusoria menzogna.

Questo, dunque, è il motivo per il quale BoJack è anti-greco. Questo è il motivo per il quale egli è la cicuta che uccide Socrate.

Come una valanga alcolica, BoJack Horseman annienta tutte le fragili speranze sulle quali l’etica occidentale si regge: scissione tra anima e corpo, quindi tra ragione e sensi, essere e apparire, e infine Bene e Male.

Egli è la prova vivente del fatto che il crepuscolo degli idoli sia avvenuto, e che Socrate (proprio come Dio) è morto, ingerendo questo veleno tossico e letale, proprio come è BoJack.

Se volessimo provare a trovare una chiave di lettura positiva del finale, questa sarebbe celata nella proverbiale capacità di rassegnazione che nel dialogo conclusivo tra il cavallo e Diane avviene: «continuare a vivere nonostante tutto» è una consolazione molto magra quando sei BoJack Horseman e sai di essere solo in compagnia di te stesso e delle tue proprie contraddizioni, nelle quali Essere e Apparire, Bene e Male si fondono senza soluzione di continuità.

Il punto centrale, tuttavia, è che anche noi, come lui, dovremmo smetterla di mentirci in nome di un’ipotetica virtù da raggiungere e iniziare a vivere stabilendo i record giorno dopo giorno, come l’ignorante saggio Todd afferma.

BIBLIOGRAFIA

F. Nietzsche, Il Crepuscolo degli Idoli, 1889.

Leggi anche: BoJack Horseman, stagione 6 pt.1 o l’insostenibile sobrietà di BoJack

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