Quando si parla di colori nel cinema di oggi bisogna tener conto della vitale importanza che rivestono anche nella realtà. Una realtà che è come se ci imponesse la felicità attraverso bellissimi colori, ma che, proprio a causa di questa imposizione, ci lascia sempre più insoddisfatti.
I colori della nostra vita, probabilmente, non sono come quelli saturi che vede Amélie, de Il favoloso mondo di Amélie (2001), la quale si ripara in una realtà confortante dove tutti, in fondo, sono più buoni di quanto sembrino. I nostri colori forse sono più simili a quelli di Theodore Twombly di Her (2014), scrittore di lettere indirizzate a gente che non conosce, oppure la tavolozza dalla quale si è attinto per dipingere il nostro mondo è forse quella di La La Land (2017). Il risultato è un enorme caleidoscopio così vibrante di energia e gioia da rendere ancora più visibili le nostre debolezze e le nostre paure.
È la dolce malinconia della giovinezza, quel sentimento sospeso tra la felicità e la tristezza che proviamo. Lo stesso sentimento che prova Amélie, così smaniosa di fare del bene per gli altri che si dimentica di se stessa. I colori che simboleggiano la sua psicologia, quindi, sono colori accesi, colori caldi che non lasciano dubbi sulla bontà d’animo della protagonista.
Il colore predominante è il rosso, un colore che simboleggia l’energia e la voglia di vivere, sapientemente affiancato al verde, che simboleggia la perseveranza. Eppure, tutto è rivestito di una saturazione quasi irreale, da fiaba. I colori predominanti non sono puri, ma contaminati, imperfetti. Amélie ha paura della realtà e questo suo stato si riversa anche nella fotografia del film, così distante dall’essere realistica. Ed è proprio questa saturazione dei colori a rappresentare la malinconia della protagonista, la stessa che, forse, proviamo anche noi.
Ma lei non è l’unica ad avere l’animo turbato. Anche Mia e Sebastian, protagonisti di La La Land, innamorati nell’accesa Los Angeles, ospitano un feroce conflitto nei loro spiriti. Da una parte un amore appena sbocciato, ben lontano dall’essersi esaurito, dall’altro le loro carriere, le loro arti. La recitazione e la musica. I colori di questo film sono sgargianti, fin dall’ormai celebre piano sequenza iniziale; i colori primari regnano. Il giallo, il verde, il rosso, la gioia di vivere, la trepidante attesa di trascorrere un’altra giornata di sole.
Ma, lentamente, con il procedere del film, la fotografia cambia. I colori, nonostante rimangano sempre molto vivi, rivelano un senso di costante insoddisfazione. Più si procede nella storia, più a predominare è il blu, il colore della tristezza, del rimpianto di un tempo lontano, di una nostalgia che fa battere i cuori. E così, tutti i colori che ci avevano così stregato durante la prima parte del film, diventano compagni di consolazione per la nostalgia e per i rimpianti di un passato che non è mai avvenuto.
Il rimpianto, grande tema cinematografico dei nostri tempi. Il rimpianto di Theodore, per esempio. Lui ha perso il suo grande amore. Lui che scrive lettere e poesie d’amore per conto di altri, per salvare i rapporti altrui, non è riuscito a salvare il proprio. È un cuore che ha sofferto molto il suo, un cuore fragile. Lui ha paura del futuro, ha paura di soffrire ancora. Per questo motivo si ritira in una zona comfort, iniziando una relazione con Samantha, la lei del titolo, un’intelligenza artificiale.
I colori del film non sono nitidi e definiti, sono sfumature, sottili variazioni che non prendono mai del tutto il sopravvento. Si tratta di tinte molto confortanti, come il rosa e il rosso, rivestiti da un filtro caldo e mai invadente. Eppure i temi del film non sono così rassicuranti: si parla di delusioni d’amore, di alienazione, di profonda incertezza verso il futuro. E questo contrasto, tra colori e temi, rende ancora più diretta la forza dirompente del film.
Non è un caso che queste tre opere siano state prodotte nel XXI secolo. I grandi film, come tutte le opere d’arte, riflettono costantemente la realtà nella quale vengono prodotti, e questi tre non fanno eccezione. La malinconia sospesa nei sogni di Amélie è palpabile, così come la grande incertezza del futuro, perché nell’epoca in cui è possibile diventare chiunque è molto facile essere un nessuno. Per questi motivi la risposta sembra ripararsi sotto la nostalgia del passato, con la falsa convinzione che ciò che viene prima sia sempre migliore.
E poi ci sono i colori, nei quali noi viviamo ogni giorno, con cui giochiamo, con filtri e contrasti, provando a modificare la realtà… ecco perché forse il cinema di oggi ci parla così tanto attraverso i colori. Noi siamo circondati dai colori, ed essi nascondono la nostra fragilità, esattamente come nascondono le fragilità dei protagonisti di questi tre film. I colori nel cinema di oggi sono indispensabili per raccontare quello che siamo, e noi ne abbiamo bisogno, come se fosse un antidoto indispensabile alla realtà grigia delle città in cui viviamo, sulla tavolozza di un’interiorità giovane in grado di esprimersi e di liberarsi.