Nel suo atto finale, si può certamente dire che Vikings non abbia brillato come nei suoi tempi migliori: personaggi meno epici, trame meno intricate e colpi di scena meno significativi hanno reso la storia di questa serie un po’ più sgonfia.
La valenza etica, religiosa, filosofica ed esistenziale che deriva dall’immedesimazione con Ivar, Hvitserk, Ubbe e gli altri resta, ma questi ultimi dieci episodi della sesta stagione sono certamente meno coinvolgenti rispetto a quelli passati.
Dopo la caduta di Ragnar e Lagertha, l’ultimo baluardo che resta a Kattegat è Bjorn, che deve difendere la sua patria dall’attacco dei Rus, guidati da Oleg con il consiglio di Ivar e Hvitserk.
Le sotto-trame di Vikings in questo finale sono contorte, al tempo stesso improbabili e prevedibili e gli spettatori dello show history che hanno sempre seguito la narrazione hanno sicuramente notato la differenza in termini di scrittura ed evoluzione dei personaggi.
Ciononostante, il finale che i produttori hanno regalato non è totalmente scevro dall’antico potere mistico, religioso e metafisico della storia.
In particolare, tra graditi ritorni e conclusioni sperate, le battaglie e le esplorazioni di questi vichinghi semi-leggendari vengono accompagnati da un sospiro commosso, nostalgico e grato.
SEGUONO SPOILER
Vikings: La fratellanza tra Ivar e Hvitserk

Vikings – Ivar e Hvitserk
Si sono amati, poi odiati e in ogni episodio sembrano sul punto di uccidersi reciprocamente, i più giovani figli di Ragnar.
Ivar, il condottiero machiavellico e arrogante che si crede superiore a tutti, non mette mai in discussione la sua superiorità rispetto a Hvitserk, impulsivo, impetuoso, dalla volontà fragile e dalla mente meno sottile.
Nonostante le divergenze, i due restano uniti fino alla fine della loro storia e il finale che Vikings regala alla loro unione è profondamente umano: le contraddizioni e le prese di posizione orgogliose in quella battaglia finale contro i Sassoni passano in secondo piano, quando le ossa di Ivar iniziano a cedere e i suoi occhi profondamente blu presagiscono il pericolo peggiore.
In quel momento, Hvitserk torna a essere il fratello maggiore che si prende cura del più piccolo, che ha bisogno di accompagnamento in un mondo vasto e terrificante, più grande di lui.
Combattendo fianco a fianco fino alla fine, il guerriero assiste alla dipartita del leader, che confessa tutta la sua umana paura per l’imminente fine della sua vita.
In quel momento, dopo essersi elevato a potente discendente divino di Odino per diversi archi narrativi, Ivar sembra tornare bambino, ed empatizzare con lui è facilissimo dopo stagioni di sentimenti divisi tra l’ammirazione e il disgusto per il suo cinismo.
Hvitserk, d’altro canto, torna a essere un principe vichingo importante, simbolicamente un punto di congiunzione tra la fiera brutalità di Bjorn e lo spirito fine di Ragnar e Ivar, regalando all’eredità di Vikings un personaggio umano, fraterno e pieno di difetti.
Kattegat: Da Harald a Ingrid

Vikings – Harald
Questa è una delle note dolenti del finale di Vikings: il governo della città di Kattegat, un tempo affidato a Ragnar e Lagertha e poi passato a Bjorn, dopo la dipartita del guerriero per mano dei Rus, passa al più improbabile e odiato Harald, vecchio nemico di Ragnar per il dominio sulla Norvegia.
Personaggio rude, senza particolari tratti caratteristici se non la voce profonda e l’amore per la birra, Harald s’introduce nel conflitto di potere tra Gunnhild e Ingrid, le due mogli di Bjorn, e reclama il suo diritto a governare la Norvegia.
Il fatto che non trovi opposizioni particolari dimostra la mancanza d’idee rivoluzionarie dei produttori di Vikings, che, quasi a correggere questo “errore”, inviano Harald nella spedizione di guerra contro i Sassoni di Alfred insieme a Ivar, nel nome di Ragnar e della cultura vichinga e pagana, contro la religione cristiana.
Insieme a Harald, quando Gunnhild si suicida, l’infida e mistica Ingrid diventa la donna di potere, la tipica fanciulla apparentemente innocente, dotata di oscure conoscenze nelle arti magiche e ambiziosa. Alla fine dei giochi, quando anche Harald perde la vita contro gli inglesi, è proprio la strega a restare l’unica in vita nella capitale norvegese.
Una scelta narrativa come questa avrà frustrato non pochi fan, memori degli antichi fasti e dei banchetti in onore di Odino che in passato venivano celebrati.
Questa figura è quasi spoglia di epicità, di poesia e di forza metafisica e di conseguenza tutto l’ambiente di Kattegat perde il suo fascino squisitamente nordico che Ragnar gli aveva donato.
Vikings: Ubbe, il nuovo mondo e un vecchio amico

Vikings – Torvi e Ubbe
La conclusione che viene disegnata sulla figura di Ubbe è sicuramente quella più soddisfacente, dal punto di vista reale e simbolico: non solo egli è il più simile a Ragnar fisicamente e ideologicamente tra tutti i figli, ma anche il più fedele alla sua filosofia umile e curiosa, intenta a scoprire nuovi mondi piuttosto che a battagliare per i vecchi.
Così, armato della sua fede, di sua moglie e di alcuni lealisti, egli decide di partire, abbandonando le sicure coste della Norvegia e dell’Islanda alla ricerca di una terra d’oro, nuova e ricca di speranze.
Le peripezie che questa navigazione porta con sé ricorda molto da vicino quelle vissute dal padre quando scoprì l’Inghilterra o la via d’accesso alla città di Parigi e anche in questo caso la risoluzione vichinga viene premiata: Ubbe e i suoi seguaci riescono a raggiungere questa nuova terra, l’America, e qui la loro speranza non è solo di fondare una nuova colonia, ma anche quella di potersi finalmente lasciare alle spalle le vecchie, sanguinose abitudini che tanta sofferenza avevano causato.
In questo caso, dà i brividi pensare che questo gruppo di vichinghi porta con sé un bimbo di nome Ragnar, che in un modo o nell’altro trovi un canale di comunicazione con gli indiani d’America, dando vita a un importante scambio commerciale, ma soprattutto culturale (proprio come era desiderio del padre di Ubbe).
Quello che, però, affascina ancora di più di questo arco narrativo è che in questa terra Ubbe s’imbatte in Floki, che qui si è rifugiato dopo il dolore e la delusione maturata in Islanda.
Non ci sono più Bjorn, Lagertha, Rollo e Ragnar, i vecchi fieri esponenti della storia di Vikings, ma nei passi di Ubbe e nel ritorno di Floki un nuovo inizio, ricordando il passato, può nascere: quando si consuma la scena finale e i due guardano sereni l’orizzonte, non c’è più passaggio di corvi che tenga.