TUC: Chasing Paper Birds – We can be Heroes
«We can be Heroes
just for one day».
(David Bowie, “Heroes”)
Così cantava David Bowie nel 1977 quando – fuggendo da un’intossicata Los Angeles con una sola strada senza fine e, al contempo, con una fine tremendamente tangibile fatta di alcol e cocaina – approdò a Berlino per scappare da se stesso, per ritrovare sé o un suo alter-ego, in quel mondo che il Duca Bianco stesso identificò come «la più grande stravaganza culturale che si possa immaginare».
«We can be Heroes, just for one night», direbbe invece la regista esordiente Marianas Jukica al suo primo film – Chasing Paper Birds (2020) – presentato in anteprima nazionale al Torino Underground Cinefest, diretto e creato dal regista Mauro Russo Rouge.
Ambientato nella stessa Berlino quarant’anni dopo, Chasing Paper Birds mostra l’interminabile e irraggiungibile accadere di un’infinita notte underground berlinese, intrecciando la vita di tre personaggi che, inseguendo disperatamente il sogno di una felicità, senza però tentare di immaginarsi felici, si perdono nell’insostenibile quotidianità dell’incertezza, accompagnati da violenza, sesso, droga, desideri e speranze infrante.
«La vita notturna berlinese: incredibile, una cosa simile il mondo non l’ha ancora vista! Un tempo avevamo uno straordinario esercito; ora abbiamo straordinarie perversioni! Vizi e ancora vizi! Qui bolle sempre qualcosa in pentola, signori miei! E bisogna averlo visto».
(Klaus Mann, scrittore e figlio di Thomas Mann)
Con Chasing Paper Birds, Marianas Jukica getta brutalmente lo spettatore nella precarietà esistenziale di Mia – un’ambiziosa ballerina francese che, volando con le ali de Il cigno nero di Aronofsky, vaga nelle ombre della città ricercando l’amore e il senso della vita perduto -, di Ian – un ricco artista di perverse performance audiovisive che, abituato a essere perennemente al centro dell’attenzione e richiamando alcune gestualità del Joker di Heath Ledger, al giorno del suo trentesimo si ritroverà solo insieme alla lancinante presenza dell’assenza del primo amore non corrisposto.
E, infine, di Keks – una giovane DJ che, riecheggiando alcune sfumature di tutti i personaggi di Requeim for a dream di Aronofsky e l’aspetto della protagonista de I ragazzi dello zoo di Berlino, fugge dalle proprie responsabilità, seguendo apaticamente il flusso degli eventi e cadendo passivamente nelle braccia del mondo notturno berlinese.
«Berlino è una città condannata per sempre a diventare e mai ad essere».
(Karl Scheffler)
Il muro invocato dal Duca Bianco alla fine degli anni ’70 è stato abbattuto, ma quel muro esistenziale che imprigiona una generazione, persa in un labirinto senza pareti, vittima di un sogno impacchettato che la fa soffocare in una superficie profonda, non permette di essere oltrepassato. Il muro – che è, e sarebbe potuto non essere – che David Bowie vedeva fisicamente, e che i personaggi di Chasing Paper Birds sentono spiritualmente nella forma della depressione, non lascia alternativa che nascondersi dal sole, aspettare la notte e perdersi in una danza con l’unica realtà che sembra rimasta.
«Heroes è il grido disperato dell’ultimo romantico rimasto su un pianeta ormai distrutto».
(David Bowie)
Per quanto Heroes e Chasing Paper Birds narrino storie diverse, è come se emergessero dalla medesima condizione esistenziale, da un musicista e una regista trentenni che, nella finzione, raccontano di sé e della propria dimensione autobiografica, frutto di una Berlino sempre in divenire, ma mai totalmente mutata.
Marianas Jukica ci conduce in un’esperienza sensoriale degna di nota, esaltando la nostra percezione visiva, acustica ed emozionale, per tentare di riproporre cinematograficamente – attraverso l’utilizzo di tre ottiche diverse, un maniacale utilizzo della messa a fuoco, un montaggio serrato e l’accompagnamento costante di musica elettronica – uno stato di coscienza e percezione alternato che richiama quello dovuto all’assunzione di sostanze specifiche, in modo da immergersi totalmente nel mondo dei protagonisti, fino a sprofondare e annegare insieme a loro.
La regista non intende assolutamente giudicare quel microcosmo notturno berlinese, di cui ha affermato di aver fatto parte per un certo periodo della sua vita, non pretende di raccontare una storia, ma vuole mostrare senza filtri il reale, fenomenologicamente, tentando dunque di descrivere l’esperienza così com’è.
Tuttavia, le storie di questi tre personaggi, che seguono la loro strada indipendentemente, fino a ritrovarsi casualmente la mattina in un minimarket, tentando disperatamente di avere una fine, una risoluzione narrativa o esistenziale che possa conferire un senso al tutto, non si conclude in maniera definitiva, ma rimane sospesa, proprio come la vita, rivelando come nessuno oggi – sia se da solo, con un compagno e un bambino in arrivo, oppure con una pistola – possa essere in grado di salvarsi.
«È la tragedia di un destino, che condanna la pur tanto cresciuta Berlino a un continuo divenire, da insediamento slavo di pescatori a potente metropoli e capitale senza mai giungere al compimento del processo».
(Karl Scheffler)
Berlino, intrinsecamente impossibilitata a raggiungere il suo finale compimento, simbolo del mondo europeo e occidentale nella sua irrimediabile decadenza, è perennemente in divenire, così come lo è stato David Bowie e i suoi numerosi alter-ego, e come è la storia di Mia, Ian e Keks, smarriti in un mondo che ha perso la propria bussola.
Il Duca Bianco gridava che potevano essere eroi, per un solo giorno e per sempre. I personaggi di Chasing Paper Birds sarebbero potuti essere eroi, per una sola notte; avrebbero potuto immaginarsi felici, per una sola vita. Ma non lo hanno fatto, non ci sono riusciti, non hanno potuto, il mondo non glielo ha permesso, e si sono persi nell’inseguimento di uccelli di carta. Solo il finale apre uno spiraglio, qualcosa cambierà, da lì non si torna indietro, ma l’orizzonte non può non essere tragico.
«Though nothing, will keep us together
We could steal time,
just for one day
We can be Heroes, for ever and ever
What d’you say?».(David Bowie, “Heroes”)