Bloom up o il voyeurismo fenomenologico di Mauro Russo Rouge.
«Avevo fame di realismo» disse una volta Mauro Russo Rouge, regista e direttore artistico del Torino Underground Cinefest. E quella fame non sembra essersi assettata, anzi, attecchisce sempre più in profondità nei meandri di un reale che, nell’ombra, nasconde infinite storie che valgono la pena di essere narrate, infiniti luoghi che valgono la pena di essere mostrati, infiniti sguardi che cercano di essere ricambiati.
Questa ricerca poetica ed esistenziale, che sceglie di mostrare la realtà anziché raccontarla, sempre accompagnata da una macchina fotografica e mai da una sceneggiatura, sfocia nel quinto lungometraggio di Mauro Russo Rouge: Bloom up – A swinger couple story (2020). Questo frammento di realtà, espresso sotto forma del medium audiovisivo del docufilm, rappresenta la storia, o meglio, la vita di Hermes e Betta: una coppia di mezza età con una figlia adolescente che di giorno gestisce un negozio di animali, mentre di notte si diletta nel fenomeno dello scambismo.
Il film indaga dialetticamente questa contrapposizione all’apparenza antitetica, permettendo un dialogo tra la dimensione ordinaria e straordinaria, tra l’apollineo e il dionisiaco.
Questa dialettica si manifesta sia contenutisticamente – opponendo una situazione normale di persone normali che fanno un lavoro normale, a luoghi di puro piacere erotico e di esplosione dionisiaca -, sia formalmente – mostrando queste due realtà attraverso diversi stili del linguaggio cinematografico, nei quali a numerosi piani sequenza risponde un montaggio frenetico e ritmato, alle parole e ai dialoghi rispondono silenzi e musica techno.
Questo discorso, letto attraverso una chiave interpretativa di matrice filosofica, in particolar modo attraverso lo sguardo nietzschiano posto sulla grecità classica, corrisponde alla risposta di Dioniso nei confronti di Apollo, allo spirito dell’ebbrezza rispetto a quello della forma. Tuttavia, Nietzsche individua nella sintesi di queste due forze apparentemente antitetiche l’esistenza della tragedia attica, intesa come l’essenza della grecità.
Così, analogamente, Mauro Russo Rouge con Bloom up – A swinger couple story, riesce a trovare un equilibrio nel mostrare questo squarcio di mondo vissuto, rivelando Hermes e Betta durante la vita di tutti giorni, dal sole apollineo alla notte dionisiaca, senza mai interferire, ma riprendendo la realtà così come accade, negando alcun tipo di filtro.
In questo caso, infatti, l’attività del regista è quella di pura osservazione del reale, intento a descrivere del succedere del mondo-della-vita piuttosto che a spiegarlo, senza alcuna pretesa di dominio o di giudizio su di esso. È come se, sempre filosoficamente parlando, questo tipo di docufilm appartenesse alla corrente fenomenologica, poiché partecipa all’epochè – la sospensione di qualsivoglia tipo di giudizio -, eternalizza cinematograficamente una realtà letteralmente reale e, direbbe Martin Heidegger in Essere e Tempo, proprio come la fenomenologia, «lascia veder da sé stesso ciò che si manifesta così come si manifesta da sé stesso».
«Il tentativo di una descrizione diretta della nostra esperienza così come è».
(Maurice Merleau-Ponty, “Fenomenologia della percezione”)
La camera da presa, sempre in mano al regista, direttore alla fotografia e operatore Mauro Russo Rouge, infatti, non entra mai direttamente in quello spaccato di realtà, ma lo osserva, da fuori, dietro un angolo, tentando di non mostrarsi, ma di mostrare un mondo che altrimenti mai vedrebbe la luce. L’atteggiamento che assume Mauro Russo Rouge in Bloom up – A swinger couple story, dunque, è la classica dimensione del voyeur, del “guardone” che scruta frammenti di realtà che appaiono nella loro intima purezza.
«Il voyeurismo sarebbe all’origine di gran parte della narrativa e, ovviamente, del cinema».
(Alberto Moravia, “L’uomo che guarda”)
«Il film non si pensa, ma si percepisce».
(M. Merleau-Ponty, “Senso e non senso”)