Le variabili dipendenti di Lorenzo Tardella, presentato alla Berlinale 2022 e in prima linea al Lovers film festival di Torino, è un ventaglio di sguardi e domande che da essi scaturiscono.
Quando finisce l’infanzia?
E cosa significa veramente l’intimità ed essere attratti per la prima volta da qualcuno/a?
Pietro e Tommaso sono alle porte dell’adolescenza. Si conoscono nel palchetto di
un teatro, mentre le note di Vivaldi risuonano intorno a loro.
È un primo bacio. È forse qualcos’altro?
Quello stesso pomeriggio, circondati dal silenzio delle pareti di casa, cercheranno
di scoprirlo.

Diretto da Lorenzo Tardella, classe 1992, e prodotto dal centro sperimentale di cinematografia di Roma, Le variabili dipendenti è stato presentato nel concorso della sezione Generation della Berlinale 2022 e, successivamente, presso la 36esima edizione del Lovers film festival di Torino.
Noi di Artesettima siamo felici di aver (re)incontrato, in occasione del Lovers film festival, Lorenzo e il direttore della fotografia Simone Rossi. Da questo piacevole incontro è nata una discussione molto utile ad apprezzare le diverse sfaccettature che l’opera porta con sé.
Innanzitutto, ciò che è emerso è la questione relativa alla grande organizzazione e al grande lavoro che c’è dietro all’opera. In fase di sceneggiatura, con la collaborazione di Maria Fondacaro ed Elisa Pulcini. In fase di montaggio, grazie al lavoro di Angela Norelli; oltre al gran lavoro del direttore della fotografia Simone Rossi.

Da segnalare anche l’importante lavoro svolto per le scenografie da Sara Scondro, per i costumi da Rebecca Valloggia, per il suono da Fabiana Padula e per le bellissime musiche originali di Fabio D’onofrio. Senza dimenticare la delicata interpretazione di Simone Evangelista e Mattia Rega.
Dalle domande più prettamente tecniche, che abbiamo riservato a Lorenzo e Simone, si denota la cura delle immagini che vediamo. Per le riprese del cortometraggio sono state utilizzate due macchine da presa differenti, con l’ausilio fondamentale e funzionale di teleobiettivi, focali lunghe e zoom.
Un modo di girare che permette allo spettatore e alle spettatrici di avvicinarsi letteralmente e metaforicamente ai personaggi che vediamo sullo schermo. Merito questo di una profonda conoscenza del cinema, che ammicca ai lavori di Celine Sciamma, ma che in generale mostra anche un’attenzione all’umanità tipica di autrici come Agnes Vardà e diversi autori e autrici del cinema più contemporaneo.
Durante la nostra chiacchierata, infatti, Lorenzo ha ripercorso un excursus nel cinema che lo ha ispirato. La conversazione ha toccato i lavori della Vardà, in particolare il bellissimo Kung fu master del 1988. Ma anche i lavori di Hitchcock, di cui si può avvertire l’influenza nella ripresa dei dettagli e nella sapiente costruzione di alcune scene che ammiccano al linguaggio thriller.
Altro riferimento e fonte di ispirazione è rappresentata dal bellissimo Morte a Venezia di Luchino Visconti. Film che, in maniera certamente complessa, resta un punto di riferimento per la rappresentazione omoerotica ma soprattutto delicata del desiderio. Con un occhio rivolto invece al cinema più contemporaneo, Lorenzo ci ha parlato anche del regista Philippe Lesage, le cui influenze (provenienti da film quali Gènese o Demoni) è importante nel discorso rappresentativo di soggetti adolescenti.
Le variabili dipendenti si presenta come un’opera che abbatte i discorsi o le posizioni ideologiche.
I due protagonisti non sono ancora adulti, ma si apprestano a entrare in quel mondo che più che adulto sarebbe opportuno definire di sovrastrutture.

I due ragazzi sono uniti da una spontanea intimità che sfocia in un bacio nella prima parte dell’opera. Questo bacio non è presentato in maniera problematica o superfluamente critica. C’è solo spontaneità nel gesto, a vantaggio di una rappresentazione più diretta. La loro purezza si esprime attraverso gli atteggiamenti, gli sguardi, i silenzi. In questa naturalezza della rappresentazione va individuato un grande merito del regista. Il loro bacio iniziale è un incontro, non una trasgressione.
Nella seconda parte dell’opera, senza il buio del teatro ma con la luce a illuminare la stanza, prenderà invece maggiore spazio quel gioco a metà tra il proibito e la voglia di essere vicino all’altro.
Le variabili dipendenti è un’opera che ci racconta l’approccio con i propri sentimenti e con la propria maturazione sessuale e identitaria. Lo sguardo della camera sposa quello di Pietro, tra i due il più introverso e sensibile ai propri moti interiori. La macchina da presa quindi sembra quasi spiare ed esplorare i corpi senza mai essere claustrofobica.
Evocativo il momento in cui Pietro scorge l’obiettivo e guarda la macchina da presa nascosta. In questo momento la quarta parete viene momentaneamente squarciata e lo sguardo del regista incontra quello del protagonista e, di conseguenza, il nostro.

L’opera permette di immergerci nel naturale timore dell’aprirsi non solo all’altro ma, soprattutto, a sé stessi. Tardella riesce a proiettarci dentro un raffinato dialogo interiore. Non mancano momenti in cui le parole pronunciate dai due giovani si caricano di tutto quel peso angoscioso che l’età adolescenziale porta con sé. Questo però non mina la possibilità di leggere in alcune immagini e parole una speranza plausibile a cui aggrapparsi.
Gli occhi che si incrociano e si cercano sono occhi che, come in uno specchio, cercano un riconoscimento, uno spazio di comunione col mondo. Un riconoscimento che ha come soggetto e oggetto della ricerca nient’altro che sé stessi e una realtà che si accordi col proprio sguardo.