Nuovi Sguardi: Lorenzo Tardella – Corpi che vogliono oltrepassare il limite

Silvia Ballini

Novembre 22, 2021

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Corpi che si incontrano, che si vogliono conoscere, che cercano di oltrepassare il limite.
Sono i soggetti dei cortometraggi di Lorenzo Tardella, classe 1992, nato a Narni, un giovane regista nonché studente del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.

Si comprende da ogni suo lavoro che l’autore con la sua macchina da presa vuole andare oltre lo sguardo, per tentare di rintracciare ciò che non viene rivelato.

Corpi che si sfiorano in ambienti circoscritti, conferendo un ulteriore senso alla storia, sono quelli che appaiono in A fior di pelle, ultimo lavoro dell’autore presentato con Alice nella città alla Festa del cinema di Roma 2021.

La protagonista, oltre a Tommaso, è proprio la fine della stagione estiva e l’inevitabile incombere dell’autunno, che può rappresentare un nuovo inizio, o semplicemente la fine. La stagione termina in parallelo con l’infanzia di Tommaso, che si apre all’adolescenza, creando forti turbolenze nel protagonista.

A fior di pelle è il racconto di una giornata di tre persone chiuse in una casa di campagna, che non sanno cosa dirsi, come parlarsi, come affrontare i propri disagi incombenti; forse il reale protagonista è proprio l’incomunicabilità che lega le delicate vicissitudini di un figlio che non abita più con suo padre, e la sua nuova compagna, che non vuole in nessun modo diventare il fulcro della complicazione familiare.

Tommaso è pronto a togliere ogni maschera, e solo chi è disposto sarà in grado di comprenderlo.

Analisi dei quattro cortometraggi diretti dal giovane regista romano Lorenzo Tardella, diplomando al centro sperimentale di cinematografia.
Tommaso, protagonista di “A fior di pelle”

Guardando a ritroso la filmografia di Lorenzo Tardella diviene evidente e affascinante il suo seguire una linea estetica e poetica profondamente riconoscibile, identitaria.

Tra i temi portanti, l’intimità dei corpi: Quello che resta (2020), mostra nuovamente una triade di personaggi, due uomini e una donna, che soffrono l’essenziale necessità di comunicare.
La tensione è palpabile fin dalle prime inquadrature, che si aprono in una lotta estenuante, insistendo per l’intero cortometraggio fino alla fine, quando non si è sicuri che sia cessata realmente.

I due protagonisti sono amici d’infanzia, e conoscono ogni debolezza dell’altro: tuttavia, forse qualcosa resta nascosto, e uno dei due cerca di sparare la verità sull’altro, che sarà pronto a ricevere il colpo.

La macchina da presa cerca continuamente i dettagli della discrepanza, e allo stesso tempo della forza della relazione tra i due. Ogni attimo sembra fatto per esplodere, eppure resta sempre frenato, come intrappolato in un equilibrio precario.

Con Edo, corto ancora precedente, l’ambiente diviene sempre più circoscritto, neanche più una casa, ma semplicemente due stanze: la camera del protagonista bambino, Edo, e quella dei suoi genitori.
Pochissimi dialoghi, le uniche voci giungono ovattate dal piano di sotto; si tratta di semplici e ordinarie conversazioni tra la madre e il padre del protagonista.

Tutto gira intorno alle scoperte di Edo, siano esse su sé stesso, durante un bacio narcisistico davanti allo specchio, o siano esse delle foto di sua madre, che lo porteranno a una rivelazione scioccante.

È esattamente così che si compie, in quel confine impercettibile tra l’infanzia e l’adolescenza, la perdita dell’innocenza. Il momento in cui succede qualcosa che cambia tutto, un punto di non ritorno.  

Analisi dei quattro cortometraggi diretti dal giovane regista romano Lorenzo Tardella, diplomando al centro sperimentale di cinematografia.
Edo e le sue scoperte

Un bambino entra in una stanza e ne esce cambiato, diverso, altro da ciò che era prima. Senza però scendere al piano di sotto, e vedere come sia possibile affrontare il problema. Il regista decide di fermarsi prima, di restare dentro la stanza e di guardarlo uscire, perché quello che gli interessa è essere testimone della fine di qualcosa, più che dell’inizio di qualcos’altro.  
Inutile affermare che questo corto sia l’effettivo precursore di A fior di pelle, nel quale tuttavia i personaggi parlano, senza ancora esprimersi pienamente.

Late show, ultimo cortometraggio in analisi, porta in luce la vita di un uomo in parallelo alla vita della sala cinematografica. La storia dell’anziano protagonista è proiettata sul grande schermo, dove tutti ci immedesimiamo di continuo: di fatto la vera protagonista è la sala cinematografica e le battaglie che compie ogni giorno per sopravvivere, come il Cinema Mexico, dove è stato girato il corto, che rimane uno dei pochi monosala in Italia.

Il plot è semplice e diretto, e allo stesso tempo riesce a risultare immersivo e toccante, per qualsiasi appassionato del cinema, che non può resistere alle vibrazioni della sala, contornate dalla tenera storia del protagonista e del suo tamarindo.

Analisi dei quattro cortometraggi diretti dal giovane regista romano Lorenzo Tardella, diplomando al centro sperimentale di cinematografia.
Late show

Lorenzo Tardella, dunque, è un giovane regista che prosegue coerentemente la sua ricerca, tra le geometrie di corpi che entrano in contatto in terre di mezzo ambigue, tra ciò che è proibito e ciò che attrae, tra l’innocenza e la consapevolezza. Un cinema sussurrato, mai declamato o eccessivamente dilatato, estremamente intimo.

Un cinema sul quale vale la pena posare lo sguardo.

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