Love, Death & Robots ci presenta ogni volta uno scenario diverso, in un breve racconto che può farci sognare, riflettere o temere. In Pop Squad, uno dei suoi episodi più riusciti, vediamo un mondo condannato alla stagnazione, un deserto di anime che si trascinano in avanti in eterno, sacrificando ciò che erano in favore dell’immortalità.
Attenzione: seguono spoiler di Love, Death & Robots Stagione 2 (puntata Pop Squad)
Pop Squad – Il deserto dentro Briggs
In questa storia il mondo è diviso in due. C’è un alto, sopra le nuvole, futuristico e splendente, dove i ricchi vivono per secoli nel lusso sfrenato; e c’è un basso, abbandonato, fatiscente, sotto un’eterna cortina di pioggia, adatto solo a chi si nasconde. Briggs, il nostro protagonista, appartiene alla prima di queste due parti, ma ci passa meno tempo di quanto vorrebbe. Il suo lavoro di poliziotto, infatti, lo obbliga a vivere nei bassifondi, a cacciare i peggiori criminali della società: i bambini non registrati e chi li protegge.
Perché di fronte a qualunque nuova frontiera della scienza, anche quella che rende possibile scampare alla morte, c’è sempre un problema. E in questo caso è la sovrappopolazione. Troppe persone significano meno spazio, meno ricchezza individuale, impossibilità di fermare l’invecchiamento tramite il Rejoo.
Briggs: «Beh, non si può invitare altra gente alla festa se nessuno va mai via».
Briggs non ama il suo lavoro, ma del resto qualcuno deve pur farlo. E allora si fa andare bene una vita cupa, piena di famiglie spezzate e speranze infrante. Certo, così facendo può godere dei lussi del ceto sociale più alto: immortalità, ricchezza, successo. Insomma, tutto ciò che una persona qualunque potrebbe volere. O dovrebbe volere.
In questa vita bipolare, Briggs sente che c’è qualcosa fuori posto, che dentro di sé un ingranaggio non gira come dovrebbe. Ma, non potendo raggiungere risultati migliori di ciò che ha già, accetta quel lieve malessere, lo incorpora come fastidio, e lo lenisce con tutto ciò che la ricchezza può fornirgli. Sotto uno spesso strato di polvere, l’anima di Briggs si è inaridita, diventando un deserto grinzoso e crepato.
Pop Squad – L’oasi della speranza nel deserto
Questo stile di vita, però, non può resistere in eterno. Le crepe si allargano, amplificando poco alla volta il suo dolore fino a renderlo insostenibile. E un giorno, dopo un lavoro che doveva essere di routine, qualcosa si spezza: rivede il sangue sulle sue mani, il volto degli ignari colpevoli che ha eliminato e gli spari riecheggiano nelle sue orecchie.
Briggs perde la pace che lo teneva insieme, e non sa come ricostituirla. E d’altronde, come potrebbe? Gli altri non possono capire il suo tormento, e neanche lui ci riesce. Dopotutto, ciò che fa è per la prosperità collettiva, perché dovrebbe crucciarsi con il senso di colpa? Eppure, quando uno dei suoi criminali gli punta la pistola al viso, dandogli dell’assassino, lui non riesce a ribattere, e anzi spera che il proiettile possa finalmente liberarlo dal suo dolore.
Non riuscendo a darsi risposta, Briggs vede una sola oasi di salvezza, quella che meno avrebbe creduto possibile: gli stessi criminali a cui ha sempre dato la caccia. Non tanto perché condivida i loro ideali, ma perché forse, grazie a loro, può finalmente scoprire la causa del suo malessere.
Arrivando alla casa di Melanie e sua madre, una catapecchia nascosta nel verde, decine di domande attanagliano la mente di Briggs: perché lo fanno? Cosa li porta a rinunciare a vivere bene pur di generare quei bambini, anche se sanno che non cambieranno niente?
Madre di Melanie: «Io sono in vita da 218 anni, più o meno. Ho visto… sin troppo. Ma lei rende ogni cosa nuova. Amo vedere il mondo attraverso i suoi occhi. Sono così vivaci, così pieni di vita. Non morti… come i suoi».
Con questa risposta, la madre di Melanie apre gli occhi a Briggs. I bambini per loro sono la risposta a ciò che di male c’è nella società: la stagnazione.
La novità è necessaria, come una pioggia fresca che dona respiro all’arida terra, e pulisce l’acqua nelle pozzanghere d’asfalto. Un mondo vissuto sempre dalle stesse persone, con le stesse dinamiche, avvizzirà e morirà, forse non nel fisico, ma nella mente e nell’anima.
Briggs lo capisce troppo tardi, ma finalmente ha la risposta che cercava: non sono la ricchezza o l’agio sociale a rendere una vita degna di essere vissuta, ma l’avanzare verso ciò in cui si crede, nonostante le difficoltà.
La pioggia infine cade anche su Briggs, ravvivando la sua anima e donandogli la pace che ha a lungo cercato. Non è che un fiore in un deserto d’acciaio, ma per lui è abbastanza.