Torino Underground Cinefest 2023 – Festival Indipendente di Cinema Indipendente

Tommaso Paris

Ottobre 4, 2023

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Uno spettro si aggira nel quartiere di San Salvario a Torino. È lo spettro del cinema indipendente.

«Indipendente», ormai, è un termine usato e abusato, di difficile collocazione. Originariamente, nella sfera cinematografica, intendeva un film che non fosse prodotto da una major: una delle grandi case di produzione hollywoodiane. Oggi questa accezione continua ad essere sovrana, rivelandosi, però, assolutamente limitante, perché per quanto molti film oggi considerati “indipendenti” non siano prodotti da una delle major, rimangono legati a case di produzione altrettanto grandi o quasi.

Per un lungometraggio, una realizzazione totalmente indipendente – che dunque non prevede la presenza di un’importante casa di produzione alle spalle – trova vita ardua. Tuttavia, con l’evoluzione della tecnica – dalle videocamere ai programmi di montaggio -, le sue possibilità sono diventate più accessibili, lasciando sempre più potenza alla libera sperimentazione, al guerrilla filmmaking e alla poetica autoriale.

Indipendente, tuttavia, lo possono essere anche i festival, e il Torino Underground Cinefest fa parte di questi: indipendente, di nome e di fatto.

CineTeatro Baretti, zona San Salvario, Torino


Indipendente nella sua ricerca distributiva cinematografica, perseguendo una scelta di film che sia a livello estetico che produttivo manifestino un’anima indie; sia nella sua costituzione festivaliera, non avendo alcun fondo pubblico o grande fondo privato, rivendicando così il proprio spirito underground.

Indipendente per 10 giorni al CineTeatro Baretti a Torino, dal 22 settembre al 2 ottobre.

Indipendente nel proiettare per la prima volta in Italia lo scandaloso cult A Serbian Film (2010) insieme al perturbante regista Srdjan Spasojevic che si è prestato alla collettività torinese per due giorni, raccontando senza voler analizzare il film che non gli ha permesso di realizzare alcun altro film.
Il film divenuto pirata in rete prima ancora di avere una distribuzione, il film bannato in molti paesi mondiali, il film metafora della società contemporanea che mette in scena l’archetipo della vittima, traumatizzandola e traumatizzando il pubblico attraverso atti di violenza sessuale, pedofilia e necrofilia.

Srdjan Spasojevic

Indipendente nel proporre dopo oltre vent’anni dall’uscita Blackout (1997) di Abel Ferrara, tutti i cortometraggi e il lungo Sex Cowboys (2016) in una retrospettiva su Adriano Giotti, grande esponente del Guerrilla Filmmaking, di cui il direttore artistico del TUC Mauro Russo Rouge ama «la sua poetica ribelle, il suo amore per il cinema e il suo linguaggio in continua sperimentazione».

Indipendente perché presenze fisiche cinematografiche che sono passate nei 10 giorni di festival – Yuri Christopher Padel di Junk Space Berlin, Gabriel Foster Prior di The Bystanders, Andrii Kokura di Pokut‘, Dimitris Katsimiris di Dignity, Justyna Luczaj di The Horse Tail, Naira Cavero Orihuel di Why Chickens don’t fly, Joakim Henrik Paronen di Awake, René Odgaard di Nobody Knows Casper, Mara Manzolini di RED, Francesco Manzato, Paolo Pioltelli e Filippo Repishti di Brucia ancora dentro, Gregoire Perrier di Water Lily Split, Antonio D’Aquila di Sogno matto, Daniele Lince e Elena Beatrice di Tra gli alberi, Mattia Napoli di The Delay, Alessia Campanotto di Tu non sai le colline, Riccardo Giordano e Andrea Mangolini di Tutto ciò che è l’occhio – oltre alle presenze digitali manifestate nelle opere filmiche proiettate al CineTeatro Baretti, erano molto spesso alla loro opera prima, opera che non riuscivano e non potevano percepire come distaccata da sé, rendendo percepibile quell’indissolubile legame tra realtà e finzione, tra poesia ed esistenza.

In una scena simile, che fa da fulcro nevralgico del cinema indipendente, la distinzione tra cinema e vita si affievolisce, il film diventa la propria vita e non può che parlare della propria vita. Massimo esempio di tale coniugazione e della possibilità di trasformare la contingenza esistenziale in passione filmica è Andrii Kokura di Pokut: il vincitore della Miglior Fotografia del TUC10: perchè, sostiene la giuria, «questo film indipendente dimostra che l’arte della cinematografia può brillare anche al di fuori dei grandi studi cinematografici. La fotografia di questo film è un manifesto di creatività e ingegnosità. Ogni inquadratura è stata composta con cura, catturando l’essenza delle scene in modo sorprendente. La luce, le ombre ed i colori sono stati utilizzati in modo straordinario per creare un’atmosfera coinvolgente e per trasmettere emozioni profonde».
Il regista ventenne, che in questo film è sceneggiatore, montatore, direttore alla fotografia, operatore, colorist, sound designer e produttore, tra i 17 e i 19 anni realizza un lungometraggio sull’elaborazione del lutto di una giovane figlia nei confronti della madre; tuttavia, sul set in una delle scene finali, Andrii Kokura si trova costretto ad affrontare la morte del padre: l’unica persona che lo ha aiutato nei due anni di produzione filmica.

Pokut’ di Andrii Kokura

Indipendente nella forma e indipendente nei contenuti, come la storia del film kazaco Brothers di Darkhan Tulegenov – racconto di emancipazione, riscoperta e indipendenza di due figli unici alla ricerca del padre -, premiato come Miglior Film dalla giuria composta Andreas Wildfang – fondatore e direttore esecutivo della piattaforma tedesca di cinema indie Sooner -, Adriano Giotti e Cristiano Anania, «per il racconto veritiero ed estremamente emozionante della vita dei due personaggi principali, nella furia dell’azione, della loro sensibilità, del loro dolore e della loro vitalità, unito ad uno stile registico e visivo di grande impatto».

Indipendenti, così, sono anche i documentari. La giuria, presieduta da Zelia Zbogar, produttrice e story editor, e costituita inoltre da Federica Zancato, vicedirettrice del Glocal Film Festival, e da Pierfrancesco Bigazzi, regista e direttore di Sentiero Film Factory, tra i 12 documentari in concorso decretano come Miglior Documentario del decimo TUC il francese Water Lily Split di Gregoire Perrier «per la sua costruzione poetica, tra uno sguardo che si posa favoloso sulla propria infanzia e un ritratto veritiero delle fatiche della maternità, omaggio a una donna dolcissima, ferma e insieme remota. Per la semplicità vibrante di ogni quadro, per tanta natura e per la fantasia».

Il regista di Water Lily Split Gregoire Perrier, insieme alla Giuria Documentari.

Indipendenti, più di ogni altro, sono i cortometraggi: isole indipendenti che al Torino Underground divengono arcipelaghi, luogo e tempo di incontro di una maggioranza frammentata in giro per il mondo che trova spazio negli albori dell’arte cinematografica. Tra i 34 film in concorso, la giuria ha assegnato l’alloro del Miglior Cortometraggio e Miglior Montaggio all’autrice inglese Simone Smith per il suo The Möbius Trip perché «in una disturbante sintesi tra forma e contenuto, trasporta percettivamente lo spettatore in un abisso perturbante attraverso un attento utilizzo del linguaggio cinematografico, sfociando in una profonda superficie videoartistica».

Per dieci giorni e per la decima volta, il cielo di Torino si è dipinto di un fucsia indipendente.

Mauro Russo Rouge

«Un’edizione ricca in tutti i sensi. Mi sento solo di ringraziare lo staff che si fa, di anno in anno, più numeroso e pronto, il CineTeatro Baretti e il pubblico che, quest’anno, è stato il grande protagonista. Attento, presente, interattivo. Abbiamo doppiato le presenze rispetto allo scorso anno. Dopo qualche giorno di riposo, si riprenderà con la prossima edizione»

(Mauro Russo Rouge)

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