Zodiac – L’immortale arte del mistero vista con gli occhi di Fincher

Alessandro Fazio

Ottobre 2, 2017

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In quel momento, il padrone di casa si dirige verso una porta che conduce ad uno scantinato e Robert, bisbigliando, ripete ciò che una volta Zodiac aveva scritto in una lettera: “Non molte persone hanno uno scantinato in California e la telecamera fa un primissimo piano su di lui mentre si gira a guardare Vaughn, con uno sguardo terrorizzato che guarda dritto nelle lenti della telecamera. Si noti che Fincher utilizza molto raramente la tecnica del primo piano perchè, come afferma lui stesso,se lo fai raramente il pubblico capisce che quello è un momento importante, decisivo.

Ed è esattamente questo l’effetto ottenuto. La paranoia, di Robert e di noi spettatori, giunge al culmine quando si sentono dei passi di sopra mentre i due personaggi sono nello scantinato e alla domanda se vivesse da solo, Vaughn risponde: “Perchè non va a controllare lei stesso?”. In quel momento la strada è semplice: se Vaughn è Zodiac, ucciderà Robert. Ma questo non succede. Non avviene nulla in realtà, visto che Graysmith scappa terrorizzato e anzi è proprio il padrone di casa ad aprirgli la porta per uscire, con un portamento alquanto sinistro.

Ecco dunque la paranoia: le circostanze sono terrificanti, gli indizi pericolosi, ma non si può affermare che quell’uomo fosse Zodiac, come non si può affermare che non lo fosse. Questo è uno di quei casi in cui è la telecamera a condurre il dialogo e non viceversa.

Veniamo, dunque, al secondo e conclusivo aspetto che ci permette di capire la specialità di Fincher. L’utilizzo degli effetti speciali (CG) è un elemento imprescindibile per il regista e anche in Zodiac, persino nei momenti più insospettabili, c’è un grande utilizzo di questo strumento. L’obiettivo era quello di riprodurre una California degli anni ’60-’70 il più fedele possibile dunque, oltre a particolari come vestiti, macchine e tagli di capelli, era necessario rendere gli esterni credibili e veritieri. Per questo, praticamente tutte le scene in esterno sono girate negli studios con green screen.

zodiac

Il direttore del montaggio, Angus Wall (candidato, sempre con Fincher, all’Oscar al miglior montaggio per Il curioso caso di Benjamin Button) spiega nei contenuti speciali di Zodiac come il regista abbia richiesto la trasformazione del formato delle scene in DVCPRO HD (adottate generalmente per le riprese in esterni), proprio per far percepire al meglio quell’effetto di realtà per esterni che sono invece solo parziali. Questo è anche collegabile ad un’altra caratteristica fondamentale per Fincher: la telecamera è quasi sempre sul treppiedi.

Al regista non piacciono le riprese a mano (in Zodiac c’è solo una scena) e preferisce che la telecamera sia ben fissa e anzi, il suo obiettivo dichiarato è quello di muovere il meno possibile la telecamera per dare quel senso di onniscienza e di assenza di personalità, “come se quello che succede fosse destinato ad accadere”. Tutto questo a vantaggio di cosa? Dei dettagli, ovviamente, in una interscambiabilità tra effetti speciali e normale rappresentazione dell’immagine che risulta essere impercettibile.

Un film come Zodiac ci permette dunque di comprendere un semplice concetto nel modus operandi di Fincher: la storia e le tecniche di produzione sono sullo stesso livello di importanza, perchè una storia può essere buona ma non sarà perfetta se non verrà raccontata bene, e il modo di raccontarla non può prescindere dalla qualità della stessa. E Fincher, in questo, è un maestro.

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