Hostiles – La drammatica necessità della violenza
«L’anima americana è essenzialmente isolata, stoica e assassina. Non si è ancora mai disciolta».
(David Herbert Richards Lawrence)
Dopo questa citazione di D.B Lawrence, il film si apre con una scena di estrema violenza. Siamo nel New Mexico del 1892. Una donna, Rosaline, viene attaccata nella sua casa da una tribù di indiani che uccidono il marito e le figlie, ma lei sopravvive. Nella scena successiva vediamo il protagonista, il capitano dell’Unione Joe Blocker, catturare e torturare una famiglia di indiani.
Proprio quest’uomo viene incaricato dal presidente degli Stati Uniti in persona di scortare il capo indiano Falco Giallo, malato terminale, nella sua terra natia. Peccato che i due siano acerrimi nemici. Spietati macellai e crudeli assassini, si sono combattuti per anni, decimando l’uno i compagni dell’altro. Inizialmente, riluttante, Joe esegue gli ordini. Sul cammino Joe incontra Rosaline, che decide di unirsi al drappello.
Il tema centrale è chiaramente la violenza, ma Hostiles non vuole essere una critica alla violenza, bensì un’affermazione di essa. Il messaggio che cerca di trasmetterci è la necessità della violenza e dell’ostilità nella natura umana.
Tutti i personaggi sono tenuti in vita da un odio lacerante verso il diverso e da una necessità impellente di uccidere altri esseri umani. Perciò proprio nel Far West del 1892, dove la legge dell’homo homini lupus è l’unica, la violenza regna sovrana e non può non mancare. Gli indiani non sono più solo nemici come nei film di John Ford, ma anche componenti essenziali della natura stessa del Far West americano.
Però, quando si passa dall’anarchia del Far West alla democrazia degli Stati Uniti d’America, dove uccidere è un reato, tutti vanno in crisi. Nel momento in cui il clima di ostilità viene meno, viene meno anche quella possibilità di compiere il male che aveva tenuto in vita soldati e indiani. Perciò tutti sprofondano in una spirale di depressione e desiderano unicamente morire. Infatti, fra terra spalata, preghiere e cadaveri, si respira un’aria di morte e ineluttabilità difficile da ignorare.
La problematica del film non è certo nuova. È il dramma dei reduci che ci aveva descritto Francis Ford Coppola in Apocalypse Now, o il conflitto infinito de I Duellanti di Ridley Scott. Hostiles è quindi un Western atipico, che ricorda molto la malinconia dei film di Sam Peckinpah e la violenza dei libri di Cormach Maccarthy, piuttosto che il respiro epico del classico Western Hollywoodiano alla John Ford.
Dal punto di vista estetico, Hostiles è impeccabile. Lineare e canonico è il montaggio di Tom Cross, che crea un ritmo lento, quasi implosivo. Di ampio respiro la fotografia del giapponese Masanobu Takayanagi, che sa ben sfruttare la profondità di campo, offerta dal paesaggio statunitense, per trasmettere un senso di desolazione e pericolo incombente. Ansiogena, infine, la musica di Max Richter che accresce la tensione del racconto.
L’unico vero problema sta nella sceneggiatura, in particolare nella costruzione del protagonista.
Sovraccaricato nella psicologia, risulta difficile da inquadrare come personaggio: inizialmente sembra odiare gli indiani responsabili della morte di un suo amico, poi sembra averli uccisi solo eseguendo degli ordini, infine confida al suo nemico di sempre di non poter fare a meno di lui per vivere.
L’arco di trasformazione è essenziale in ogni storia, ma il cambiamento di mentalità di Joe è reso in maniera troppo netta: si passa da un odio viscerale a un affetto incondizionato per gli indiani, che risulta improbabile per il tempo e il luogo in cui è ambientata la vicenda. Viceversa il personaggio di Rosaline, proprio perché ben caratterizzato e sviluppato nel suo passato e nelle sue motivazioni, risulta estremamente credibile in ogni sua azione e sentimento.
Dunque, per concludere, Hostiles è sicuramente un film ben girato, ma a causa dei suoi problemi di sceneggiatura, risulta difficile da apprezzare fino in fondo.
La recitazione e la regia, per quanto accurate possano essere, non riescono a sopperire a basilari problemi di scrittura che rendono l’opera essenzialmente incompleta e confusa nel suo insieme.
Risulta molto difficile alla fine del film togliersi di dosso la sensazione che manchi qualcosa nella resa finale del prodotto, viene meno nello spettatore un forte sentimento di empatia, proprio perché Hostiles nasce da quello che è un ottimo soggetto iniziale, ma che di fatto si sviluppa come una sceneggiatura incompleta.